Lavoro

Principio di separazione tra politica e amministrazione, e dimensione dell’ente locale

Corte Suprema di Cassazione, Civile, Sez. IV, 6 ottobre 2025, n. 7801
Enti locali – Principio di separazione tra politica e amministrazione – Art. 107 TUEL – Comuni privi di dirigenti – Attribuzione di funzioni gestionali ai responsabili di servizio – Legittimità
Il principio di separazione tra politica e amministrazione, sancito dall’art. 107 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, deve essere interpretato considerando la dimensione e l’organizzazione dell’ente locale. Nei comuni privi di personale dirigenziale, le funzioni amministrative possono essere attribuite ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, ai sensi dell’art. 109, comma 2, dello stesso testo unico.

Dirigenza, mansioni superiori (dirigenza generale) e oneri probatori

Corte Suprema di Cassazione, Civile, Sez. Lavoro, 10 ottobre 2025, n. 27192
Enti locali – Pubblico impiego privatizzato – Dirigenza – Incarichi a termine – Durata massima Rivendicazione di emolumenti propri di una posizione dirigenziale generale – Insufficienza della mera allegazione delle mansioni svolte
Le regole che riguardano gli incarichi dirigenziali nell’ambito del rapporto di lavoro pubblico privatizzato sono quelle dettate dal testo unico del pubblico impiego in quanto norma speciale, anche in relazione all’accordo quadro sui rapporti di lavoro a termine che governa anche il sistema sanzionatorio, quando nella reiterazione di rapporti a termine si verifichi un abuso da parte del datore di lavoro.
La rivendicazione di vedersi riconosciuti a seguito di incarico, i medesimi emolumenti propri di una data posizione dirigenziale generale (che si assume avrebbe dovuto essere istituita) non può fondarsi sulla mera allegazione delle attività lavorative svolte.

Dirigenza, incarichi a termine, abuso nella reiterazione e risarcimento del danno

Corte Suprema di Cassazione, Civile, Sez. Lavoro, 10 ottobre 2025, n. 27189
Enti locali – Pubblico impiego privatizzato – Dirigenza – Incarichi a termine – Durata massima – Divieto di rinnovo oltre i limiti triennali o quinquennali – Abuso nella reiterazione – Risarcimento del danno “eurounitario” – Inapplicabilità del termine minimo ai dirigenti esterni
Le regole che riguardano gli incarichi dirigenziali nell’ambito del rapporto di lavoro pubblico privatizzato sono quelle dettate dal testo unico del pubblico impiego in quanto norma speciale, anche in relazione all’accordo quadro sui rapporti di lavoro a termine che governa anche il sistema sanzionatorio, quando nella reiterazione di rapporti a termine si verifichi un abuso da parte del datore di lavoro.
Il termine di durata massima del rapporto a termine non deve nella sua interezza superare il limite dei tre anni per la dirigenza di seconda fascia e di cinque per la dirigenza generale come previsto dal comma 6 dell’articolo 19 del testo unico. E comunque la facoltà di rinnovo dei contratti a tempo determinato stipulati per l’attribuzione di incarichi ai sensi del medesimo dell’articolo 19, comma 6, va interpretata alla luce, da un lato, della clausola 5 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/Cee sul lavoro a tempo determinato, nel rispetto delle precisazioni fornite dal giudice eurounitario sul tema della repressione degli abusi, e, dall’altro, del principio costituzionale dell’accesso all’impiego, anche temporaneo, solo a seguito di concorso pubblico. E il rinnovo non può dunque essere disposto, una volta superati i limiti triennali e quinquennali di durata stabiliti dalla norma del Dlgs 165/2001, neanche attraverso l’attribuzione di un incarico diverso, se quest’ultimo afferisca comunque alla normale attività dell’ente e in caso contrario al lavoratore spetta il risarcimento del danno c.d. eurounitario, da liquidarsi secondo la fattispecie dell’articolo 32, comma 5, della legge 183/2010 quale danno presunto, con valenza sanzionatoria, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto.
In tema di dirigenza nel pubblico impiego privatizzato, i contratti a tempo determinato con dirigenti esterni non sono soggetti al termine di durata minima previsto dal comma 2 dello stesso articolo 19 in quanto la norma si applica solo agli incarichi destinati ai dirigenti a tempo indeterminato.

Polizia locale e compiti di polizia ambientale

Corte Suprema di Cassazione, Civile, Sez. Lavoro, 22 agosto 2025, n. 23713

Pubblico impiego – Contratto a termine – Polizia locale – Assegnazione a compiti di polizia ambientale – Mansionamento – Legittimità – Termine del contratto esaurimento fondi regionali – Non configurabilità di condizione potestativa

L’assegnazione a mansioni di polizia ambientale non integra violazione di legge, in quanto rientra tra le funzioni proprie della polizia locale previste dalla normativa regionale e dal contratto collettivo. È dunque legittima la scelta discrezionale dell’ente di destinare il personale ai diversi compiti istituzionali di presidio del territorio.

È legittimo il termine del contratto fissato con riferimento all’esaurimento dei finanziamenti regionali: tale collegamento costituisce una modalità di determinazione “per relationem” della durata, non una condizione potestativa, ed è giustificato dal carattere eccezionale e temporaneo dell’intervento finanziario, in assenza di prova che il Comune potesse rifinanziare il rapporto con fondi propri.

Gli oneri per l’assistenza legale

Corte Suprema di Cassazione, Civile, Sez. Lavoro, 9 giugno 2025, n. 15279

Enti locali – Pubblico impiego – Dipendente ente locale – Oneri di assistenza legale – Rimborso – Requisiti – Ambito di esclusione

In tema di pubblico impiego contrattualizzato e di oneri di assistenza legale in conseguenza di fatti commessi dal dipendente di un ente locale nell’espletamento del servizio e in adempimento di obblighi di ufficio, l’amministrazione pubblica non è tenuta a rimborsarlo delle spese necessarie per assicurare la difesa legale, ove egli abbia unilateralmente provveduto alla scelta e alla nomina del legale di fiducia, senza la previa comunicazione all’amministrazione stessa, o qualora, dopo avere effettuato la nomina, si limiti a comunicarla al detto ente.

Il contratto di solidarietà nell’impiego pubblico contrattualizzato

Corte Suprema di Cassazione, Civile, Sez. Lavoro, 10 giugno 2025, n. 16036

Enti locali – Pubblico impiego – Personale – Impiego Pubblico – Funzioni Locali – Contratto solidarietà – art. 33 del Dlgs 165/2001

Nell’ambito della procedura disciplinata dall’art. 33 del D.Lgs. n. 165 del 2001 la ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza può essere ottenuta anche attraverso il ricorso al contratto di solidarietà, pur in assenza di intervento della cassa integrazione guadagni. Il contratto di solidarietà nell’impiego pubblico contrattualizzato è applicabile a tutti i dipendenti dell’ente, ma può disporre solo delle situazioni future, mentre non può incidere retroattivamente su diritti già sorti né sanare i vizi degli atti adottati dal datore in assenza delle condizioni di legge.

Avvocati degli enti e IRAP

Corte Suprema di Cassazione, Civile, Sez. Lavoro, 21 aprile 2025, n. 10402

Enti locali – Pubblico impiego – Personale – Avvocature interna – IRAP – Contratto collettivo

Gli importi dovuti, ai sensi dell’art. 27 del CCNL del 14 settembre 2000 per il personale del comparto regioni ed autonomie locali, dell’art. 1, comma 208, della legge n. 266 del 2005 e dell’art. 9 del D.L. n. 90 del 2014, conv., con modif., dalla legge n. 114 del 2014, all’avvocatura interna degli enti locali hanno natura retributiva e spettano al netto dell’IRAP, che resta a carico della pubblica amministrazione datrice di lavoro, la quale non può fare gravare tale imposta sui suoi dipendenti né in via diretta né indiretta, riducendo a monte e in proporzione all’ammontare della menzionata IRAP le risorse che, in base alla legge, alla contrattazione collettiva o al regolamento dell’ente, sono specificamente destinate ai detti dipendenti a titolo di compensi professionali.

Incarichi dirigenziali e durata minima

Corte Suprema di Cassazione, Civile, Sez. Lavoro, 21 maggio 2025, n. 13641

Enti locali – Pubblico impiego – Personale – Dirigenti – Incarichi a contratto negli enti locali a tempo determinato – Durata minima inferiore a tre anni

Gli incarichi dirigenziali conferiti a tempo determinato nelle regioni e negli enti locali possono avere una durata inferiore a tre anni non essendo dettata dal legislatore una durata minima, prevista invece per gli incarichi dirigenziali a tempo indeterminato.

Il piano testuale – che non prevede appunto un termine minimo per gli incarichi di cui all’art. 19, co. 6 cit. – va coordinato con quello sistematico, tale per cui quegli incarichi, proprio per la loro specialità ed eccezionalità – riconnessa al coordinarsi dell‘assenza di figure specifiche nella dirigenza di ruolo con l’esperienza e capacità di singoli (esterni o interni alla P.A.) – non soggiacciono alle regole di durata proprie degli ordinari incarichi dirigenziali; viceversa – a parte la durata massima essenziale per assicurare che la P.A, si doti mediante concorso o mobilità delle posizioni di cui ha bisogno – a regolare tali rapporti, proprio per le ragioni del sorgere di essi, sta la disciplina loro propria, anche sul piano contrattuale individuale.

Spese fuori bilancio e responsabilità diretta del funzionario

Corte di Cassazione, Civile, Sez. I, 18 luglio 2024, n. 19892

Enti locali – Spese fuori bilancio – Prestazione effettuata – Valutazione attività del funzionario

In tema di spese fuori bilancio dei Comuni (e, più in generale, degli enti locali), ai fini dell’interpretazione del disposto dell’art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989 (conv. con mod. nella l. n. 144 del 1989 ), che stabilisce l’insorgenza del rapporto obbligatorio, quanto al corrispettivo, direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, va escluso che l’attività di consentire la prestazione debba consistere in un ruolo di iniziativa o di determinante intervento del funzionario, essendo sufficiente che questi ometta di manifestare il proprio dissenso e presti invece la sua opera in presenza di una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente locale. (In applicazione del detto principio, la S.C. ha cassato la sentenza della corte territoriale che si era arrestata alla presa d’atto del dato formale rappresentato dalla sottoscrizione del contratto di prestazione d’opera professionale da parte di un funzionario diverso da quello sub judice, senza valutare il ruolo dallo stesso svolto nella fase precedente alla conclusione del contratto e nella sua esecuzione).

Trasferimento del personale e conservazione del trattamento economico

Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, 10 settembre 2024, n. 24289

Lavoro pubblico – Pubblico impiego – Funzioni locali – Trasferimento – Inquadramento – Trattamento economico

In tema di pubblico impiego privatizzato, nel caso di passaggio di lavoratori da un’amministrazione ad altra ex art. 31 D. Lgs. n. 165 del 2001, devono essere assicurati la continuità giuridica del rapporto e il mantenimento del trattamento economico, il quale, ove superiore a quello spettante presso l’ente di destinazione, va calcolato applicando la regola del riassorbimento degli assegni ad personam attribuiti in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti a seguito del trasferimento. Il lavoratore dell’Ente sviluppo agricolo siciliano che, ai sensi dell’art. 7 della legge Regione Sicilia n. 19 del 2005, sia trasferito alle dipendenze dell’Agenzia regionale per i Rifiuti e le Acque, mantiene il diritto a conservare, se maggiore, il livello del trattamento economico precedente; tale trattamento economico va calcolato tenendo conto di tutti gli elementi della retribuzione la corresponsione dei quali sia certa nell’an e nel quantum e, quindi, anche del trattamento di Anzianità professionale edile, c.d. APE, previsto dall’art. 29 CCNL per le imprese edili ed affini del 20 maggio 2004 e legittimamente dovuto allo stesso lavoratore fino al momento del suo passaggio alla P.A. di destinazione, fatto salvo l’effetto del riassorbimento, che opererà sulla medesima retribuzione nella sua globalità e non sulle singole voci di questa.