Consiglio di Stato, sez. IV, 4 agosto 2025, n. 6885
RSU – Responsabilità da inquinamento e da abbandono – Caratteri e differenze
La responsabilità da inquinamento è un istituto diverso da quello della responsabilità da abbandono (o deposito incontrollato) di rifiuti. Le due fattispecie sono, infatti, disciplinate in distinti Titoli della Parte IV del codice dell’ambiente (d.lgs. 152/2006). Il legislatore si premura, tra l’altro, di vietare l’estensione della regolamentazione della responsabilità da inquinamento all’abbandono di rifiuti, laddove, nell’incipit del Titolo V della Parte IV, cod. amb., contenente per l’appunto la disciplina della responsabilità da inquinamento e dei conseguenti obblighi di bonifica, stabilisce che «[f]erma restando la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano: a) all’abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell’area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo» (art. 239, co. 2, cod. amb.).
La responsabilità da abbandono o deposito incontrollato di rifiuti (di cui al Titolo I, Parte IV, cod. amb.) è regolata dall’art. 192 cod. amb., che, dopo aver disposto che «[l]’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati» (co. 1), al co. 3 individua le conseguenze della violazione del divieto: salva l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui agli artt. 255 e 256 cod. amb., chiunque viola il divieto di abbandono o di deposito incontrollato di rifiuti «è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate».
L’art. 192, co. 3, cod. amb. estende espressamente la responsabilità da abbandono di rifiuti anche al proprietario (o al titolare di diritti reali o personali di godimento) dell’area, al quale la violazione del divieto di cui al co. 1 sia imputabile a titolo di dolo o colpa. Da tale specificazione normativa la giurisprudenza ha tratto la conclusione che al proprietario del fondo può far carico una responsabilità da omessa custodia, derivante dalla mancata assunzione delle cautele e degli accorgimenti che l’ordinaria diligenza suggerisce per prevenire che terzi possano abbandonare rifiuti sul fondo. La responsabilità di cui all’art. 192 cod. amb., dunque, è integrata, oltre che dalla commissione di condotte positivamente orientate al deposito dei rifiuti, anche dall’omissione, da parte del proprietario o da chi ha comunque la disponibilità giuridica della cosa, di quei doverosi controlli che potrebbero distogliere terzi soggetti dal compiere le condotte sanzionate dalla norma. Il non aver prevenuto la violazione del divieto di abbandono di rifiuti, pur avendo gli strumenti per farlo, equivale ad aver violato il divieto in proprio ed espone il trasgressore alle conseguenti sanzioni, tra cui l’ordine sindacale di rimuovere i rifiuti e avviarli allo smaltimento o al recupero, nonché di ripristinare lo status quo del fondo.
La responsabilità da inquinamento (di cui al Titolo V, Parte IV, cod. amb.) è integrata dall’aver provocato o contribuito a provocare la contaminazione di un sito oltre le CSC (concentrazioni soglia di contaminazione) valevoli per i vari elementi inquinanti. Essa determina l’assunzione ex lege degli obblighi di prevenzione, di messa in sicurezza, di bonifica e di rispristino ambientale enucleati dall’art. 240 cod. amb., da adempiersi nel rispetto della procedura operativa di cui all’art. 242 cod. amb. Ai sensi dell’art. 244 cod. amb., ove si riscontri il superamento delle CSC in un determinato sito, la provincia (o, se istituita, la città metropolitana) individua, con apposite indagini, il responsabile della contaminazione e, sentito il comune competente, lo diffida, con ordinanza motivata, ad assumere le necessarie misure di contrasto del danno ambientale. In sostanza, l’art. 244 cod. amb. attribuisce all’autorità competente il potere di compulsare l’adempimento di quegli obblighi (di prevenzione, di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino) facenti capo ex lege al responsabile dell’inquinamento, ove questi non si sia attivato spontaneamente.
Rispetto al responsabile dell’inquinamento, completamente diversa è la posizione del mero proprietario del fondo inquinato.
Il cd. proprietario incolpevole, che non ha contribuito all’inquinamento del sito, è tenuto esclusivamente a segnalare alle autorità il superamento o il pericolo di superamento delle CSC e ad adottare le misure di prevenzione del danno ambientale, mentre ha la mera facoltà di assumere in proprio le restanti iniziative di contrasto e riparazione del danno (art. 245 cod. amb.), onde mantenere il fondo libero dai pesi derivanti dall’eventuale attivazione d’ufficio delle autorità. Infatti, il proprietario rimane esposto al privilegio speciale e agli oneri reali sul fondo per il caso in cui, non essendo stato individuato il responsabile dell’inquinamento, le amministrazioni competenti realizzino d’ufficio le misure di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale, rivalendosi poi delle spese sul proprietario, nei limiti del valore del fondo (artt. 250 e 253 cod. amb.). Pertanto, non è configurabile alcuna responsabilità in capo al proprietario dell’area inquinata né, quindi, l’obbligo di bonificare il sito per il solo fatto di rivestire tale qualità, ove non si dimostri il suo apporto causale all’inquinamento riscontrato.
Il proprietario incolpevole, tenuto all’esecuzione delle sole misure di prevenzione (definite all’art. 240, co. 1, lett. i, cod. amb.), non è obbligato a porre in essere neppure le misure di messa in sicurezza di emergenza (definite all’art. 240, co. 1, lett. m, cod. amb.), queste ultime essendo interventi miranti alla riparazione del danno ambientale e, come tali, gravanti esclusivamente sul responsabile dell’inquinamento.
Come noto, l’impianto normativo è stato ritenuto conforme al principio “chi inquina paga” di cui all’art. 191 TFUE, la Corte di giustizia avendo chiarito che il diritto europeo non osta a una normativa nazionale la quale, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, il quale è tenuto soltanto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito (Corte Giust. UE, Sez. III, 4 marzo 2015, n. 534).
Quindi, il proprietario che non ha contribuito all’inquinamento del proprio fondo non può essere considerato responsabile in forma omissiva per mancato controllo dell’area, salvo che abbia violato uno specifico obbligo giuridico di attivarsi: va esclusa, infatti, la configurabilità, quale concorso nel determinare – l’aggravamento di – una contaminazione, del comportamento omissivo del proprietario rispetto a condotte positive cui esso non era tenuto, non essendo responsabile del relativo inquinamento originario, ma che avrebbero potuto costituire a norma di legge solo delle sue mere iniziative volontarie. La posizione di proprietario c.d. incolpevole, in altre parole, non viene meno per il solo fatto che il proprietario avrebbe potuto, in ipotesi, attivarsi efficacemente, ma solo quando la relativa omissione abbia comportato la violazione di un preciso obbligo giuridico di azione positiva, obbligo in difetto del quale è la stessa causalità giuridica a fare difetto (arg. ex art. 40 cpv. cod. pen.).
Un obbligo giuridico di azione è rinvenibile, per esempio, nella mancata segnalazione alle autorità di attività inquinanti in essere sul fondo, delle quali il proprietario era a conoscenza, nonché nell’inottemperanza a specifici ordini dell’autorità propedeutici a prevenire la diffusione di un fattore contaminante, mentre non può essergli ascritta una generica responsabilità da omissione di cautele volte a evitare la propagazione dell’inquinamento sul fondo, posto che la riparazione del danno ambientale grava, a norma di legge, solo sul responsabile della contaminazione (art. 242 cod. amb.) o, in mancanza, sull’amministrazione (art. 250 cod. amb.), non anche sul proprietario incolpevole.