Rivista di Diritto ed Economia dei Comuni

La Rivista di Diritto ed Economia dei Comuni è una pubblicazione scientifica – con cadenza quadrimestrale – nata con l’ambizione di contribuire a una nuova stagione di studi sulle autonomie locali, attraverso un rigoroso confronto tra scienziati, magistrati, operatori.
Questo sito rappresenta una virtual open data room in cui selezionare e reperire, oltre che i fascicoli della Rivista, materiali di interesse, in una logica circolare di dialogo e confronto, interni ed esterni. Un luogo in cui intrecciare e rafforzare il dibattito – che vorremmo sempre più intenso – sul futuro del patrimonio istituzionale più prezioso del Paese: i suoi Comuni.
Per logica conseguenza, vorremmo che questo sito fosse non di chi lo fa, ma di quanti lo usano e, forse, ne traggono un’utilità.

Fondo di solidarietà comunale – Legge di Bilancio – autonomia finanziaria comunale –  vincoli di destinazione – strumenti di perequazione – inammissibilità
Corte Costituzionale, sent. 23.02.2023 n. 71/2023

Controllo collaborativo –Richiesta attività consultiva da parte di Unione di comuni – Finanziamento e sviluppo dei servizi sociali comunali – Assunzioni assistenti sociali – Fondo di solidarietà – Vincoli di bilancio 
Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Lazio, 7 marzo 2023, n. 38

Demanio marittimo – Concessioni – Articolo 12, paragrafi 1 e 2, Direttiva 2006/123/CE – Effetto diretto – Obbligo di procedura di selezione imparziale e trasparente – Divieto di rinnovo automatico autorizzazione – Carattere incondizionato e sufficientemente preciso – Normativa nazionale – Disapplicazione
Corte di Giustizia Europea, 20 aprile 2023, sent. C-348/22

Contratti pubblici – Appalti – Cottimo fiduciario – Natura giuridica – Principi applicabili – Bilanciamento – Principio di proporzionalità – Libertà di forme – Effetto utile
Consiglio di Stato, sez. IV, 20 aprile 2023, n. 4014

Agricoltura e zootecnia – Indicazione geografica e denominazione di origine – Norme della Regione Siciliana – istituzione della denominazione comunale [De.Co.]- non fondatezza – inammissibilità
Corte Costituzionale, sent. 23.02.2023 n. 75/2023

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Onere motivazionale attenuato – Irrilevanza decorso temporale dall’abuso
Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 14 aprile 2023, n. 203

Comuni, Province e Città metropolitane – Norme della Regione autonoma Sardegna – Durata del mandato del Sindaco – Segretario comunale – Modalità di accesso all’albo dei segretari comunali-  illegittimità costituzionale
Corte Costituzionale, sent. 07.03.2023 n. 60/2023 

Controllo bilanci – Esame relazioni Organo di revisione dell’Ente – Elementi di risposta parziali e non adeguati – Accertamento condotta omissiva – Pregiudizio all’espletamento dell’attività di controllo 
Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia,
28 marzo 2023, n. 92

Demanio marittimo – Concessioni demaniali – Proroga legale – Azione di accertamento
Consiglio di Stato, sez. VI, 14 marzo 2023, n. 2644

ANCI
Nota
Le norme di semplificazione vigenti per l’attuazione degli interventi di edilizia scolastica anche a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 24 del DL 13/2023, convertito con modificazioni, nella Legge n. 41/2023

ANCI
Nota
Rafforzamento della capacità amministrava dei Comuni

ANAC
Atto del Presidente del 19 aprile 2023
Richiesta di parere in merito alla compatibilità dell’incarico di RPCT con quello di RUP

ANAC
Atto del Presidente del 19 aprile 2023
Comune di Alta Valle Intelvi – raccomandazione ai sensi dell’art. 11 co. 1, lett. b) del Regolamento sull’esercizio dell’attività di vigilanza in materia di prevenzione della corruzione.

MINISTERO DELL’INTERNO
Circolare DAIT n.66 del 5 maggio 2023
Accesso generalizzato agli indici decennali dei registri dello stato civile.

IFEL
Dossier del 3 aprile 2023
Le Strategie territoriali nella Politica di coesione 2021-2027 – Agenda territoriale nazionale e Ruolo dei Comuni italiani

Conferenza unificata
Seduta del 27 aprile 2023  
Incentivi  – adesione riorganizzazioni e aggregazioni servizi pubblici locali

AGCOM
Bollettino 16/2023 del 24.04.2023
Avvisi pubblici per l’affidamento esternalizzato dei servizi legali

ARERA
Delibera 18 aprile 2023
Determinazione a consuntivo del corrispettivo a copertura dei costi riconosciuti per il funzionamento del Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A., per l’anno 2022

Giurisprudenza e Prassi

Abuso edilizio, zona sismica e provvedimenti di sussistenza

Tar Sicilia, Catania, sez. I, 20 dicembre 2024, n. 4182

Abuso edilizio – Zone sismiche – Decreto di sussistenza – Accertamento di conformità – Rapporti – Autonomia – Procedimento ex art. 100, d.P.R. 380/2001 – Natura giuridica – Ratio – Normativa Regione Sicilia

Il procedimento previsto dall’art. 100 del d.P.R. n. 380 del 2001 costituisce, di regola, l’esito di un’attività di accertamento d’ufficio ex art. 96 del d.P.R. n. 380 del 2001, cosicché la richiesta di parte si traduce in una forma di autodenuncia che, seppure funzionale alla definizione del procedimento ex 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, assurge a mera dichiarazione di scienza (e non già di volontà) del privato che non può disporre degli effetti, ritirandola o revocandola.

L’art. 100 del d.P.R. n. 380 del 2001 non individua i soggetti titolari della legittimazione attiva a richiedere il provvedimento di sussistenza, poiché il relativo procedimento non implica il necessario impulso di parte, ma costituisce espressione di un potere volto alla cura di un interesse pubblico (la tutela della pubblica incolumità) che impone alla P.A. di attivarsi d’ufficio su eventuale segnalazione del privato.

Il procedimento di cui all’art. 100, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 e all’art. 16, comma 4, della l.reg. Sicilia n. 16 del 2016 è sostanzialmente informato dall’interesse pubblico alla eliminazione – tramite demolizione o conformazione – dei pregiudizi alla pubblica incolumità di opere eseguite in contrasto (o in difformità) con la disciplina antisismica. Interesse pubblico che può convergere con quello del privato (che può attivarsi per la sua instaurazione) nella misura in cui quest’ultimo riesca a comprovare la sostanziale rispondenza dell’intervento edilizio realizzato alla disciplina edilizia, così evitandone la demolizione anche tramite la sua conformazione.

Repressione degli abusi edilizi e partecipazione al procedimento

Tar Puglia, Bari, sez. III, 7 gennaio 2025, n. 9

Abuso edilizio – Parziale difformità dal titolo edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Comunicazione di avvio del procedimento – Necessità – Presupposti – Ratio

Qualora la fattispecie concreta richieda particolare approfondimento, non vi siano ragioni di alcuna urgenza e la repressione dell’illecito edilizio non sia, perlomeno in toto, ineluttabile, l’amministrazione è tenuta a dar corso alle doverose comunicazioni partecipative, onde assicurare il rispetto dei principi di collaborazione e buona fede, come introdotti dall’art. 12, comma 1, lett. 0a), del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modif., dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 («Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitali») all’art. 1 (Principi generali dell’attività amministrativa) della legge n. 241 del 1990, al comma 2-bis, secondo cui “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”.

In special modo, ma non soltanto, per gli abusi risalenti nel tempo, la comunicazione di avvio del procedimento, di cui all’art. 7 legge n. 241 del 1990, consente di meglio approfondire l’epoca della costruzione, sia al fine di comprendere meglio qual sia il regime giuridico in ordine al titolo edilizio assente o carente del caso di specie, sia allo scopo di applicare il regime repressivo predicabile in concreto, per come esso è mutato e si è evoluto nel tempo, a partire dalla fondamentale legge 17 agosto 1942, n. 1150 (“Legge urbanistica”), passando oltre per le successive modifiche intervenute, fino a giungere alla legge 28 febbraio 1985, n. 47 (“Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie”), e per terminare con il testo unico di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

Il principio giurisprudenziale, secondo cui l’attività di repressione degli abusi edilizi, mediante l’ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, considerando che la partecipazione al procedimento non potrebbe determinare alcun esito diverso, conosce un correttivo, nei casi di abuso (non per assenza del titolo edilizio, ma) per parziale difformità (dal medesimo), ovvero per variazione essenziale, ove fosse controversa e controvertibile in punto di fatto (e/o di diritto) l’entità della stessa variazione e fosse indi necessario condurre un apposito accertamento specifico, in primis nella sede amministrativa, meglio se, per l’appunto, in contraddittorio, o rectius garantendo la partecipazione. Un tal dialogo nel procedimento è inoltre funzionale a ottimizzare la comprensione stessa dei fatti e del diritto, da applicarsi nel processo, senza debordare, nell’interesse pubblico, in inutili misure repressive nei confronti dei soggetti ingiunti e senza compromettere il canone della proporzionalità. Va infatti avvertito che, nella materia, opera il principio, di cui all’art. 1, Protocollo n. 1, Cedu, sul diritto al rispetto dei beni di proprietà privata, il quale impone allo Stato contraente, la cui legislazione preveda una sanzione gravante sugli stessi, alla constatazione di illiceità o di illegittimità, la necessità di modulare l’obbligatorietà dell’inflizione della misura punitiva, in modo proporzionato, ossia attagliato al caso concreto, tal da renderla cioè non smisurata o eccessivamente invasiva.

Abuso edilizio, ordinanza di demolizione e responsabilità del proprietario di immobile occupato

Tar Campania, Napoli, sez. II, 20 gennaio 2025, n. 497

Abuso edilizio – Natura giuridica – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Condizioni – Legittimazione passiva – Carenza della disponibilità materiale del bene – Responsabilità – Occupazione abusiva – Esecuzione – Sgombero – Onere di ripristino della legalità violata

L’ordinanza di demolizione può legittimamente essere emanata nei confronti del proprietario dell’immobile anche qualora lo stesso non sia responsabile della realizzazione dell’abuso, in quanto gli abusi edilizi integrano illeciti permanenti sanzionati in via ripristinatoria. Tale principio trova il proprio fondamento nella circostanza che il proprietario conservi la materiale e giuridica disponibilità del bene ed abbia quindi poteri effettivi di intervento sullo stesso avvalendosi di tutti i mezzi concessi dall’ordinamento.

È illegittima l’ordinanza di demolizione adottata nei confronti del proprietario del suolo che dimostri di essersi attivato con tutti i mezzi che l’ordinamento appresta in sede civile, penale ed amministrativa, per sgomberare l’area dagli occupanti responsabili delle costruzioni abusive, avendo quindi dimostrato la non eseguibilità del comportamento atteso. Difatti, la palese carenza della disponibilità materiale del bene da parte del proprietario, ben nota all’amministrazione comunale sin dal momento della adozione della diffida a demolire, rappresenta un elemento ostativo all’adozione dell’atto repressivo, in quanto difetta una condizione costituiva dell’ordine e cioè l’imposizione di un dovere esigibile da parte del destinatario del comando.

L’amministrazione ha l’obbligo, in caso di inottemperanza dei responsabili, di curare l’esecuzione dell’ordine di demolizione in via amministrativa, anche mediante lo sgombero dell’area, seppure la stessa possa risultare particolarmente complessa, atteso che il ripristino della legalità violata e la cura dell’ordinato sviluppo urbanistico del territorio non possono essere abdicati o subire una deminutio in presenza di fenomeni di illegalità di vaste proporzioni, pena la sconfitta dello Stato di diritto.

TARI: metodo “normalizzato” e metodo “puntuale”

Consiglio di Stato, sez. V, 7 gennaio 2025, n. 81

Servizi pubblici – RSU – TARI – Natura giuridica – Ratio – Delibere tariffarie – Metodo “normalizzato” e “puntuale” – Discrezionalità – Onere motivazionale

In materia di tari (tassa sui rifiuti), rientra nella facoltà dell’ente comunale dare applicazione al “metodo normalizzato” (applicazione della tariffa sulla base di parametri predeterminati dal legislatore) oppure al “metodo puntuale” (applicazione della tariffa sulla base di una valutazione quantitativa dei rifiuti effettivamente producibili), purché vengano adeguatamente giustificate le ragioni per cui si ritiene di optare per un metodo in luogo dell’altro e non derivino conseguenze manifestamente sproporzionate per i contribuenti. La scelta deve essere il frutto di adeguata ponderazione che induca l’amministrazione a scegliere uno dei due modelli non solo per ragioni di opportunità organizzativa, ma anche per le ricadute in termini pratici ed economici nei confronti degli utenti.

La tari (tassa sui rifiuti) è stata istituita con legge 27 dicembre 2013, n. 147, è destinata a finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte suscettibili di produrre i rifiuti medesimi. Le tariffe devono assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti e sono determinate con delibera del consiglio comunale sulla base dei costi individuati e classificati nel piano finanziario approvato dallo stesso consiglio.

Toponomastica e riparto di competenze

Consiglio di Stato, sez. I, parere 7 gennaio 2025, n. 4

Toponomastica – Competenza comunale – Procedimento di intitolazione di nuove strade – Deliberazione di Giunta comunale – Necessarietà

Da una lettura sistematica del quadro normativo vigente – legge 23 giugno 1927, n. 1188; legge 24 dicembre 1954, n. 1228; decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 – si desume che il Comune è l’esclusivo titolare della funzione amministrativa di toponomastica, mentre il Prefetto è chiamato a rilasciare o meno l’autorizzazione basandosi su ragioni di tutela dell’ordine pubblico o esigenze di regolarità anagrafica. Ne consegue che il corretto procedimento per l’intitolazione di nuove strade si articola in due fasi, la prima delle quali consta della delibera di giunta comunale e, la seconda, del nulla osta del Prefetto, di guisa che, in assenza di una preventiva deliberazione di giunta non vi sarebbe alcuna ipotesi di intitolazione da sottoporre al vaglio prefettizio.

Abuso edilizio e oneri di ripristino

Tar Sicilia, Catania, sez. I, 20 dicembre 2024, n. 4183

Abuso edilizio – Onere di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Riconducibilità di opere residue ad edilizia libera – Non ammissibilità

Qualora sia incontestata l’abusività di un intervento edilizio, l’amministrazione è tenuta a ripristinare l’esatto stato legittimo del fabbricato, non potendo – tramite demolizioni parziali o incomplete – ricondurre le opere residuate o porzioni delle stesse nell’ambito dell’edilizia libera né tantomeno può tollerarne la persistenza adducendo ragioni o valutazioni avulse dall’art. 34, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001.

Disabilità, sostegno e danno non patrimoniale

Consiglio di Stato, sez. VI, 15 gennaio 2025, n. 306

Assistenza scolastica – Alunni disabili – Insegnante di sostegno – Necessarietà – Danno non patrimoniale – Presupposti

La presenza dell’insegnante di sostegno è fondamentale per l’attuazione dei principi costituzionali relativi all’istruzione, all’inclusione di tutti i soggetti anche quelli con diversità, all’eguaglianza dei cittadini, secondo l’interpretazione dell’art. 3 Cost., che legittima il trattamento differenziato quando serve a evitare situazioni penalizzanti per certe categorie di cittadini, ossia quando è la non applicazione a determinare le osteggiate discriminazioni.

Il danno non patrimoniale, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., costituisce una categoria ampia, comprensiva non solo del c.d. danno morale soggettivo, ma anche di ogni ipotesi in cui si verifichi un’ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, dalla quale consegua un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica, purché la lesione dell’interesse superi una soglia minima di tollerabilità (imponendo il dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., di tollerare le intrusioni minime nella propria sfera personale, derivanti dalla convivenza) e purché il danno non sia futile e, cioè, non consista in meri disagi o fastidi.

La valutazione dell’interesse culturale

Consiglio di Stato, sez. VII, 17 dicembre 2024, n. 10140

Beni culturali, paesaggistici e ambientali – Valutazione dell’interesse culturale – Discrezionalità tecnico-valutativa

La valutazione dell’interesse culturale di un bene è un’esclusiva prerogativa dell’amministrazione responsabile del relativo vincolo e comporta un’ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché richiede l’applicazione di conoscenze tecniche specialistiche in settori scientifici come storia, arte e architettura.

Elezioni e principio di “strumentalità delle forme”

Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 20 dicembre 2024, n. 1023

Procedimento elettorale – Principio di strumentalità delle forme – Ratio – Illegittimità non invalidante – Irregolarità sostanziali e non sostanziali – Rilevanza

Nel procedimento elettorale vige il principio di strumentalità delle forme, che, in correlazione con la regola di conservazione delle operazioni elettorali, mira finalisticamente alla stabilità del risultato elettorale nonché al rispetto della volontà espressa dagli elettori. In ragione dell’operatività dell’istituto della illegittimità non invalidante, sono rilevanti soltanto le irregolarità sostanziali, influenti, cioè, sulla libera espressione del voto e sulla complessiva attendibilità del risultato finale. Sono invece irrilevanti le irregolarità non sostanziali, ovvero i vizi nella compilazione dei verbali delle sezioni elettorali, inerenti la corrispondenza tra il numero degli iscritti e i votanti, il numero delle schede autenticate, il riepilogo dei voti relativi allo scrutinio, la congruenza tra i voti di preferenza e i voti di lista. È, in ogni caso, sempre onere di chi agisce in giudizio avverso gli atti elettorali dimostrare in che modo le presunte irregolarità, alterando la manifestazione del voto, comportino l’illegittimità del risultato proclamato e l’ottenimento di quello auspicato.

Il ripristino di edificio crollato

Consiglio di Stato, sez. VII, 23 dicembre 2024, n. 10307

Intervento di “ripristino di edificio crollato” – Nozione – Titolo edilizio – Differenze da intervento di “nuova costruzione” – Intervento di “ristrutturazione edilizia” – Nozione

L’intervento di ripristino di edificio crollato, mantenendo sagoma, prospetti, sedime, caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente, senza incrementi di volumetria, è riconducibile alla ristrutturazione ricostruttiva ex art. 3, comma 1, lett. d), del testo unico dell’edilizia e quindi richiede la segnalazione certificata di inizio attività, di cui all’art. 2 del medesimo testo unico. L’intervento di demolizione e ricostruzione si distingue infatti dalla nuova costruzione, necessitante di permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10 del testo unico, per l’assenza di variazioni del volume, dell’altezza o della sagoma dell’edificio.

La categoria della demolizione e ricostruzione è stata ampliata dalle modifiche operate all’art. 3 del testo unico dell’edilizia dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301, in quanto non vi è più il limite della “fedele ricostruzione”, ma si richiede la conservazione delle caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente; pertanto la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, deve conservare le caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell’edificio deve riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi. Il limite del rispetto della sagoma dell’edificio preesistente è stato peraltro eliminato con la modifica all’art. 3 comma 1 lettera d) del testo unico dell’edilizia da parte del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 , convertito nella legge 9 agosto 2013, n. 98, mentre nel testo risultante dalla modifiche di cui all’art. 10, comma 1, lett. b), n. 2), del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, è stato reintrodotto per gli interventi realizzati in zone A, il rispetto di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e sono esclusi incrementi di volumetria.

Per qualificare come interventi di ristrutturazione edilizia, soggetti a permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), del testo unico dell’edilizia, anche le attività volte a realizzare un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti modifiche della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti, anziché di nuova costruzione, occorre che le modifiche volumetriche e di sagoma siano di portata limitata e comunque riconducibili all’organismo preesistente.

Impianti radioelettrici e silenzio-assenso

Consiglio di Stato, sez. VI, 30 dicembre 2024, n. 10468

Procedimento amministrativo – Autorizzazione per l’installazione di impianti radioelettrici – Silenzio assenso – Specialità – Ratio

Il sistema del silenzio-assenso previsto dall’articolo 44 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche) rappresenta una fattispecie procedurale di carattere speciale che esclude l’applicazione della normativa di carattere generale di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e che assorbe in sé e sintetizza anche la valutazione edilizia che presiede al titolo, in conformità delle esigenze di semplificazione procedimentale, indipendentemente dalle dimensioni e dalle caratteristiche dell’impianto e della maggiore o minore incidenza sul piano urbanistico.

In relazione alla domanda di autorizzazione per l’installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici di cui all’articolo 44 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche), il dispositivo tecnico denominato “silenzio-assenso” risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l’inerzia equivale a provvedimento di accoglimento. Pertanto, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge. L’obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore viene, infatti, realizzato stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando successivamente la sola possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi formatosi “silenziosamente”.

Abuso edilizio e criterio di tolleranza

Consiglio di Stato, sez. II, 28 ottobre 2024, n. 8591

Abuso edilizio – Tolleranza – Art. 34-bis d.P.R. n. 380/2001 – Applicabilità – Autorizzazione paesaggistica – Presupposti

La fattispecie della tolleranza del 2% prevista dall’art. 34-bis del d.P.R. n. 380 del 2001 è applicabile alle difformità realizzate nel corso dell’esecuzione di un progetto approvato e non anche alle ipotesi di scostamenti previsti in un progetto finalizzato alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi, rispetto ad opere autorizzate in sanatoria, in conseguenza di un provvedimento repressivo di successivi abusi.

In presenza di un vincolo paesaggistico, relativamente ad un progetto finalizzato al ripristino dello stato dei luoghi in conseguenza di un provvedimento repressivo di abusi, occorre la preventiva autorizzazione paesaggistica per le opere non costituenti mera rimessa in pristino di quelle a suo tempo autorizzate in sanatoria.

Autorizzazione integrata ambientale, conferenza dei servizi e legittimazione dei Comuni

Consiglio di Stato, sez. VI, 13 gennaio 2025, n. 215

AIA – Conferenza di servizi – Interessi rilevanti – Legittimazione alla partecipazione – Comune

L’art. 29 quater del D. L.vo n. 152/2006 impone, all’autorità procedente, di invitare alla conferenza di servizi solo i soggetti titolari di competenze in materia ambientale e il Comune non rientra tra queste ultime.

La partecipazione al procedimento ed alla conferenza di servizi per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale è prevista esclusivamente nei confronti dei soggetti direttamente interessati al provvedimento da emanare; gli altri soggetti istituzionali o meno, che non hanno un interesse diretto nel procedimento in corso, possono essere facoltativamente invitati, senza che gli stessi possano incidere sulle decisioni da trattare.

Nell’ambito di una conferenza di servizi per il rilascio di un’autorizzazione integrata ambientale (a.i.a.), avente a oggetto un impianto già esistente per il trattamento di rifiuti pericolosi e per la rigenerazione di olii usati, in un caso nel quale le Amministrazioni istituzionalmente preposte alla tutela della salute hanno espresso parere positivo al rilascio del suddetto titolo, per di più basato su una articolata e adeguata motivazione, non sussiste prevalenza del parere contrario del Comune, le cui contestazioni poggiano, peraltro, su motivazioni di carattere sostanzialmente urbanistico, in quanto trattasi di Amministrazione non specificamente preposta alla tutela di interessi paesistico-ambientali o della salute (con possibile devoluzione del caso alla Presidenza del Consiglio): la conferenza di servizi, infatti, è retta da un criterio maggioritario e, comunque, non conosce poteri di veto in capo alle singole Amministrazioni partecipanti.

Sale da gioco, interessi economici e tutela della salute

Consiglio di Stato, sez. V, 20 dicembre 2024, n. 10252

Sale da gioco – Limitazioni orarie – Presupposti – Tutela della salute

La regolazione degli orari delle sale da gioco non può considerarsi viziata da deficit di istruttoria o di motivazione soltanto perché il numero dei giocatori ludopatici non sia in assoluto elevato, poiché ciò che massimamente va considerato è la tendenza registrata nel periodo considerato, la quale, da sola, induce allarme negli enti pubblici preposti alla tutela della salute e giustifica, pertanto, l’adozione di misure restrittive.

L’interesse pubblico alla tutela della salute deve ritenersi prevalente su quello economico dei gestori delle sale gioco, per cui l’eventuale riduzione degli introiti di questi ultimi, dipendente dalla riduzione dell’orario di funzionamento degli apparecchi di gioco e di apertura delle sale gioco, che non sia tale da determinare la chiusura di tali attività, è da considerare proporzionale allo scopo e tale da contemperare gli interessi in conflitto, che, in ogni caso, hanno una diversa tutela.