GIURISPRUDENZA

Titolo edilizio e divergenza tra consentito e realizzato

Consiglio di Stato, sez. II, 7 febbraio 2025, n. 970

Titolo edilizio – Divergenza fra consentito e realizzato – Ipotesi applicative – Incompleto architettonico – Non autonomia delle opere incomplete – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi

Ai fini dell’applicabilità dell’art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, la divergenza tra consentito e realizzato sussiste non solo quando si costruisce in più del consentito, ma anche quando vi è il cd “incompleto architettonico”, configurabile sotto il profilo temporale qualora vi sia stata la decadenza del permesso di costruire e non sia possibile ottenere un nuovo titolo abilitativo, ovvero l’interessato non lo richieda. In particolare, detto disposto si applica quando le opere incomplete non sono autonome, scindibili e funzionali, riducendosi ad esempio, alla realizzazione dei soli pali di fondazione, allo scavo del terreno, alla costruzione di pilastri o della struttura in cemento armato senza la tamponatura (c.d. scheletro), trattandosi  di opere riconducibili alla totale difformità dal permesso di costruire, non potendo essere rilasciato il titolo abilitativo per la realizzazione di un manufatto privo di una autonoma finalità. Né, a fronte di siffatte incompletezze, può ritenersi ricorra l’ipotesi di opere “quasi completate”, necessitanti solo di opere minori che non richiedono il rilascio di un nuovo permesso di costruire.

SCIA e poteri di vigilanza in corso di lavori

Tar Sicilia, Catania, sez. III, 13 febbraio 2025, n. 574

Titolo edilizio – SCIA in variante al permesso di costruire – Poteri di vigilanza, inibitori e repressivi del Comune – Accertamento di interventi con variazioni essenziali – Divieto di prosecuzione dell’attività – Ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi

Dal combinato disposto dell’articolo 22, comma 2, e dell’articolo 31, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico in materia edilizia) si evince che, una volta presentata la segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A.) in variante al permesso di costruire, il Comune esercita la sua attività di vigilanza urbanistica ed edilizia e, una volta accertata l’esecuzione di interventi con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione. Tale accertamento presuppone l’ultimazione dei lavori e non può essere sovrapposto o confuso con l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, da svolgersi, invece, alla luce di quanto dichiarato nel titolo e nei correlati elaborati progettuali e non sull’attività edilizia in itinere che discende dalla presentazione della S.C.I.A. in variante.

L’amministrazione comunale può inibire lo svolgimento dell’attività edilizia riportata nella segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A.) ove, in considerazione di quanto ivi riportato e nell’esercizio dei poteri di cui ai commi 3, 4 e 6-bis dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, si accerti che gli interventi edilizi segnalati siano estranei al perimetro di cui all’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e dell’articolo 10 della legge della regione Sicilia 10 agosto 2016, n. 16 alla luce, anche, del regolamento edilizio comunale. Quanto rilevato in corso d’opera attiene invece all’esercizio del potere repressivo-sanzionatorio e fuoriesce, quindi, dalla dichiarazione di inefficacia della S.C.I.A. in variante.

Concessione di suolo pubblico e titolarità del bene

Consiglio di Stato, sez. V, 3 febbraio 2025, n. 805

Concessioni di suolo pubblico – Oggetto – Presupposti – Differenza da fattispecie abilitative alle attività edilizie

La concessione di suolo pubblico ha ad oggetto il bene di proprietà pubblica e in tal senso si differenzia anche dalle fattispecie abilitative alle attività edilizie, che hanno riguardo al bene privato, così richiedendosi, rispetto a queste ultime, una valutazione del presupposto della disponibilità del bene, che non è invece richiesta in caso di concessione di bene pubblico, di cui non è evidentemente necessario indagare la titolarità (pubblica).

Impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti e autorizzazione unica ambientale

Tar Campania, Napoli, sez. V, 30 gennaio 2025, n. 812

RSU – Installazione di nuovi impianti di smaltimento e recupero – Autorizzazione unica ambientale – Conferenza di servizi – Pareri discordanti – Bilanciamento – Onere motivazionale – Legittimazione al ricorso – Concessione di acque minerali – Requisito della vicinitas

È illegittimo il provvedimento di autorizzazione unica di cui all’art. 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente) per nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti qualora difetti ogni riferimento ai contenuti dei pareri negativi resi dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi di cui al comma 3 e non siano spiegate le ragioni della prevalenza riconosciuta ai pareri favorevoli. Difatti, in presenza di pareri discordanti resi nella conferenza di servizi, l’amministrazione procedente è tenuta ad operare il bilanciamento tra quelli negativi e quelli positivi, stabilendo a quali dare la prevalenza, fermo restando che, in caso di rilascio dell’autorizzazione, la prevalenza dei pareri favorevoli può considerarsi in re ipsa solo se, in sede di valutazione dei pareri negativi, le ragioni poste a fondamento di tali pareri risultino non fondate.

In caso di impugnazione dell’autorizzazione unica per nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti ai sensi dell’art. 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente), sussiste la legittimazione al ricorso degli enti partecipanti alla conferenza di servizi titolari di interessi sensibili, tra cui rientrano quelli in materia urbanistico – paesaggistica, che abbiano espresso formale e motivato dissenso rispetto alla determinazione finale.

La legittimazione ad agire degli enti partecipanti alla conferenza di servizi nel procedimento di autorizzazione unica di cui all’art. 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente) per nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti non è esclusa dalla mancata opposizione espressa nella conferenza di servizi ai sensi dell’articolo 14 quinquies, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto il mancato esercizio di questa facoltà non preclude la tutela giurisdizionale.

La realizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti speciali in posizione prossima a una concessione di acque minerali può determinare una lesione degli interessi del titolare di essa, quantomeno sotto il profilo dell’immagine e della reputazione dell’operatore economico, ravvisandosi in tale ipotesi sia la legittimazione al ricorso in ragione della vicinitas, sia l’interesse a ricorrere correlato ad uno specifico pregiudizio che può essere desunto dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso.

Poteri dell’ente locale in materia urbanistica

Tar Lazio, Roma, sez. II bis, 2 gennaio 2025, n. 47

Pianificazione urbanistica – Vincoli – Competenza comunale – Tutela di interessi culturali ed ambientali – Carta della qualità di Roma Capitale

In materia urbanistica, al di là della sottoposizione a vincolo ex lege degli immobili, sussiste una generale competenza del Comune di individuazione di ambiti di tutela in relazione ad esigenze particolari e locali, così da imporre limiti e vincoli più rigorosi o aggiuntivi anche con riguardo a beni vincolati a tutela di interessi culturali ed ambientali, tutelando così il tessuto urbanistico al rispetto dei valori culturali-storico e architettonici, che assumono rilievo come “qualità” dei tessuti ed edifici oggetto di tutela specifica. A tale ambito sono riconducibili i vincoli introdotti dalla carta della qualità di Roma Capitale la quale, nell’incidere sullo strumento urbanistico, costituisce un elemento non prescrittivo del P.R.G., di cui forma parte integrante, introducendo di fatto un vincolo urbanistico.

Alla Corte Costituzionale le norme liguri in materia di rimozione dei vincoli di destinazione d’uso

Tar Liguria, Genova, sez. II, ordinanza 23 gennaio 2025, n. 78

Pianificazione urbanistica – Vincoli conformativi ed espropriativi – Vincolo di destinazione produttiva – Rimozione per insostenibilità economica – Normativa Regione Liguria

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2 della l.reg. Liguria 7 febbraio 2008, n. 1, con riferimento agli artt. 3, 41, 42, 117, comma 1, quest’ultimo in relazione all’art. 1 protocollo addizionale CEDU, e 117, co. 2, lett. l) della Costituzione, nella parte in cui non prevede come condizione sufficiente ai fini della rimozione del vincolo destinazione d’uso quella della insostenibilità economica dell’attività economica.

Variante urbanistica e oneri motivazionali

Consiglio di Stato, sez. VII, 29 gennaio 2025, n. 714

Pianificazione urbanistica – PRG – Atti di adozione e approvazione di una variante – Onere motivazionale – Interessi ambientali e paesaggistici

Sono illegittimi, per difetto di motivazione,  gli atti di adozione e di approvazione di una variante al P.R.G.,  atti a consentire,  in una zona circoscritta e a vantaggio di un unico proprietario, un’edificazione per destinazione alberghiera, quando la zona interessata dalla variante contestata sia stata ritenuta dall’amministrazione comunale meritevole di una particolare tutela sotto il profilo ambientale e paesaggistico in occasione dell’adozione del P.R.G., approvato solo pochi mesi prima, tanto da delimitare al massimo l’edificazione,  riservandola alle costruzioni utili al fondo o destinate alla residenza qualificata,  sussistendo la manifesta incompatibilità (e, dunque, irrazionalità) di una modifica intervenuta a brevissimo lasso di tempo, rispetto alle finalità del vincolo e l’idea di sviluppo del territorio, come esplicitate in sede di adozione e approvazione del P.R.G.

Impianti a fonti rinnovabili e criteri di localizzazione

Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 31 gennaio 2025, n. 351

Installazione di impianti a fonti rinnovabili – Localizzazione – Criteri – Interessi rilevanti

La lett. c-quater dell’art. 20, comma 8, del d.lgs. n. 199 del 2021 – secondo la quale sono idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni culturali e paesaggistici, né ricadono nella fascia di rispetto dei predetti beni –  non può che ritenersi quale ipotesi ulteriore e complementare rispetto a quelle già individuate dalle lettere precedenti (ivi compresa la c-ter) e non invece alternativa alle medesime, avendo il legislatore deciso di tutelare anche l’interesse paesaggistico e ambientale, senza tuttavia voler superare del tutto il pregresso assetto.

Impianti di telecomunicazione e silenzio-assenso

Consiglio di Stato, sez. VI, 5 febbraio 2025, n. 898

Installazione di impianti di telecomunicazione – Procedimenti autorizzatori – Normativa applicabile – Silenzio-assenso – Preavviso di rigetto

Nei procedimenti autorizzatori per l’installazione di impianti di telecomunicazione, disciplinati dall’art. 44 del decreto legislativo, n. 259 del 2003, l’art. 10-bis della l. n. 241 del 1990 trova applicazione, essendo necessario che il proponente l’istanza sia reso edotto, in tempo utile, dell’esistenza di eventuali motivi ostativi all’accoglimento e con la precisazione che il preavviso di rigetto non produce effetti sospensivi del termine legalmente tipizzato.

L’art. 44 del decreto legislativo, n. 259 del 2003 prevede, da un lato, che, decorsi novanta giorni dalla data di presentazione della domanda e del relativo progetto, si intende formato il silenzio-assenso se non interviene un provvedimento di diniego, d’altro canto tipizza, quale unica causa di sospensione (e non di interruzione) del suddetto termine, la richiesta di documentazione integrativa, a patto che essa sia inoltrata all’interessato entro quindici giorni dalla ricezione della istanza.

Allorché l’amministrazione comunale intenda evitare la formazione del silenzio-assenso dovrà far pervenire al soggetto istante il preavviso di rigetto in tempo utile perché l’interessato possa presentare, nei successivi dieci giorni, memorie di osservazioni, e poter poi adottare il provvedimento finale di diniego entro il termine di novanta giorni decorrenti dalla presentazione della istanza, termine che di fatto può allungarsi solo ove l’amministrazione abbia richiesto documentazione integrativa ai sensi dell’art. 44, comma 6, del d.lgs. n. 259 del 2003.

Esenzione IMU per attività assistenziali

Corte Suprema di Cassazione, Civile, Sez. Tributaria, 31 gennaio 2025, n. 2364

Enti locali – Tributi locali – IMU – Imposta municipale unica – Esenzione per area fabbricabile

Ai fini dell’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, non è sufficiente la disponibilità di un’area edificabile che sia destinata, in parte, in base al Piano urbanistico, alla realizzazione di strutture volte allo svolgimento di attività assistenziale, applicandosi la norma agevolativa solo ai fabbricati, da costruirsi o ristrutturarsi, cui sia stata concretamente impressa la destinazione di cui alla disposizione citata, anche se transitoriamente inutilizzati, essendo necessario un comportamento attivo e dinamico volto a realizzare concretamente e tempestivamente quella destinazione solo potenziale.