Procedimenti e regimi amministrativi

Concessione di suolo pubblico e silenzio-assenso

Consiglio di Stato, sez. V, 22 ottobre 2025, n. 8190

Concessioni amministrative – Concessioni di beni e servizi – Occupazione del suolo pubblico – Rilascio del titolo – Silenzio assenso – Non configurabilità

A fronte della presentazione dell’istanza per il rilascio del titolo concessorio per occupazione di suolo pubblico non rileva la ricorrenza dei presupposti normativi per il relativo rilascio, né l’eventuale illegittimità dell’inerzia serbata dell’amministrazione, che non possono far insorgere il titolo stesso, non assentibile per silentium.

Sottoscrizione dell’atto amministrativo

Consiglio di Stato, sez. V, 3 novembre 2025, n. 8537

Atto amministrativo – Sottoscrizione – Ratio – Sicura provenienza dell’atto – Principio di correttezza e buona fede

Sebbene la firma apposta in calce ad un provvedimento o ad un atto amministrativo costituisca lo strumento per la sua concreta attribuibilità, psichica e giuridica, all’agente amministrativo che risulta averlo formalmente adottato, è pur vero che, anche in omaggio al più generale principio di correttezza e buona fede cui debbono essere improntati i rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino, non solo la non leggibilità della firma, ma anche la stessa autografia della sottoscrizione non possono costituire requisiti di validità dell’atto amministrativo, ove concorrano elementi testuali (indicazione dell’ente competente, qualifica, ufficio di appartenenza del funzionario che ha adottato la determinazione, emergenti anche dal complesso dei documenti che lo accompagnano) che permettano di individuare la sua sicura provenienza; in conclusione l’atto amministrativo esiste come tale allorché i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di ritenerne la sicura provenienza dall’Amministrazione e la sua attribuibilità a chi deve esserne l’autore secondo le norme positive, salva la facoltà dell’interessato di chiedere al giudice l’accertamento dell’effettiva provenienza dell’atto stesso dal soggetto autorizzato a firmarlo.

Condanna per falso ideologico e candidabilità

Consiglio di Stato, sez. V, 18 settembre 2025, n. 7381
Elezioni politiche, amministrative, europee – Candidatura – Esclusione – Condanna definitiva per delitto perpetrato nella qualità di Sindaco
È legittima l’esclusione dalla competizione elettorale del candidato che sia stato condannato ad una pena superiore a sei mesi per falso ideologico, nella qualità di sindaco, in occasione della attestazione dei controlli di spesa concernente i rimborsi da liquidare per la gestione di diversi progetti di accoglienza migranti; ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. d), del decreto legislativo n. 235 del 2012, costituisce condizione ostativa alla candidatura l’aver subito una condanna definitiva per qualsivoglia ulteriore delitto, diverso da quelli indicati nella precedente lettera c), purché commesso “con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio” e a condizione che la pena inflitta sia complessivamente superiore a sei mesi. La natura del reato in questione, se non comporta l’automatica incandidabilità dell’interessato, determina un onere motivazionale attenuato a carico dell’organo deputato al vaglio di certe posizioni; quest’ultimo, in presenza di certi reati, ai fini della partecipazione elettorale non dovrà dunque necessariamente svolgere una particolare indagine ricostruttiva dei profili connessi all’abuso di ufficio o alla violazione di pubblici doveri.

Teoria del gender e affisione di manifesti

Consiglio di Stato, sez. V, 29 agosto 2025, n. 7132
Affissione e mezzi di pubblicità – Teoria del gender – Messaggi discriminatori –Diniego – Legittimità
È legittimo il diniego opposto dall’amministrazione comunale all’affissione di manifesti contro l’insegnamento della cd. “teoria del gender” nelle scuole; ai sensi dell’art. 23, comma 4-bis, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 “È vietata sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche”; e tale disposizione va intesa nel senso che i messaggi volti a sensibilizzare il pubblico su temi di interesse sociale non possono ricorrere a richiami tali da ingenerare allarmismi, sentimenti di paura o di grave turbamento o colpevolizzare o addossare responsabilità a coloro che non intendono aderire all’appello.

Installazione di impianti fotovoltaici e poteri regionali

Consiglio di Stato, sez. IV, 14 luglio 2025, n. 6160
Installazione di impianti fotovoltaici – Aree idonee – Qualificazione – Poteri regionali – Limiti
Ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. 8 novembre 2021, n. 199, l’esercizio del potere legislativo e regolamentare delle regioni in materia di individuazione delle aree idonee è subordinato all’emanazione di specifici decreti ministeriali, e da adottare previa acquisizione del parere della Conferenza Stato-Regioni; sino all’emanazione dei decreti, non v’è alcuno spazio di intervento della regione  ma trova diretta ed automatica applicazione il regime previsto dallo stesso art. 20, comma 8, che reca la qualificazione ex lege delle aree idonee. Pertanto, è illegittima la delibera regionale con cui si fissa una disciplina transitoria delle aree idonee e non idonee all’istallazione degli impianti fotovoltaici.

L’occupazione d’urgenza per fini pubblici

Tar Lazio, Roma, sez. V quater, 14 ottobre 2025, n. 17687
Decreto di occupazione d’urgenza per fini pubblici – Onere motivazionale – Destinatari in numero superiore a 50 – Irrilevanza – Indennità di espropriazione – Determinazione provvisoria – Discrezionalità tecnica
L’art. 22 bis, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001 consente all’Autorità procedente all’espropriazione – allorché i destinatari di tale procedimento siano in numero superiore a 50 soggetti – di poter prescindere dalla motivazione in relazione alla urgenza di realizzazione dell’opera pubblica.
Il decreto di occupazione di urgenza, in virtù dell’art. 22 bis del d.P.R. n. 327 del 2001, consente la determinazione provvisoria dell’indennità di espropriazione anche in assenza di una preventiva interlocuzione con l’interessato.
Le scelte progettuali dell’Amministrazione in ordine alla realizzazione di opere pubbliche sono connotate da un ampio grado di discrezionalità tecnica e dalla considerazione di un elevato numero di fattori e, come tali, sono sottratte al sindacato del giudice amministrativo, se non nei casi di irragionevolezza, difetto di istruttoria o travisamento dei fatti.

Potere pubblico e principio del c.d. “one shot temperato”

Realizzazione di impianto di recupero rifiuti – Autorizzazione unica ambientale – Pubblica utilità – Consorzio dell’Area di Sviluppo Industriale – Richiesta di assegnazione dell’area consortile – Valutazione – Oggetto – Riedizione del potere – Natura giuridica – Principio del c.d. «one shot temperato»
La mera proprietà di un terreno ricompreso nel consorzio ASI non è sufficiente ad attribuirne al proprietario la disponibilità al fine di realizzarvi un insediamento produttivo, ma occorre un atto di assegnazione da parte dell’ente consortile che vale a costituire il concessionario/proprietario come titolare delle prerogative che, uti domino, potrebbe esercitare sul bene la pubblica amministrazione per le finalità di pubblico interesse da essa perseguite e alle quali il bene stesso viene asservito.
L’art. 208, comma 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 attribuisce all’autorizzazione a realizzare un impianto di recupero rifiuti il valore di dichiarazione di pubblica utilità «ove occorra», e cioè se e in quanto per realizzarlo siano stati debitamente previsti espropri. La norma non intende invece attribuire alla regione il potere di procedere a espropri indiscriminati.
A fronte della richiesta di assegnazione dell’area consortile, la valutazione che compete al consorzio ASI attiene non solo alla compatibilità dei nuovi investimenti produttivi con l’atto di pianificazione, ma ricomprende anche l’idoneità dei medesimi a perseguire le finalità di sviluppo economico produttivo dei territori interessati, secondo una logica che mira ad assegnare una risorsa scarsa quale è il suolo, ai fini della sua utilizzazione conforme agli indirizzi prefissati, ad un determinato numero di progetti imprenditoriali previamente valutati e graduati.
La disposizione contenuta nell’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (secondo cui «In caso di annullamento in giudizio del provvedimento così adottato, nell’esercitare nuovamente il suo potere l’amministrazione non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato») va interpretata, in quanto recante norma di natura sostanziale, come limite ai poteri conformativi della pubblica amministrazione. In particolare, per «motivi già risultanti dall’istruttoria» devono intendersi non quelli astrattamente desumibili dalla situazione di fatto e di diritto desumibile dalla pratica, ma quelli che l’amministrazione ha in qualche modo già rappresentato nell’istruttoria concretamente compiuta, pur non ritenendo di valorizzarli nel diniego.
In virtù del principio del c.d. «one shot temperato» l’amministrazione, dopo un giudicato di annullamento da cui derivi il dovere o la facoltà di provvedere di nuovo, ha il potere di esaminare l’affare nella sua interezza, sollevando, una volta per sempre, tutte le questioni che ritenga rilevanti, non potendo successivamente tornare a decidere sfavorevolmente neppure in relazione a profili prima non esaminati. Tuttavia, tale principio non si estende ai tratti liberi dell’azione amministrativa lasciati impregiudicati dal giudicato.

VINCA, ZSC, ZPS e VAS: fondamento normativo

Tar Friuli Venezia Giulia, Trieste, sez. I, 10 settembre 2025, n. 378
Valutazione di incidenza ambientale (VINCA) – Normativa comunitaria e nazionale – Riesercizio del potere dopo annullamento giurisdizionale – Violazione o elusione del giudicato – Zone Speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS) – Divieto di realizzazione di nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da sci nelle zone oggetto di protezione speciale – Normativa Regione Friuli Venezia Giulia – Deroghe – Linee guida nazionali per la valutazione di incidenza (Vinca) Direttiva 92/43/CEE “Habitat” – Valutazione ambientale strategica (VAS) – Fondamento normativo – Disciplina – Principio di precauzione
Il nuovo atto emanato dall’amministrazione, dopo l’annullamento in sede giurisdizionale del provvedimento illegittimo, può essere considerato adottato in violazione o elusione del giudicato solo quando da quest’ultimo derivi un obbligo assolutamente puntuale e vincolato, così che il suo contenuto sia integralmente desumibile nei suoi tratti essenziali dalla sentenza.
 
In tema di conformazione al giudicato dell’attività successiva dell’ente pubblico, qualora ci si trovi di fronte ad un annullamento giurisdizionale per difetto di motivazione o per difetto di istruttoria residua in modo indubbio uno spazio ampio per il riesercizio dell’attività valutativa da parte dell’amministrazione. Se la stessa elimina il vizio, ma ciò nonostante adotta un provvedimento ugualmente non satisfattivo, si avrà violazione o elusione del giudicato se l’attività asseritamente esecutiva dell’amministrazione risulti contrassegnata da uno sviamento manifesto, diretto ad aggirare le prescrizioni, puntuali, stabilite dal giudicato.
 
Con specifico riferimento ai profili relativi alla scelta di realizzare o meno l’impianto, alla scelta localizzativa e alla scelta inerente alle tecnologie da prediligere, il giudice non può sostituire all’apprezzamento dell’amministrazione il proprio soggettivo apprezzamento in particolare nel valutare l’alternativa/opzione – zero, poiché tale giudizio – ossia quello che si spinge a mettere in discussione financo la realizzabilità dell’opera – è quello che più si approssima alla scelta di merito.
 
In merito alla Valutazione di incidenza appropriata, la direttiva 92/43/CEE “Habitat” all’art. 6 così dispone: “1. Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II presenti nei siti. 2. Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva. 3. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica. 4. Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate. Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”.
 
La VINCA è poi disciplinata a livello nazionale dall’art. 5 del D.P.R. n. 357 dell’8.9.1997 “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”. La disposizione, per quanto d’interesse, prevede che:  “9. Qualora, nonostante le conclusioni negative della valutazione di incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative possibili, il piano o l’intervento debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica, le amministrazioni competenti adottano ogni misura compensativa necessaria per garantire la coerenza globale della rete “Natura 2000” e ne danno comunicazione al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per le finalità di cui all’articolo 13. 10. Qualora nei siti ricadano tipi di habitat naturali e specie prioritari, il piano o l’intervento di cui sia stata valutata l’incidenza negativa sul sito di importanza comunitaria, può essere realizzato soltanto con riferimento ad esigenze connesse alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica o ad esigenze di primaria importanza per l’ambiente, ovvero, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”.
 
Il DM n. 184 del 17 ottobre 2007, recante “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS)”, nel dare attuazione al D.P.R. citato, all’art. 5, comma 1 vieta nelle ZPS la realizzazione di tutta una serie di opere, tra cui, per quanto qui rileva, alla lett. m), gli impianti di risalita a fune.
Al contempo lo stesso D.M., all’art. 1, ultimo comma, prevede che “per ragioni connesse alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente, si può provvedere all’autorizzazione di interventi o progetti eventualmente in contrasto con i criteri indicati nel presente atto, in ogni caso previa valutazione di incidenza, adottando ogni misura compensativa atta a garantire la coerenza globale della rete Natura 2000”.
 
La L.R. FVG 14.06.2007, n. 14, all’art. 3, comma 2, lett. K bis) statuisce il divieto di “realizzazione di nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da sci” nelle zone oggetto di protezione speciale, riprendendo testualmente l’art. 5, comma 1, lett. m) del DM 17 ottobre 2007.
 
Quindi, in base alla richiamata normativa, a prescindere dalla tipologia di biodiversità presente nel sito, la deroga per realizzare l’opera può essere riconducibile solo a salute e sicurezza o conseguenze positive di primaria importanza per la tutela dell’ambiente.
 
L’art. 1 ultima parte del DM n. 184/2007 prevede che in circostanze eccezionali costituenti “motivi imperativi”, l’obiettivo di conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche nelle zone speciali di conservazione possa cedere dinanzi ad altre considerazioni di interesse pubblico particolarmente pressanti, a condizione tuttavia che l’Amministrazione adotti le misure compensative necessarie al fine di preservare la coerenza globale della rete ecologica europea Natura 2000.
Ed inoltre pur a fronte di un giudizio di compatibilità ambientale negativo, gli interventi o i progetti oggetto di verifica possono comunque essere “autorizzati” in via derogatoria, laddove ricorrano quei pregnanti ed eccezionali motivi di interesse pubblico – da interpretarsi restrittivamente – espressamente indicati.
 
Secondo quanto stabilito dalle “Linee guida nazionali per la valutazione di incidenza (Vinca) Direttiva 92/43/CEE “Habitat” art. 6 paragrafi 3 e 4”, adottate mediante intesa nella seduta della Conferenza Stato Regioni del 28.11.2019, “I motivi imperativi di rilevante interesse pubblico devono essere documentati e motivati dalle Amministrazioni sovraordinate deputate alla sicurezza pubblica e alla salute dell’uomo, nonché dalle Istituzioni che coordinano politiche economiche e strategiche dello Stato membro”.
 
Dall’eccezionalità dei motivi imperativi di deroga al divieto, da interpretarsi in quanto tali in senso restrittivo, discende che possono essere legittimamente addotte e adeguatamente comprovate, solo esigenze che attengano esclusivamente alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente.
 
La valutazione ambientale strategica – VAS, trova il suo fondamento nella direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27.6.2001, con il dichiarato obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente, innestandone la tutela anche nel procedimento di adozione e di approvazione di piani e programmi astrattamente idonei ad impattare significativamente sullo stesso.
La finalità di salvaguardia e miglioramento della qualità dell’ambiente, nonché di protezione della salute umana e di utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, ne impone una lettura ispirata al rispetto del principio di precauzione, in una prospettiva di sviluppo durevole e sostenibile dell’uso del suolo. Essa si accosta, senza identificarsi con gli stessi, ad altri strumenti di valutazione, come la valutazione di impatto ambientale (VIA) su singoli progetti e quella di incidenza, riferita ai siti di Natura 2000, in modo da costituire un unico sistema che vuole l’intero ciclo della decisione teleologicamente orientato a ridette esigenze di tutela.
 
La direttiva in parola è stata recepita attraverso l’inserimento della relativa disciplina nel Dlgs 152/2006, ove il procedimento di VAS è normato in rigorosi termini, con la previsione della elaborazione del rapporto ambientale, della consultazione del pubblico, dell’acquisizione dei pareri tecnico-istruttori, della valutazione del predetto rapporto e degli esiti delle consultazioni, della decisione e informazione sulla decisione, del monitoraggio.
L’art. 5, comma 1, lett. p), q) ed r) del D. Lgs. n. 152/2006, definisce i soggetti coinvolti nella procedura di VAS e statuisce: “p) autorità competente: la pubblica amministrazione cui compete l’adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, l’elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani e programmi, e l’adozione dei provvedimenti di VIA, nel caso di progetti ovvero il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale o del provvedimento comunque denominato che autorizza l’esercizio; q) autorità procedente: la pubblica amministrazione che elabora il piano, programma soggetto alle disposizioni del presente decreto, ovvero nel caso in cui il soggetto che predispone il piano, programma sia un diverso soggetto pubblico o privato, la pubblica amministrazione che recepisce, adotta o approva il piano, programma; r) proponente: il soggetto pubblico o privato che elabora il piano, programma o progetto soggetto alle disposizioni del presente decreto;”
L’art. 11, comma 2, lett. c) stabilisce che l’Autorità competente: “c) esprime, tenendo conto della consultazione pubblica, dei pareri dei soggetti competenti in materia ambientale, un proprio parere motivato sulla proposta di piano e di programma e sul rapporto ambientale nonché sull’adeguatezza del piano di monitoraggio e con riferimento alla sussistenza delle risorse finanziarie.”.
L’art. 15 rubricato “Valutazione del rapporto ambientale e degli esiti della consultazione” dispone al suo primo comma che “L’autorità competente, in collaborazione con l’autorità procedente, svolge le attività tecnico-istruttorie, acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonché le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi dell’art. 14 e dell’art. 32, nonché i risultati delle consultazioni transfrontaliere di cui al medesimo art. 32 ed esprime il proprio parere motivato (…)”.
L’art. 7 del decreto in esame, a sua volta, distingue la procedura di VAS a livello statale da quelle riferibili ad ambiti regionali o locali, per i quali ha fatto rinvio alle disposizioni di legge regionale o delle province autonome, anche in relazione alla indicazione dei soggetti competenti per le varie fasi di essa.

Istanza di parte e obbligo di provvedere

Tar Calabria, Catanzaro, sez. II, 14 ottobre 2025, n. 1657

Procedimento amministrativo – Istanza diretta ad ottenere un provvedimento favorevole – Obbligo di provvedere – Silenzio della P.A. – Principi di correttezza, buon andamento, trasparenza

È ammesso il rimedio avverso il silenzio serbato dall’amministrazione su un’istanza dell’interessato volta a sollecitare l’esercizio di un pubblico potere, anche in mancanza di una esplicita previsione di legge che preveda un espresso obbligo di provvedere, qualora i principi generali o le peculiarità del caso lo richiedano.

L’istanza diretta ad ottenere un provvedimento favorevole determina un obbligo di provvedere quando chi la presenta sia titolare di un interesse legittimo pretensivo. Non è seriamente dubitabile, infatti, che colui che ha un interesse differenziato e qualificato ad un bene della vita per il cui conseguimento è necessario l’esercizio del potere amministrativo sia titolare di una situazione giuridica che lo legittima, pur in assenza di una norma specifica che gli attribuisca un autonomo diritto di iniziativa, a presentare un’istanza dalla quale nasce in capo alla P.A. quantomeno un obbligo di pronunciarsi.

Un obbligo di provvedere dell’Amministrazione sull’istanza ricevuta sussiste non solo quando la legge regola la presentazione della relativa istanza da parte del privato, così riconoscendogli la titolarità di una situazione qualificata e differenziata, ma anche in tutte le fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongono l’adozione di un provvedimento e, quindi, tutte le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorge per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni – qualunque esse siano – dell’Amministrazione pubblica.

In presenza di una formale istanza, l’Amministrazione è tenuta a concludere il procedimento anche se ritiene che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, non potendo rimanere inerte: il legislatore, infatti, ha imposto alla P.A. di rispondere in ogni caso (tranne i casi limite di palese pretestuosità) alle istanze dei privati nel rispetto dei principi di correttezza, buon andamento, trasparenza, consentendo alle parti di difendersi in giudizio in caso di provvedimenti lesivi dei loro interessi giuridici.

Occupazione sine titulo e risarcimento del danno

Tar Umbria, Perugia, sez. I, 24 settembre 2025, n. 693
Espropriazione per pubblico interesse – Occupazione temporanea senza titolo – Risarcimento del danno – Esercizio del potere
Non sussistono gli estremi del risarcimento del danno da occupazione temporanea senza titolo, allorché l’amministrazione non si sia determinata in ordine alla restituzione del bene oppure alla sua acquisizione, ai sensi dell’articolo 42-bis del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327.