Urbanistica/edilizia

Piano regolatore e osservazioni dei privati

Tar Toscana, Firenze, sez. I, 15 luglio 2024, n. 882

Pianificazione urbanistica – PRG – Osservazioni dei privati – Natura giuridica – Rigetto – Onere probatorio attenuato

Le osservazioni formulate dai proprietari interessati dal piano regolatore costituiscono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative; pertanto, il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute, in modo serio e ragionevole, in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano regolatore generale.

Alla Corte Costituzionale la questione di legittimità del vincolo di inedificabilità delle coste in Sicilia

Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sez. giurisdizionale, 8 luglio 2024, n. 520

Abuso edilizio – Istanza di condono – Limiti – Normativa della Regione siciliana – Questione di legittimità costituzionale

Il Collegio sottopone alla Corte costituzionale – ritenendola rilevante e non manifestamente infondata – la questione di legittimità costituzionale:

a) dell’art. 2, comma 3, della legge regionale siciliana 30 aprile 1991, n. 15, quanto alle relative parole “devono intendersi” (anziché “sono”); e, comunque, di detto comma 3 nella parte in cui esso pone la retroazione del precetto – di diretta e immediata efficacia anche nei confronti dei privati delle “disposizioni di cui all’art. 15, prima comma, lett. a, … della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78” – sin dalla data di entrata in vigore di detta legge regionale n. 78 del 1976, anziché dalla data di entrata in vigore della stessa legge n. 15 del 1991;

b) nonché – in via subordinata e condizionatamente all’esegesi che se ne dia – dell’art. 23 (ossia dell’art. 32-33 della legge n. 47 del 1985 per quale recepita in Sicilia), comma 11 (già 10), ultima proposizione, della legge regionale siciliana 10 agosto 1985, n. 37 – laddove tale norma afferma che “restano altresì escluse dalla concessione o autorizzazione in sanatoria le costruzioni eseguite in violazione dell’art. 15, lettera a) della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, ad eccezione di quelle iniziate prima dell’entrata in vigore della medesima legge e le cui strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976” – per violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza di cui all’art. 3, comma 1, della Costituzione (c.d. eccesso di potere legislativo).

In sostanza, il Collegio dubita della compatibilità costituzionale dell’imposizione, nel 1991, del vincolo di inedificabilità assoluta nei 150 metri dalla battigia direttamente efficace anche per i privati con effetto retroattivo sin dal 1976; anziché con effetto solo per l’avvenire, ossia dall’entrata in vigore della cit. legge n. 15 del 1991.

Riqualificazione urbana, apporto dei privati e leale collaborazione

Consiglio di Stato, sez. VII, 17 giugno 2024, n. 5408

Pianificazione urbanistica – Principio di sussidiarietà orizzontale – Progetto di riqualificazione di un borgo antico – Indennità di occupazione – Principio della leale collaborazione

Il principio di sussidiarietà orizzontale regola il rapporto tra iniziativa privata e intervento pubblico e richiede che l’amministrazione valorizzi e tenga conto degli interventi dei privati volti a soddisfare interessi meritevoli di tutela, coinvolgendo gli abitanti nella valorizzazione del territorio.

Regime giuridico degli interventi di nuova costruzione

Tar Liguria, Genova, sez. I, 3 luglio 2024, n. 480

Intervento di nuova costruzione – Regime giuridico – Impatto sull’assetto del territorio – Titolo edilizio – Realizzazione di muretti – Delimitazione di zone del demanio marittimo – Potere di accertamento – Natura giuridica – Ratio – Indispensabilità

In assenza di precise indicazioni ritraibili dal Testo unico in materia edilizia, il regime di opere quali recinzioni, cancellate e muretti (indipendentemente dalla funzione di muro di cinta o di contenimento) va determinato in base all’impatto effettivo che esse generano sull’assetto del territorio. Pertanto, se i manufatti presentano corpo ed altezza modesti, è sufficiente la s.c.i.a. (già d.i.a.); occorre, invece, il permesso di costruire, qualora producano una significativa trasformazione urbanistico-edilizia, in ragione dell’importanza dimensionale dell’intervento.

Muretti, di altezza ed ingombro modesti, hanno all’evidenza scarsa incidenza sul piano urbanistico-edilizio e, pertanto, non richiedono il permesso di costruire, bensì la segnalazione certificata: onde, ove realizzati, non sono assoggettabili a misura ripristinatoria, ma solo a sanzione pecuniaria.

L’art. 32 cod. nav. attribuisce all’autorità marittima il potere di accertamento della esatta delimitazione di determinate zone del demanio marittimo, attraverso un procedimento di natura dichiarativa che dev’essere svolto in contraddittorio con gli interessati. Ciò in quanto il demanio marittimo presenta una conformazione variabile nel corso del tempo, a causa dell’azione del mare sulle coste, con la conseguenza che le relative aree possono risultare di incerta perimetrazione e che le mappe catastali divengono spesso inaffidabili a distanza di anni dalla redazione.

In presenza di elementi di incertezza in ordine all’estensione ed ai confini della proprietà demaniale rispetto a quella privata, prima di adottare l’ingiunzione di sgombero, l’Amministrazione ha l’onere di attivare la speciale procedura di delimitazione delle zone del demanio marittimo prevista dagli artt. 32 cod. nav. e 58 reg. es. cod. nav., che, in tale ipotesi, assume carattere indispensabile e non può essere supplita con il mero richiamo dei dati catastali.

Accordi pubblico-privato e affidamento del terzo

Consiglio di Stato, sez. IV, 20 giugno 2024, n. 5514

Pianificazione urbanistica – Realizzazione impianto di trattamento dei rifiuti – Accordo tra Comune e privato – Legittimo affidamento – Interesse negativo

L’amministrazione comunale che, essendo addivenuta alla stipula di apposito accordo con il privato, imponendo obblighi ben precisi, anche di natura economica, abbia ingenerato un legittimo affidamento in ordine alla possibilità di realizzare un impianto di trattamento dei rifiuti che la successiva e prevedibile attività di pianificazione urbanistica territoriale, sebbene legittima, ha reso irrealizzabile, deve essere condannata al risarcimento dei danni per violazione dei principi di buona fede e correttezza, nei limiti dell’interesse negativo commisurato alle spese effettivamente sostenute (compensi professionali, oneri per la bonifica dell’area, per la presentazione di istanze amministrative e per la redazione di elaborati tecnici).

La natura giuridica delle “schede PAE”

Consiglio di Stato, sez. IV, 24 giugno 2024, n. 5584

Pianificazione urbanistica – Schede PAE – Contenuti – Natura giuridica – Ratio – Vincolo conformativo – Inedificabilità – Autorizzazione paesaggistica – Regione Puglia

Le “Schede di identificazione e definizione delle specifiche discipline d’uso degli immobili e delle aree di notevole interesse pubblico” (cosiddette schede PAE) contengono previsioni puntuali dettate per singoli ambiti territoriali sulla base del PPTR (piano paesaggistico territoriale regionale) e non hanno natura regolamentare poiché difettano delle caratteristiche di generalità, astrattezza e innovatività dell’ordinamento. Esse, inoltre, sono immediatamente conformative delle aree alle quali si riferiscono e devono essere impugnate negli ordinari termini di decadenza decorrenti dalla pubblicazione del PPTR sul bollettino ufficiale della regione Puglia, non potendosene per converso invocare l’annullamento (o la disapplicazione) in occasione dell’adozione di singoli provvedimenti applicativi.

L’art. 42 della Costituzione riconosce e garantisce la proprietà privata, dunque, un vincolo conformativo particolarmente intenso come l’inedificabilità assoluta va imposto dall’amministrazione in termini chiari ed espliciti, prendendosi la responsabilità, anche politica, della relativa scelta. Pertanto, nell’incertezza fra le due interpretazioni possibili, più o meno restrittiva, va scelta quella che conduce al risultato più liberale che esclude un meccanico vincolo di inedificabilità per aree estese e comporta, in positivo, che le aree classificate come zone omogenee A ovvero B al 6 settembre 1985 sfuggano alla previsione generale di inedificabilità prevista dalla scheda PAE che le comprenda; peraltro, ciò non significa consentire un’edificazione indiscriminata, perché si tratta pur sempre di aree vincolate con i relativi decreti ministeriali, nelle quali per intervenire è richiesta l’autorizzazione paesaggistica.

Canne fumarie e consenso dei condomini

Tar Sicilia, Palermo, sez. III, 24 giugno 2024, n. 2036

Intervento di nuova costruzione – Installazione di canne fumarie in edificio condominiale – Condizioni – Titolo edilizio – Consenso dei condomini

La collocazione di canne fumarie sul muro perimetrale di un edificio o una corte interna salva la particolarità o la consistenza del manufatto, può essere effettuata anche senza il consenso degli altri condomini, purché non impedisca loro l’uso del muro comune e non ne alteri la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità. Il singolo condomino ha quindi titolo, anche se il condominio non abbia dato o abbia negato il proprio consenso, a ottenere la concessione edilizia per un’opera a servizio della sua abitazione e sita sul muro perimetrale comune, che si attenga ai limiti suddetti.

L’apposizione di una canna fumaria sull’esterno delle mura condominiali rappresenta una mera esplicazione del potere del singolo proprietario di uso del bene comune ai sensi dell’art. 1102 c.c., soggetto quindi solo (ove non sussistano limitazioni dettate da un regolamento contrattuale) ai limiti posti dal medesimo. Essa infatti integra un mero uso della cosa comune, sostanziando, ancor più specificamente, una modifica della stessa conforme alla sua destinazione, che ciascun condomino può apportare a sue cure e spese, ma a condizione che non impedisca l’uso paritario delle parti comuni, non provochi pregiudizio alla stabilità e alla sicurezza dell’edificio e non ne alteri il decoro architettonico, ipotesi che si verifica non già quando mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull’insieme dell’aspetto armonico dello stabile.

L’indispensabilità del consenso dei condomini per la realizzazione dell’opera diviene una questione relativa all’esercizio del diritto di proprietà o, comunque, inerente ai rapporti civilistici tra condomini. L’eventuale necessità del consenso, e la pretesa alla stessa connessa, sarà quindi nel caso tutelabile ad opera degli interessati dinanzi alla competente autorità giudiziaria ordinaria, ma non riguarderà l’esercizio del potere autorizzatorio o sanzionatorio del Comune in materia di governo del territorio e, in particolare, in materia urbanistica ed edilizia.

Nozione di “nuova costruzione”

Consiglio di Stato, sez. VI, 20 giugno 2024, n. 5517

Intervento di nuova costruzione – Definizione

Rientrano nella nozione di «nuova costruzione» non solo l’edificazione di un manufatto su un’area libera, ma altresì gli interventi di ristrutturazione che, in ragione dell’entità delle modificazioni apportate al volume ed alla collocazione del fabbricato, rendano l’opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente.

Abuso edilizio e condizioni di condonabilità

Tar Campania, Napoli, sez. VIII, 18 giugno 2024, n. 3810

Abuso edilizio – Vincoli relativi e assoluti – Condonabilità – Condizioni – Sanatoria in via tacita – Esclusione

Ai sensi dell’art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono sanabili le opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, siano essi di natura relativa o assoluta, purché ricorrano “congiuntamente” le seguenti condizioni: a) che si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo; b) che, pur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del d.l. n. 269 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) senza quindi aumento di superficie; d) che vi sia il previo parere favorevole dell’autorità preposta al vincolo. In assenza delle suddette condizioni, l’incondonabilità non è superabile nemmeno con il parere positivo dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

È esclusa la sanatoria in via tacita degli abusi edilizi in area vincolata, considerato che l’art. 32, comma 1, l. 28 febbraio 1985, n. 47, richiamato dal più volte citato art. 32, comma 27, d. lgs. 30 settembre 2003, n. 269, dispone che il condono per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo “è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso” e che per abusi commessi su immobili soggetti a vincoli nessuna disposizione di legge correla all’inerzia dell’autorità competente la formazione tacita dell’atto consultivo; al contrario, il medesimo art. 32, comma 1, qualifica al secondo periodo l’inerzia dell’autorità preposta al vincolo come ipotesi di “silenzio-rifiuto”, impugnabile dall’interessato.

Annullamento del titolo edilizio e tutela del territorio

Tar Piemonte, Torino, sez. II, 17 giugno 2024, n. 701

Tutela del territorio – Interesse pubblico in re ipsa – Istanza di autorizzazione ad aedificandum – Onere allegatorio – Annullamento del titolo edilizio – Affidamento del privato – Potere di convalida – Presupposti – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Finalità – Soggetti destinatari – Onere motivazionale – Valutazione di un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere

In materia di tutela del territorio, l’interesse pubblico sussiste in re ipsa e consiste nell’interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica e di repressione degli abusi.

Una volta accertato l’abuso, non è necessario procedere a una particolare ponderazione, né si richiede che il provvedimento repressivo sia dotato di precipua motivazione (diversa da quella inerente al ripristino della legittimità violata); specularmente, non è ravvisabile alcuna posizione di affidamento legittimo tutelabile in capo a colui che ha fornito all’amministrazione un’erronea prospettazione delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole. In conseguenza, l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione è soddisfatto dal documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte.

L’interesse pubblico all’eliminazione, ai sensi dell’art. 21-nonies L. n. 241 del 1990 , di un titolo abilitativo illegittimo è in re ipsa, a fronte di falsa, infedele, erronea o inesatta rappresentazione, dolosa o colposa, della realtà da parte dell’interessato, risultata rilevante o decisiva ai fini del provvedimento ampliativo, non potendo l’interessato vantare il proprio legittimo affidamento nella persistenza di un titolo ottenuto attraverso l’induzione in errore dell’amministrazione procedente.

Il potere di convalida (contemplato in via generale nell’art. 21 nonies comma 2 della legge n. 241/1990) implica necessariamente un’illegittimità di natura ‘procedurale’, essendo evidente che ogni diverso vizio afferente alla sostanza regolatoria del rapporto amministrativo rispetto al quadro normativo vigente risulterebbe superabile solo attraverso una modifica di quest’ultimo.

L’ordinanza di demolizione costituisce atto vincolato, che – in presenza di un accertato abuso – non richiede una specifica istruttoria e motivazione in ordine alla comparazione tra gli interessi pubblici e quelli privati coinvolti, con la conseguenza che non è nemmeno configurabile, in capo al privato, un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva. Pertanto, non è necessaria alcuna motivazione ulteriore rispetto all’esigenza di ripristino della legalità violata.

L’ordinanza di demolizione mira a colpire una situazione di fatto obiettivamente antigiuridica per ripristinare l’ordine urbanistico violato e, pertanto, la legge prescrive che la misura debba essere irrogata sia nei confronti del responsabile dell’abuso, sia nei confronti dell’attuale proprietario non colpevole, in quanto l’abusività dell’opera è una connotazione di natura reale.

La valutazione di un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere deve effettuarsi in modo globale e non in termini atomistici. Il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva, infatti, non tanto dal singolo intervento abusivo, ma dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio.