Accesso

Diritto di accesso e limiti

Tar Campania, Salerno, sez. III, 19 settembre 2025, n. 1523

Procedimento amministrativo – Accesso – Strumentalità – Presupposti – Oggetto – Interesse giuridicamente rilevante – Accesso difensivo – Valutazione in astratto

L’accesso va in ogni caso garantito qualora sia strumentale e funzionale a qualunque forma di tutela, sia giudiziale che stragiudiziale, anche prima ed indipendentemente dall’effettivo esercizio di un’azione giudiziale (c.d. accesso difensivo).

Quanto ai presupposti legittimanti l’esercizio del diritto di accesso ai documenti della pubblica amministrazione, è stata affermata la necessaria coesistenza di un interesse giuridicamente rilevante del richiedente, non necessariamente sostanziantesi in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, ma giuridicamente tutelato (non potendo identificarsi col generico ed indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell’attività amministrativa) ed un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione.

L’interesse all’accesso (difensivo) deve essere valutato in astratto, senza che possa essere operato, con riferimento alla fattispecie concreta, alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o all’ammissibilità della domanda giudiziale che gli interessati potrebbero eventualmente proporre sulla base dei documenti acquisiti mediante l’accesso stesso.

Il diritto di accesso ha ad oggetto documenti formati e quindi venuti ad esistenza che si trovino nella certa disponibilità dell’amministrazione, non potendo l’esercizio di tale diritto o l’ordine di esibizione impartito dal giudice, alla luce del principio generale per cui “ad impossibilia nemo tenetur” e per evidenti ragioni di buon senso, riguardare documenti non più esistenti o mai formati. La dimostrazione probatoria grava sulla parte che intenda far valere il diritto, la quale può assolvervi anche attraverso presunzioni ovvero in via indiziaria, ma non tramite mere supposizioni. Laddove, pertanto, l’esistenza del documento sia incerta o solo eventuale o ancora di là da venire, l’azione di accesso agli atti non può essere ritenuta ammissibile.

Accesso, mancata detenzione dei documenti e oneri probatori

Tar Sicilia, Palermo, sez. II, 18 giugno 2025, n. 1334

Procedimento amministrativo – Accesso – Ratio – Legittimazione – Mancata detenzione o custodia – Responsabilità della P.A.

L’art. 22, co. 2, L. 241/1990, definisce l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, quale principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza. Il successivo comma 3 afferma il principio della massima ostensione dei documenti amministrativi.

Quanto alla legittimazione all’accesso, l’art. 22, co. 1, lett. b), L. n. 241/1990, menziona tutti i soggetti privati, ivi inclusi i portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.

Ove i documenti siano stati indicati puntualmente (quantomeno per categoria), e ove questi rientrino ordinariamente nel patrimonio dell’archivio dell’ente, incombe sulla P.A. resistente l’onere di assumersi la responsabilità di dichiarare la mancata detenzione o custodia dei documenti.

Consiglieri comunali e diritto d’accesso

Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 19 settembre 2024, n. 748

Diritto di accesso – Consiglieri comunali – Onere motivazionale – Ratio

Sui consiglieri comunali non grava alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso. Più in particolare, i consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento delle loro funzioni, ciò anche al fine di permettere di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell’ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.

Il diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all’esercizio delle loro funzioni, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell’ente locale, ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di quelli privati e personali) e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività; di conseguenza: sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle funzioni del consigliere comunale.

Diversamente opinando, infatti, la struttura burocratica comunale, da oggetto del controllo riservato al Consiglio, si ergerebbe paradossalmente ad “arbitro” – per di più, senza alcuna investitura democratica – delle forme di esercizio delle potestà pubbliche proprie dell’organo deputato all’individuazione ed al miglior perseguimento dei fini della collettività civica. Ne consegue che sul consigliere comunale non grava, né può gravare, alcun onere di motivare le proprie richieste d’informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle e conoscerle, ancorché l’esercizio del diritto in questione si diriga verso atti e documenti relativi a procedimenti ormai conclusi o risalenti ad epoche remote.

Il diritto d’accesso del consigliere comunale

Consiglio di Stato, sez. V, 28 giugno 2024, n. 5750

 Procedimento amministrativo – Pubblico impiego – Procedure concorsuali – Accesso esercitato dal consigliere comunale – Natura giuridica – Finalità – Onere motivazionale

Va riconosciuto al consigliere comunale il diritto di accesso agli atti relativi alle procedure concorsuali finalizzate al reclutamento di posizioni lavorative presso l’ente locale al fine di poter eventualmente esercitare le funzioni connesse alla carica, come il controllo mediante interrogazioni, mozioni, interpellanze, ordini del giorno o altra iniziativa che il consigliere ritenga di proporre nel corso del suo mandato nei confronti degli organi politico-amministrativi.

L’accesso esercitato dal consigliere comunale ha natura e caratteri diversi rispetto alle altre forme di accesso, esprimendosi in un non condizionato diritto alla conoscenza di tutti gli atti che possano essere di utilità all’espletamento delle sue funzioni, anche al fine di valutare la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’amministrazione, esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza e promuovere tutte le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.

Sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle sue funzioni, considerato anche che l’art. 43 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) comporta l’estensione del diritto di accesso a qualsiasi atto ritenuto utile per l’esercizio delle funzioni.

Accesso ai pareri legali

Tar Sardegna, Cagliari, sez. II, 26 aprile 2024, n. 332

Procedimento amministrativo – Istruttoria – Acquisizione di parere legale – Accesso documentale

Il parere legale richiesto dal Comune in sede istruttoria e al fine di assumere una decisione, in sede amministrativa, è sottoposto all’ordinaria disciplina sull’accesso ai documenti, avendo concretamente inciso sulla decisione in sede amministrativa di un determinato procedimento, quand’anche la suddetta decisione non contenga richiami espressi al parere legale richiesto.

Abuso edilizio, denuncia del vicino e obbligo di provvedere

Tar Campania, Napoli, sez. VIII, 12 settembre 2023, n. 5059

Abuso edilizio – Vicinitas – Istanza di repressione – Obbligo di provvedere – Accesso

Il proprietario di un’area o di un fabbricato confinante con l’immobile nel quale si assume essere stato realizzato un abuso edilizio, ovvero un intervento per il quale, quommodo, si ignori l’effettiva esistenza di un titolo abilitativo, è titolare di un interesse differenziato e qualificato all’esercizio dei poteri repressivi e sanzionatori da parte dell’organo competente e può pretendere, se non vengano adottate le misure richieste, un provvedimento che ne spieghi esplicitamente le ragioni, con la conseguenza che il silenzio serbato sull’istanza e sulla successiva diffida integra gli estremi del silenzio rifiuto, sindacabile in sede giurisdizionale quanto al mancato adempimento dell’obbligo di provvedere espressamente.

Sussiste  l’obbligo dell’Amministrazione Comunale di provvedere sull’istanza di repressione di abusi edilizi realizzati sul terreno confinante, formulategli dal relativo proprietario, il quale, per tale aspetto che si invera nel concetto di vicinitas, gode di una legittimazione differenziata rispetto alla collettività, subendo gli effetti nocivi immediati e diretti della commissione dell’eventuale illecito edilizio non represso nell’area limitrofa alla sua proprietà, onde egli è titolare di una posizione di interesse legittimo all’esercizio di tali poteri di vigilanza e, quindi, può proporre l’azione a seguito del silenzio ai sensi dell’art. 31 c.p.a.

Al proprietario dell’immobile vicino, in quanto titolare di una posizione giuridica qualificata e differenziata – e non meramente emulativa o preordinata ad un controllo generalizzato dell’azione amministrativa -, quando faccia valere l’interesse ad accertare il rispetto delle previsioni urbanistiche, spetta il diritto di accesso agli atti abilitativi ed alle pratiche edilizie.

Titoli edilizi e regime di pubblicità

Tar Puglia, Bari, sez. I, 14 agosto 2023, n. 1077

Titolo edilizio – Pubblicità

La disposizione di cui all’art. 20, comma 6 del d.P.R. n. 380/2001 non può che essere interpretata nel senso che l’onere di pubblicazione è funzionale a consentire a qualsiasi soggetto interessato che si trovi in una situazione di stabile collegamento con l’edificio o con il terreno in relazione al quale è formulata l’istanza di accesso, di visionare gli atti del procedimento, in ragione del controllo “diffuso” sull’attività edilizia che il legislatore ha inteso garantire.

I titoli edilizi sono atti pubblici, perciò chi esegue le opere non può opporre un diritto di riservatezza. Non sussiste privacy quando sussiste un interesse concreto, personale ed attuale ad accedere alle autorizzazioni amministrative in ordine ai permessi edilizi rilasciati, non potendo in subiecta materia essere affermata l’esistenza di un diritto alla riservatezza in capo ai controinteressati.

Accesso e sicurezza di Stato

Consiglio di Stato, sez. III, 12 giugno 2023, n. 5753

Diritto di accesso – Segreto – Riservatezza – Sicurezza dello Stato – Ostensione atti classificati

Gli atti per i quali risulta necessaria la limitazione della diffusione a tutela della sicurezza dello Stato soggiacciono a due tipi di classificazione a seconda del “livello” di protezione e della “qualifica” di sicurezza. Sotto il primo profilo – livello di segretezza – gli atti si dividono in: “riservato”, “riservatissimo”, “segreto”, “segretissimo”. Per gli atti coperti da segreto di Stato si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per il livello “segretissimo”.  Gli atti classificati, ai sensi dell’art. 1 lett. n) D.P.C.M. 6 novembre 2015, n. 5, si distinguono poi per la “qualifica di sicurezza” o “qualifica”, la sigla o altro termine convenzionale (es. NATO, UE, altre) che indica l’organizzazione internazionale o dell’Unione europea o il programma intergovernativo di appartenenza della stessa e il relativo ambito di circolazione (la “qualifica” si riferisce anche alle informazioni non classificate). Fatta eccezione per i documenti coperti da segreto di Stato, il legislatore si è preoccupato di disciplinare il diritto di accedere e, in particolare, le modalità di accesso, alle altre tipologie di documenti classificati, demandando all’autorità giudiziaria il potere di ordinarne l’esibizione e curarne la conservazione “con modalità che ne tutelino la riservatezza, garantendo il diritto delle parti nel procedimento a prenderne visione senza estrarne copia”.

Le modalità di conservazione, anch’esse disciplinate dal DPCM 6 novembre 2015, n. 5, sono distinte in base al diverso livello di segretezza. Gli atti classificati “riservato” per i quali non è richiesto nullaosta di sicurezza, devono essere gestiti in apposite aree controllate con accesso limitato al solo personale autorizzato per ragioni inerenti all’impiego, incarico o professione e adeguatamente istruito in materia. Le aree controllate sono dotate di un perimetro delimitato e misure di protezione minime (blindature, armadi corazzati, casseforti) per la custodia dei documenti. Ai sensi dell’art. 71 del succitato D.P.C.M., le aree dove vengono trattate informazioni classificate a livello “riservatissimo” e superiore sono organizzate e strutturate in modo da corrispondere ad una delle seguenti tipologie: a) “aree riservate di I classe”: quelle in cui l’ingresso consente di poter accedere direttamente alle informazioni; b) “aree riservate di II classe”: quelle che vengono protette, mediante controlli predisposti anche internamente ed in cui le informazioni classificate sono conservate in contenitori di sicurezza. L’accesso disposto dall’autorità giurisdizionale, quindi, nell’ottica del legislatore, rappresenta il punto di equilibrio e proporzione tra due contrapposti interessi, il diritto di difesa del soggetto interessato e il bene della sicurezza nazionale.