Contratti pubblici

L’interpretazione delle clausole dei documenti di gara

Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, sez. autonoma di Bolzano, 3 giugno 2025, n. 163

Contratti pubblici – Lex specialis – Interpretazione – Criteri – Principi di imparzialità e concorrenza

Per l’interpretazione delle clausole della lex specialis trovano applicazione le regole dettate dall’articolo 1362 e ss. del codice civile per l’interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale.

L’interpretazione dei bandi di gara, quali atti amministrativi generali, soggiace agli stessi canoni dettati per l’interpretazione degli atti negoziali (art. 1324 c.c.) e contrattuali (art. 1362 c.c.), assumendo tuttavia carattere preminente il canone dell’interpretazione letterale secondo cui l’ermeneutica deve avvenire innanzitutto in base al tenore letterale ossia attribuendo alle clausole il ‘senso letterale delle parole’ (art. 1362 c.c.), con esclusione, in caso di clausole assolutamente chiare, di ogni ulteriore procedimento interpretativo.

Il canone della interpretazione letterale si pone quale garanzia del rispetto dei principi di imparzialità dell’azione amministrativa e di tutela della concorrenza, in quanto proprio la sua rigorosa applicazione esclude che la stazione appaltante possa attribuire alle regole da essa stessa poste una portata diversa rispetto a quella che deriva obiettivamente dal tenore letterale su cui gli operatori del mercato, mediamente diligenti, hanno fatto affidamento ancor prima di partecipare alla gara. Infatti, poiché soltanto regole chiare consentono di conoscere il prevedibile esito della loro applicazione, gli operatori si determinano a partecipare alla competizione e a conformare di conseguenza l’offerta nella fiducia di ricevere proprio quel trattamento che discende dall’interpretazione letterale delle regole.

L’affidamento diretto

Tar Campania, Salerno, sez. I, 27 maggio 2025, n. 958

Contratti pubblici – Affidamento diretto – Discrezionalità – Onere motivazionale rafforzato

L’art. 50, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 36/2023 consente l’affidamento diretto dei servizi e forniture, di importo inferiore a 140.000 euro, “anche senza” consultazione di più operatori economici; la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’Amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze.

Nelle procedure di affidamento diretto il d. lgs. n. 36/2023, pur prevedendo che la scelta dell’operatore “anche nel caso di previo interpello di più operatori economici” è “operata discrezionalmente dalla stazione appaltante” (art. 3, allegato I.1), lascia fermo l’obbligo di motivarne le ragioni (art. 17, comma 2: “in caso di affidamento diretto, l’atto di cui al comma 1 individua l’oggetto, l’importo e il contraente, unitamente alle ragioni della sua scelta, ai requisiti di carattere generale e, se necessari, a quelli inerenti alla capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale”), di modo che tale scelta – pur eminentemente discrezionale – non sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, ove sia manifestamente inficiata da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità o travisamento dei fatti.

Contratti pubblici e illecito professionale

Consiglio di Stato, sez. V, 28 maggio 2025, n. 4635

Contratti pubblici – Requisiti soggettivi di partecipazione – Bando di gara – Criteri interpretativi – Chiarimenti – Portata – Trasparenza e favor partecipationis – Grave illecito professionale – Discrezionalità – Ipotesi tipiche – Self cleaning – Illeciti di natura penale – Rilevanza – Apprezzamento della ricorrenza – Elemento fiduciario – Principi generali del risultato e della fiducia

Le norme di legge e di bando che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche devono essere interpretate nel rispetto del principio di tipicità e tassatività delle cause di esclusione, consacrato dall’art. dall’art. 83 comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016, che di per sé costituiscono fattispecie di restrizione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione, oltre che dal Trattato dell’Unione Europea.

La nozione di grave illecito professionale, ferma la necessaria valutazione discrezionale della stazione appaltante, ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica di natura civile, penale o amministrativa e non prevede un numero chiuso di illeciti professionali; ciò avuto riguardo alla formula aperta dell’art. 80 comma 5 lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016 (“la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”) al contrario della previsione di cui all’art. 98 comma 3 del d.lgs. n. 36 del 2023 che ha provveduto a tipizzare anche l’illecito professionale.

È indubbio, pertanto, che la stessa includa senz’altro i fatti di rilevanza penale, in quanto tipicamente suscettibili di incidere (laddove connotati da un adeguato grado di gravità) sulla “integrità” e sulla “affidabilità” dell’operatore economico, ascrivibili a soggetti aventi comunque un ruolo decisionale nella società, in quanto soci di maggioranza, chiamati anche alla nomina e alla revoca degli amministratori.

Se ne trae, comunque, positiva ed espressa conferma dall’art. 80, comma 7 del Codice, che – nel legittimare il concorrente alla allegazione e dimostrazione di comportamenti orientati al ravvedimento operoso, intesi al risarcimento (de praeterito) dei danni eventualmente cagionati ed alla programmatica prevenzione (de futuro) di analoghe occasioni di illecito, c.d. self cleaning – richiama non solo le “situazioni di cui al comma 1” (riferite a specifiche tipologie delittuose, definitivamente accertate a carico dei soggetti “apicali” individuati al comma 3), ma anche, per l’appunto, quelle di cui al “comma 5”, che includono, genericamente, ipotesi di commissione di “reati”.

Il d.lgs. n. 50/2016, adeguandosi sul punto alle indicazioni della direttiva 2014/24/UE, conferisce rilievo agli illeciti di natura penale secondo due diverse modalità:

a) quando si tratti (profilo oggettivo) di reati rientranti nel catalogo (da riguardarsi quale tassativo) di cui all’art. 80, comma 1, lettere da a) a g), in quanto commessi (profilo soggettivo) dai soggetti individuati (in guisa parimenti tassativa) dall’art. 80, comma 3 (complessivamente rientranti nel novero dei cc.dd. apicali), l’esclusione è disposta – ferma la possibilità del self cleaning, ove la pena detentiva non superi i 18 mesi o sia stata riconosciuta l’attenuante della collaborazione (cfr. art. 80, comma 7) – in via automatica (cfr. art. 80, comma 1, secondo cui la circostanza “costituisce motivo di esclusione”, senza altra valutazione), ma è subordinata alla definitività dell’accertamento (richiedendosi alternativamente la “condanna con sentenza definitiva”, il “decreto penale di condanna divenuto irrevocabile” ovvero la “sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale”): in tal caso l’interdizione all’accesso alle procedure evidenziali opera, con criterio di gradualità, per il tempo definito all’art. 80, comma 10 e comma 10 bis, primo periodo;

b) in ogni altro caso (che, per quanto chiarito supra, rientra nella fattispecie generale dell’art. 80, comma 5, lettera c) l’esclusione non è recta via ancorata alla pronunzia del giudice penale, ma è il frutto di una autonoma valutazione (ampiamente discrezionale) della stazione appaltante, che “dimostri con mezzi adeguati” (e ciò anche “nel tempo occorrente alla definizione del giudizio”: cfr. art. 80, comma 10 bis, terzo periodo) l’incidenza del fatto (in quanto ritenuto “grave”) sui requisiti di moralità dell’operatore economico che se ne sia reso colpevole, sì da rendere “dubbia la sua integrità o affidabilità).

Appare, perciò, chiaro che il giudicato penale rappresenta elemento (tipizzante) della fattispecie escludente di cui all’art. 80, comma 1, ma non è elemento costitutivo dell’illecito professionale di cui all’art. 80, comma 5, lettera c), sicché tra le due fattispecie non sussiste alcuna sovrapposizione. Nel secondo caso, è piuttosto la (pendenza) di un processo (o di un procedimento) penale ad integrare, nella valorizzata chiave indiziaria, un (rilevante) elemento di valutazione rimesso alla stazione appaltante.

In definitiva, l’illecito professionale (ancorché, per ipotesi, emerso nell’ambito di un processo penale) costituisce fattispecie del tutto distinta, la quale non presuppone la configurabilità di un reato, né l’accertamento definitivo di una condotta (essendo, di nuovo, sufficiente la dimostrazione “con mezzi adeguati” in sede evidenziale), né un grado di certezza nella valutazione (essendo necessario, ma anche sufficiente che la stazione appaltante “dubiti” dell’affidabilità dell’impresa).

L’apprezzamento della ricorrenza del grave illecito professionale è connotato da un importante contenuto fiduciario, da intendersi nel senso che assume particolare rilevanza la condotta dell’operatore rispetto allo specifico contratto stipulando e alla posizione della singola stazione appaltante: l’amministrazione, nell’esercizio dell’ampio potere tecnico – discrezionale attribuitole dal Codice degli appalti pubblici, può utilizzare ogni tipo di elemento idoneo e mezzi adeguati a desumere l’affidabilità e l’integrità del concorrente, potendo evincere il compimento di gravi illeciti professionali da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui sia stata accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (…), secondo un giudizio espresso non in chiave sanzionatoria, ma piuttosto fiduciaria, potendo ben accadere che due stazioni appaltanti, chiamate a valutare le medesime pregresse vicende professionali di uno stesso operatore economico, diano giudizi opposti, l’una dicendo affidabile quel che l’altra ritenga non affidabile, senza che si possa sol per questo dire l’uno o l’altro provvedimento viziato da eccesso di potere.

In definitiva, l’inaffidabilità escludente va rapportata al singolo, concreto, appalto di riferimento, e soprattutto deve essere condotta secondo un giudizio espresso in chiave “fiduciaria”.

All’interno di questa attività valutativa viene, quindi, in rilievo il principio della “fiducia” recentemente codificato dal d.lgs. n. 36 del 2023, ma immanente nel sistema, il quale è strettamente connesso al concetto di affidabilità dell’operatore economico.

La pubblica amministrazione deve potersi fidare del futuro contraente, tanto che l’art. 2 del d.lgs. n. 36 del 2023 oggi accorda piena autonomia decisionale ai funzionari pubblici, con il solo obbligo di svolgimento di una adeguata istruttoria e di redazione di una adeguata motivazione.

La stazione appaltante è responsabile dello svolgimento della gara ed è tenuta ad assicurare il soddisfacimento degli interessi pubblici, sulla base di un potere discrezionale orientato a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti, in attuazione dei principi generali del risultato e della fiducia, principi ispiratori dell’attività amministrativa avvinti inestricabilmente. In altri termini, l’ottimo risultato si persegue a mezzo della realizzazione del principio della fiducia, che consente un ampliamento dei poteri valutativi della stazione appaltante; in applicazione di tali principi, si ritiene che l’interpretazione della lex specialis deve avvenire secondo criteri sostanziali conformi ai principi enunciati, finalizzati al raggiungimento del massimo risultato e senza tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso alla procedura.

Nelle gare pubbliche, nell’interpretazione della lex specialis di gara, devono trovare applicazione le norme in materia di contratti, e dunque anzitutto i criteri letterale e sistematico previsti dagli artt. 1362 e 1363 cod. civ.

Ciò significa che, ai fini di tale interpretazione, devono essere applicate anche le regole di cui all’art. 1363 cod. civ., con la conseguenza che le clausole previste si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo ad esse il senso che risulta dal complesso dell’atto. Pertanto, se un’aporia tra i vari documenti costituenti la lex specialis impedisce l’interpretazione in termini strettamente letterali, è proprio la tutela dei principi dell’affidamento e della parità di trattamento tra i concorrenti che conduce all’interpretazione complessiva o sistematica delle varie clausole.

Le preminenti esigenze di certezza, connesse allo svolgimento delle procedure concorsuali di selezione dei partecipanti, impongono pertanto in primo luogo di ritenere di stretta interpretazione le clausole del bando di gara: ne va perciò preclusa qualsiasi lettura che non sia in sé giustificata da un´obiettiva incertezza del loro significato letterale.

Secondo la stessa logica, sono comunque preferibili, a garanzia dell´affidamento dei destinatari, le espressioni letterali delle varie previsioni, affinché la via del procedimento ermeneutico non conduca a un effetto, indebito, di integrazione delle regole di gara, aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione testuale.

Deve pertanto reputarsi preferibile, a tutela dell’affidamento dei destinatari e dei canoni di trasparenza e di “par condicio”, l’interpretazione letterale delle previsioni contenute nella legge di gara, evitando che in sede interpretativa si possano integrare le regole di gara, palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale.

I chiarimenti debbono rispettare il limite del carattere necessariamente non integrativo né modificativo della disposizione di gara oggetto di interpretazione (limite che deriva dai principi di trasparenza, pubblicità e “par condicio” nelle gare di appalto di matrice comunitaria della regolarità delle procedure di affidamento), che impone che il chiarimento non possa forzare e andare oltre il possibile ambito semantico della clausola secondo uno dei suoi possibili significati”.

Nel caso in cui invece al chiarimento sia riconosciuta una portata novativa si deve dare prevalenza alle clausole della lex specialis ed al significato desumibile dal tenore delle stesse, per quello che oggettivamente prescrivono. E ciò indipendentemente dall’impugnazione degli stessi, atteso che i chiarimenti resi nel corso di una gara d’appalto non hanno alcun contenuto provvedimentale, non potendo costituire, per giurisprudenza consolidata, integrazione o rettifica della lex specialis.

Inoltre occorre considerare che la trasparenza delle regole di gara è strumentale a tutelare l’interesse alla partecipazione dei singoli operatori economici, in modo da consentire agli stessi di presentare un’offerta ammissibile e competitiva (CGUE, sez. IX, 2 giugno 2016, C- 27/15), sicché la trasparenza delle regole di gara, e in particolare delle regole la cui violazione determina l’espulsione dalla gara, è una condizione di competitività della stessa: regole incerte non solo disincentivano la partecipazione ma la impediscono in quanto non mettono le imprese nelle condizioni di presentare un’offerta ammissibile. Se non viene espressa in modo chiaro (sulla base della lex specialis e della legge) una regola che impedisce la partecipazione, le esigenze di trasparenza impongono comunque di consentire ai concorrenti di sanare la propria posizione (CGUE, sez. IX, 2 maggio 2019 n. 309) e di scegliere, fra le varie interpretazioni possibili del bando di gara, quella che più privilegia la partecipazione, così saldando le regole di trasparenza con il principio del favor partecipationis, che impone, quando trattasi di clausole che possono condurre all’esclusione dell’offerta, di preferire, a fronte di più possibili interpretazioni di una clausola contenute in un bando o in un disciplinare di gara, la scelta ermeneutica che consenta la più ampia partecipazione dei concorrenti.

Soccorso istruttorio e termine di integrazione

Tar Sardegna, Cagliari, sez. II, 12 maggio 2025, n. 432

Contratti pubblici – Soccorso istruttorio – Ratio – Termini – Perentorietà – Sanzione espulsiva – Onere motivazionale attenuato – Buona fede

Il termine per l’integrazione della documentazione, a seguito dell’attivazione del soccorso istruttorio, ha natura perentoria, allo scopo di assicurare un’istruttoria veloce, preordinata ad acquisire la completezza delle dichiarazioni prima della valutazione dell’ammissibilità della domanda.

La disciplina del soccorso istruttorio contempla la sanzione espulsiva quale conseguenza della inosservanza, da parte dell’impresa concorrente, all’obbligo di integrazione documentale.

La chiave interpretativa dell’art. 101 del Codice dei contratti pubblici è “la leale collaborazione delle parti” (amministrazione appaltante e operatori economici), ispirata alla fiducia nell’attività dell’amministrazione e alla responsabilità dell’operatore economico, secondo i noti principi di buona fede, il tutto evidentemente nel rispetto del principio della par condicio.

Nessuna motivazione qualificata o ulteriore rispetto al richiamo dell’attivazione del soccorso e della mancata tempestiva trasmissione della relativa documentazione si rende necessaria ai fini della legittimità del provvedimento espulsivo. Il soccorso istruttorio – previsto in favore della massima partecipazione – non può tradursi in un meccanismo dilatorio della procedura di gara, a fronte del disinteresse o della mancata collaborazione di chi per primo è tenuto ad attivarsi. Si deve aggiungere che l’amministrazione è mossa, nelle procedure selettive, dal bisogno attuale e concreto di acquisire i servizi di cui necessita. Le procedure selettive postulano un dovere particolarmente intenso, in capo alle imprese partecipanti, di chiarezza e completezza espositiva sia nella presentazione della documentazione volta alla verifica dei requisiti di ordine generale e di ordine speciale sia nella formulazione e presentazione delle offerte sia nella fase di verifica dei requisiti. L’operatore economico negligente, oltre a violare i doveri di correttezza e buona fede cui è vincolato, arreca un oggettivo intralcio allo svolgimento della procedura che non può non essere tenuto nella debita considerazione.

Illecito professionale e partecipazione a gara

Tar Calabria, Catanzaro, sez. II, 8 aprile 2025, n. 659

Contratti pubblici – Selezione del contraente – Grave illecito professionale – Valutazione fiduciaria – Criteri – Clausola aperta – Ratio

L’apprezzamento della ricorrenza del grave illecito professionale è connotato da un importante contenuto fiduciario, da intendersi nel senso che assume particolare rilevanza la condotta dell’operatore rispetto allo specifico contratto stipulando e alla posizione della singola stazione appaltante; a tal fine, l’amministrazione, nell’esercizio dell’ampio potere tecnico-discrezionale attribuitole dal Codice degli appalti pubblici, può utilizzare ogni tipo di elemento idoneo e mezzi adeguati a desumere l’affidabilità e l’integrità del concorrente, potendo evincere il compimento di gravi illeciti professionali da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui sia stata accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, secondo un giudizio espresso non in chiave sanzionatoria, ma fiduciaria.

L’art. 98, comma 6, lett. c), laddove prevede che il grave illecito professionale, nella figura consistente in carenze dell’operatore nell’esecuzione di un contratto, vada provato richiamando l’intervenuta risoluzione per inadempimento o la condanna al risarcimento del danno, contiene l’ulteriore richiamo ad “altre conseguenze comparabili”.

Si tratta di una clausola aperta nella misura in cui, da una parte, non esclude che la prova delle gravi carenze nell’esecuzione di un contratto possano risiedere in conseguenze ulteriori rispetto alla risoluzione o alla condanna al risarcimento del danno; dall’altra parte rimette all’interprete la concreta individuazione di quali siano le conseguenze comparabili.

La ratio della clausola aperta è, in definitiva, di far sì che l’amministrazione, nel motivare in proposito, non sia libera di indicare fatti pretestuosi, perché privi di attinenza con l’esecuzione di un precedente contratto, ma al contempo non sia vincolata a considerare esclusivamente i casi di risoluzione per inadempimento e risarcimento del danno.

Servizi alla persona e principio di rotazione

Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana. sez. giurisdizionale, 24 febbraio 2025, n. 108

Servizi pubblici – Affidamento ed esecuzione di servizi alla persona di importo inferiore alla soglia europea – Principio di rotazione – Derogabilità – Onere motivazionale rafforzato

Seppure l’art. 128 del d.lgs. n. 36/2023 inerente ai servizi alla persona non richiama le regole generali degli affidamenti sotto-soglia di cui agli artt. 48 e ss., ciò non esonera l’ente affidatario dall’obbligo di motivare adeguatamente circa la modalità di affidamento prescelta, che deve rispettare anche gli speciali principi di cui al c.3 dell’art. 128.

Se è vero che il principio di rotazione trova comunque ingresso nella disciplina degli affidamenti inerenti ai servizi sociali sotto soglia a prescindere da un espresso richiamo in forza della previsione generale di cui all’art. 49, c. 1 del codice contratti, è, altresì, vero che gli affidamenti relativi ai servizi alla persona sotto soglia soggiacciono ad una regolamentazione composita come risultante dalla combinazione della disciplina di carattere generale, comprensiva anche del principio di rotazione, e di quella di carattere speciale, contenuta nell’art. 128 del codice. Pertanto, l’interpretazione logico-sistematica del c. 8 dell’art. 128 impone che per l’affidamento e l’esecuzione di servizi alla persona di importo inferiore alla soglia europea, l’Amministrazione ben può derogare al principio generale di rotazione, previa adeguata motivazione, al fine di osservare i principi e i criteri di cui al c. 3 sopra menzionati.

Inoltre, ciò che costituisce ‘urgenza’ in una fattispecie concreta non necessariamente si deve considerare tale nel reiterarsi nel tempo dell’affidamento e che – in via generale ed astratta – l’obbligo di motivazione nell’ipotesi di affidamento diretto, anche in deroga al principio di rotazione, con riferimento ai parametri indicati nel c. 3 dell’art. 128 cit., è teso ad evitare la reiterazione ad nutum dell’affidamento diretto al medesimo operatore, in violazione del principio generale dell’accesso al mercato di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 36/2023.

Le prestazioni migliorative e le varianti

Tar Campania, Napoli, sez. I, 20 gennaio 2025, n. 506

Contratti pubblici – Appalto di lavori – Prestazioni migliorative – Nozione – Ammissibilità – Varianti – Differenze

La rivisitazione delle lavorazioni a base di gara attraverso l’offerta e la specificazione dei materiali utilizzati può costituire una prestazione migliorativa in chiave qualitativa la cui ammissibilità trova riscontro nella nozione stessa di “miglioria” per come elaborata in giurisprudenza in contrapposizione a quella di “variante”. Difatti, le prestazioni migliorative consistono in soluzioni tecniche che investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell’opera, configurandosi come integrazioni e precisazioni che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste.

Iscrizione alla white list

Tar Marche, Ancona, sez. I, 12 ottobre 2024, n. 799

Contratti pubblici – Servizio di assistenza sociosanitaria domiciliare – Requisiti di ordine generale – Iscrizione alla white list ex art. 1, c, 52, L. n. 190 del 2012 – Assenza – Legittimità – Contrasto della lex specialis con una norma imperativa – Segnalazione ex ante

Nelle procedure di gara, è legittima l’aggiudicazione del servizio di assistenza sociosanitaria domiciliare alla popolazione anziana, disposta in favore di un operatore economico risultato privo del requisito di ordine generale dell’iscrizione alla white list ex art. 1, c, 52, L. n. 190 del 2012, nel caso in cui, dalla disamina della lex specialis, emerga chiaramente che le prestazioni richieste ai concorrenti riguardino precipuamente il governo della casa dell’anziano destinatario del servizio, comprensive altresì dello smaltimento dei rifiuti e della preparazione dei pasti.

Accordi di diritto pubblico e di diritto privato

Consiglio di Stato, sez. IV, 5 settembre 2024, n. 7435

Accordi di diritto privato e di diritto pubblico – Interpretazione – Principio di buona fede – Caratteri

Gli accordi, tanto di diritto privato, quanto di diritto pubblico, devono essere interpretati in coerenza con il principio di buona fede che affascia tutti i rapporti di diritto privato (art. 1175, 1375 c.c.) e di diritto pubblico (art. 1, comma 2 bis, l. n. 241 del 7 agosto 1990, art. 5 d.lgs. n. 36 del 31 marzo 2023), anche perché il criterio di interpretazione secondo buona fede ex art. 1366 c.c. non può essere relegato a criterio di interpretazione meramente sussidiario rispetto ai criteri di interpretazione letterale e funzionale.: l’elemento letterale va integrato con gli altri criteri di interpretazione, tra cui la buona fede, che si specifica in particolare nel significato di lealtà, ossia nell’evitare di suscitare falsi affidamenti e nel non contestare ragionevoli affidamenti ingenerati nella controparte.

Servizi sociali e terzo settore

Tar Lombardia, Milano, sez. II, 1 ottobre 2024, n. 2533

Servizi sociali – Gestione – Principio di sussidiarietà orizzontale – Co-programmazione e co-progettazione – Terzo settore

La gestione di servizi sociali può essere affidata dalle amministrazioni pubbliche mediante forme di co-programmazione e co-progettazione con gli enti del terzo settore, per l’individuazione dei bisogni da soddisfare, degli interventi necessari e delle modalità di realizzazione degli stessi, ai sensi degli artt. 55 e 56 del d.lgs. n. 117 del 3 luglio 2017 (codice del terzo settore), che rappresentano un modello alternativo, espressione del principio di sussidiarietà orizzontale, a quello caratterizzato dall’acquisizione di beni e servizi mediante lo strumento dell’appalto pubblico o della concessione di cui al d.lgs. n. 36 del 31 marzo 2023 (codice dei contratti pubblici), il cui art. 6 infatti precisa che gli istituti di cui al Titolo VII del codice del terzo settore – che comprende gli artt. 55 e 56 – non rientrano nel campo di applicazione del codice dei contratti pubblici, le cui norme non sono quindi applicabili a siffatte procedure.