GIURISPRUDENZA

Ordinanze contingibili urgenti e presupposti d’urgenza

Tar Toscana. Firenze, sez. IV, 8 novembre 2024, n. 1272

Ordinanze contingibili e urgenti – Ratio – Presupposti – Attualità del pericolo – Situazioni di pericolo che si protraggono nel tempo – Urgenza

L’art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267/2000, attribuisce al Sindaco il potere di emanare ordinanze contingibili e urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.

Un costante orientamento giurisprudenziale ha avuto modo di chiarire i presupposti per l’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente che, a loro volta, vanno individuati nell’esistenza di un pericolo irreparabile ed imminente, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, nonché nella provvisorietà e la temporaneità dei suoi effetti, non essendo pertanto possibile adottare ordinanze contingibili e urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili e permanenti o quando non vi sia urgenza di provvedere, intesa come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile, a tutela della pubblica incolumità.

L’ordinanza contingibile e urgente ben può essere adottata anche per situazioni di pericolo che si protraggono nel tempo, in quanto l’esercizio dei poteri di cui agli artt. 50 o 54 T.U.E.L., presuppone l’esistenza di una situazione eccezionale ed imprevedibile: tale presupposto, tuttavia, va interpretato nel senso che rileva non la circostanza (estrinseca) che il pericolo sia correlato ad una situazione preesistente ovvero ad un evento nuovo ed imprevedibile, ma la sussistenza (intrinseca) della necessità e dell’urgenza attuale di intervenire a difesa degli interessi pubblici da tutelare, a prescindere sia dalla prevedibilità, che, soprattutto, dall’imputabilità se del caso perfino all’Amministrazione stessa della situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere. In definitiva, il decorso del tempo non consuma il potere di ordinanza, perché ciò che rileva è esclusivamente la dimostrazione dell’attualità del pericolo e della idoneità del provvedimento a porvi rimedio, sicché l’immediatezza dell’intervento urgente del Sindaco va rapportata all’effettiva esistenza di una situazione di pericolo al momento di adozione dell’ordinanza. E, a ben guardare, la circostanza che la situazione di pericolo perduri da tempo può addirittura aggravare la situazione di pericolo.

È noto che l’ordinanza contingibile e urgente ben può essere adottata anche per situazioni di pericolo che si protraggono nel tempo e, ciò, considerando come sia sufficiente l’esistenza di una necessità e urgenza attuale di intervenire a difesa degli interessi pubblici da tutelare.

Il requisito dell’urgenza non solo è sufficiente, ma prescinde dalla prevedibilità e, soprattutto, dall’imputabilità della situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere.

In definitiva, il decorso del tempo non consuma il potere di ordinanza, perché ciò che rileva è esclusivamente la dimostrazione dell’attualità del pericolo e della idoneità del provvedimento a porvi rimedio, sicché l’immediatezza dell’intervento urgente del Sindaco va rapportata all’effettiva esistenza di una situazione di pericolo al momento di adozione dell’ordinanza. E, a ben guardare, la circostanza che la situazione di pericolo perduri da tempo può addirittura aggravare la situazione di pericolo.

Convenzioni urbanistiche e criteri interpretativi

Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 13 novembre 2024, n. 3185

Convenzioni urbanistiche – Criteri interpretativi – Variazioni unilaterali delle obbligazioni contrattuali – Principi di affidamento e buona fede – Riequilibrio delle previsioni della convenzione – Interlocuzioni informali fra parti lottizzanti e Uffici comunali – Irrilevanza

Per procedere all’interpretazione delle clausole convenzionali, devono essere applicati i criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., i quali, oltre che per l’interpretazione dei contratti, degli atti unilaterali (in quanto compatibili, ai sensi dell’art. 1324 cod. civ.), dei provvedimenti amministrativi (nei limiti della compatibilità), devono applicarsi anche agli accordi di cui all’art. 11 della legge n. 241 del 1990, in ragione del richiamo, da parte del comma 2 della suddetta disposizione, ai “principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti per quanto compatibili”. Il primo e principale strumento di interpretazione della convenzione è il senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, da verificarsi alla luce dell’intero contesto, ponendo le singole clausole in correlazione tra loro ai sensi dell’art. 1363 cod. civ., in quanto per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale.

La necessità di salvaguardare l’equilibrio dei rapporti contrattuali anche in fase di esecuzione, in ossequio ai canoni di affidamento e buona fede e nel rispetto del rapporto di sinallagmaticità, impone di assumere come lesiva della posizione giuridica del Comune e dei suoi interessi la determinazione delle lottizzanti di procedere ad indebite variazioni unilaterali delle obbligazioni assunte contrattualmente.

Del resto, anche laddove il riequilibrio delle previsioni della convenzione si renda necessario per il sopravvenire di circostanze che aggravano la posizione di uno dei contraenti, ciò non può avvenire sulla base di un intervento unilaterale di quest’ultimo, bensì soltanto in esito alla rinegoziazione tra le parti, secondo buona fede, delle prestazioni oggetto delle obbligazioni che non possano più essere adempiute nel modo originariamente convenuto.

Risultano irrilevanti al fine di verificare il rispetto delle clausole convenzionali le interlocuzioni di carattere assolutamente informale intervenute tra le parti lottizzanti e gli Uffici comunali.

L’ordinanza di demolizione e l’autore dell’abuso

Tar Lazio, Roma, sez. II stralcio, 14 novembre 2024, n. 20231

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Natura giuridica – Realità – Onere motivazionale attenuato – Applicabilità art. 21-octies, comma 2, L. 241/90 – Ingiunzione alla rimozione o alla demolizione – Acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale – Proprietario non responsabile dell’abuso

L’ordinanza di demolizione ha natura di atto dovuto e vincolato in quanto va adottata al ricorrere dell’accertamento dell’illecito, senza che il decorso del tempo abbia rilevanza, sicché l’obbligo della motivazione – inteso nella sua essenzialità – è sufficientemente assolto con l’indicazione dei presupposti di fatto attraverso i quali sia comunque possibile ricostruire l’iter logico seguito dall’amministrazione. La demolizione inoltre ha carattere reale in quanto prescinde dalla responsabilità del proprietario o dell’occupante, dovendo essere emanata anche nei confronti di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento della sua emanazione in un rapporto con la res tale da consentire la restaurazione dell’ordine giuridico violato.

La natura vincolata del provvedimento di demolizione fa sì che, in caso di violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, trova applicazione l’art. 21-octies, comma 2, cit., secondo cui non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la “natura vincolata del provvedimento”, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Ai sensi dell’art. 31, comma 2, d.p.r. n. 380/2001, il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, “ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione” (che ha natura di obbligazione propter rem).

È vero che l’art. 15, comma 5, della l.r. n. 15/2008, prevede che “Non si procede all’acquisizione dell’area ai sensi del comma 2 ma esclusivamente alla demolizione dell’opera abusiva nel caso in cui il proprietario della stessa non sia responsabile dell’abuso”.

Tuttavia, tale previsione riguarda unicamente l’acquisizione dell’area in cui l’abuso è stato realizzato e non preclude la demolizione dell’abuso a carico dell’autore materiale dell’abuso e del proprietario dell’immobile in cui l’abuso è stato realizzato; è semmai il proprietario dell’immobile, laddove assume non avere alcuna responsabilità nella violazione edilizia, a dover far valere la dedotta violazione dell’art. 15, comma 5, della l.r. n. 15/2008, in occasione dell’acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale.

Titolo edilizio e silenzio-assenso

Tar Liguria, Genova, sez. II, 7 novembre 2024, n. 755

Titolo edilizio – Silenzio-assenso – Conformità/Difformità alla disciplina urbanistica – Contrasto interpretativo

È noto che, in merito all’applicazione dell’art. 20 comma 8 del D.P.R. n. 380/2001 (“Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241”), si confrontano in giurisprudenza due orientamenti.

Un primo orientamento a mente del quale “la conformità di un progetto alla disciplina urbanistica costituisce un [mero] requisito di validità del silenzio-assenso che matura sulla richiesta del permesso di costruire; di conseguenza, la difformità della disciplina urbanistica può legittimarne l’annullamento, ma non impedisce la formazione del silenzio-assenso”.

Un secondo orientamento ritiene invece che, nonostante la natura tendenzialmente vincolata del permesso di costruire, il mero decorso del termine non sia di per sé sufficiente alla formazione del silenzio-assenso, essendo a tal fine anche necessario che l’intervento edilizio sia effettivamente conforme agli strumenti urbanistici ed alle altre disposizioni di legge.

E ciò, non potendosi ipotizzare che, a seguito di un non tempestivo esercizio del potere amministrativo, possa ottenersi per silenzio ciò che non sarebbe altrimenti possibile mediante l’esercizio espresso del potere da parte dell’Amministrazione.

Orbene, il collegio ritiene di aderire a quest’ultimo orientamento, allo stato ancora prevalente.

Elezioni e attribuzione seggi di minoranza

Tar Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 24 ottobre 2024, n. 744

Elezioni amministrative – Riparto dei seggi – Modalità – Coalizioni tra gruppi

Nel riparto dei seggi di minoranza deve aversi riguardo ai risultati complessivamente ottenuti da tutte le liste collegate col medesimo candidato alla carica di Sindaco, salva, poi, la successiva ripartizione tra le singole liste dei seggi complessivamente assegnati.

Poiché nell’attribuzione dei seggi sia alla maggioranza che alla minoranza il legislatore ha sancito che si debba aver riguardo non solo ai voti conseguiti dalle liste singole, ma anche a quelli conseguiti dai raggruppamenti delle liste, non solo nel primo turno elettorale, ma anche nel successivo turno del ballottaggio, è evidente che per la specifica rilevanza che la legge ha inteso assegnare alle coalizioni tra gruppi, sarebbe contraddittorio se ad esse coalizioni non fosse data rilevanza alcuna nella decisiva fase di riparto dei seggi a seguito di ballottaggio.

AIA e prerogative sindacali

Tar Lazio, Roma, sez. I quater, 7 ottobre 2024, n. 17214

AIA – Competenze sindacali – Procedimento – Conferenza di servizi – Dissenso – Onere motivazionale

Con specifico riferimento all’AIA, l’art.29 quater, comma 6, d.lgs. n. 152/2006 prevede che il Sindaco partecipi alla Conferenza di servizi di cui al precedente comma 5 per rendere «le prescrizioni […] di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265», ossia in materia di salubrità dei luoghi interessati da attività industriale astrattamente idonei a ricadere tra i c.d. interessi sensibili.

Riguardo al procedimento AIA, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini cui è riservata l’opposizione in sede di Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 14-quinquies della legge n. 241 del 1990, devono identificarsi — anche alla luce del combinato disposto degli artt. 14- quinquies e 17, comma 2, della stessa legge n. 241 del 1990 — in quelle amministrazioni alle quali norme speciali attribuiscono una competenza diretta, prevalentemente di natura tecnico-scientifica, e ordinaria ad esprimersi attraverso pareri o atti di assenso comunque denominati a tutela dei suddetti interessi così detti ‘sensibili’, e tale attribuzione non si rinviene, di regola e in linea generale, tra le competenze in campo sanitario demandate al Sindaco e al Comune dal testo unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. n. 1265 del 1934.

Pertanto, il predetto art. 29 quater, comma 5 nel richiamare specificamente le “prescrizioni” del sindaco di cui agli art. 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 esclude la possibilità che in sede di Conferenza di servizi, per il rilascio dell’AIA, il sindaco possa esprimersi negando l’attivazione, ciò all’evidente fine di evitare che la decisione della Conferenza possa essere vincolata automaticamente per effetto del dissenso espresso dal sindaco ai sensi dei predetti art. 216 e 217. Ed infatti il richiamo dell’art. 29 quater, comma 5 del d.lgs. n. 152 del 2006 alle “prescrizioni” ex art. 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934 assume la funzione di consentire al sindaco di indicare le “prescrizioni” o al limite di esprimere un dissenso che, tuttavia, al pari degli altri pareri o atti di assenso comunque denominati nell’ambito della Conferenza di servizi, nella specie di tipo decisorio, possono essere superati dalla decisione conclusiva motivata adottata dall’amministrazione procedente (che può anche discostarsi dagli atti di dissenso acquisiti o espressi dalle amministrazioni partecipanti).

Peraltro, il dissenso espresso in sede di Conferenza di servizi ai sensi dell’art. 14 quater della legge n. 241 del 1990 deve rispondere ai principi di cui all’art. 97 della Cost., non potendosi limitare ad una sterile opposizione al progetto, dovendo essere costruttivo e congruamente motivato.

Dehors e poteri comunali

Consiglio di Stato, sez. V, 23 ottobre 2024, n. 8474

Titolo edilizio – Autorizzazione paesaggistica – Realizzazione di strutture tipo “dehors” – Potere regolamentare del Comune – Sicurezza urbana

Il Comune ha il potere, da un lato, di rilasciare i titoli edilizi e paesaggistici per la realizzazione delle strutture tipo dehors su tutto il territorio comunale, dall’altro, di approvare un regolamento di carattere generale che ne disciplini le caratteristiche, al fine di rendere più snello il procedimento autorizzatorio e di conformarle nell’ottica della “sicurezza urbana”, nell’accezione più moderna di miglioramento della vivibilità cittadina.

La locazione turistica breve

Consiglio di Stato, sez. V, 2 ottobre 2024, n. 7913

Locazione turistica breve – Attività ricreativa in forma sistematica – Incompatibilità – Immissioni acustiche – Mutamento di destinazione d’uso da residenziale a turistica – Normativa applicabile

L’uso di un immobile che comporti lo svolgimento in forma sistematica di attività ricreativa ripetuta nel tempo, con immissioni acustiche che superano gli standard normativi, è incompatibile con la locazione turistica breve; tale uso determina un mutamento di destinazione da residenziale a turistico ricettiva della struttura, con conseguente assoggettamento, nella misura in cui può essere fonte di inquinamento acustico, alla legge n. 447 del 26 ottobre 1995.

Alla Corte Costituzionale alcuni quesiti in materia di bilancio stabilmente riequilibrato

Tar Campania, Napoli, sez. I, 20 settembre 2024, n. 5039

Dissesto degli enti locali – Bilancio di previsione stabilmente riequilibrato – Termini – Perentorietà – Presentazione tardiva – Effetti

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 5, 51, 97 e 114 della Costituzione: a) dell’art. 259, primo comma, del decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 36, limitatamente all’aggettivo “perentorio” in esso contenuto; b) dell’art. 261, quarto comma, del T.U.E.L., limitatamente all’aggettivo “perentorio” in esso contenuto, per la parte in cui ugualmente stabilisce la perentorietà del termine (di 45 giorni) per la presentazione di una nuova ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, susseguente all’istruttoria negativa della commissione per la finanza e gli organici degli enti locali; c) dell’art. 262, primo comma, del T.U.E.L., limitatamente alla previsione secondo cui “l’inosservanza del termine per la presentazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato o del termine per la risposta ai rilievi e dalle richieste di cui all’articolo 261, comma 1, o del termine di cui all’articolo 261, comma 4, integrano l’ipotesi di cui all’articolo 141, comma 1, lettera a).

Consiglieri comunali e diritto d’accesso

Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 19 settembre 2024, n. 748

Diritto di accesso – Consiglieri comunali – Onere motivazionale – Ratio

Sui consiglieri comunali non grava alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso. Più in particolare, i consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento delle loro funzioni, ciò anche al fine di permettere di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell’ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.

Il diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all’esercizio delle loro funzioni, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell’ente locale, ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di quelli privati e personali) e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività; di conseguenza: sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle funzioni del consigliere comunale.

Diversamente opinando, infatti, la struttura burocratica comunale, da oggetto del controllo riservato al Consiglio, si ergerebbe paradossalmente ad “arbitro” – per di più, senza alcuna investitura democratica – delle forme di esercizio delle potestà pubbliche proprie dell’organo deputato all’individuazione ed al miglior perseguimento dei fini della collettività civica. Ne consegue che sul consigliere comunale non grava, né può gravare, alcun onere di motivare le proprie richieste d’informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle e conoscerle, ancorché l’esercizio del diritto in questione si diriga verso atti e documenti relativi a procedimenti ormai conclusi o risalenti ad epoche remote.