Mese: Marzo 2025

Ciclo integrato dei rifiuti e integrazione verticale

Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 18 febbraio 2025, n. 140

RSU – Piano di smaltimento – Gestione integrata in senso verticale in unico lotto funzionale – Onere istruttorio e motivazionale rafforzato – Principio di proporzionalità – Salvaguardia della libera concorrenza

Il Comune può, nell’ambito della propria discrezionalità, optare per una gestione dei rifiuti integrata in senso verticale, affidando congiuntamente il servizio a monte di spazzamento, raccolta e traporto, ed il servizio a valle di recupero e smaltimento, anziché prevedere due distinti lotti funzionali, con ciascuna tipologia di servizio. Questa scelta di prevedere un unico lotto funzionale, anziché due distinti, deve essere frutto di un’adeguata istruttoria, deve essere supportata da un’idonea motivazione e deve essere proporzionata agli scopi perseguiti, com’è necessario in ogni caso in cui una stazione appaltante opti per un unico lotto anziché per lotti frazionati. L’onere istruttorio e motivazionale nonché il vincolo derivante dal rispetto dal principio di proporzionalità, sono ancora più stringenti quando la scelta di articolare la gara in un unico lotto abbia ad oggetto il servizio di gestione dei rifiuti, e l’unico lotto accorpa in sé il servizio a monte di spazzamento, raccolta e trasporto, e il servizio a valle di recupero e smaltimento, in un’ottica di gestione integrata verticale, poiché una tale scelta può determinare significativi effetti distorsivi della concorrenza.

Lidi balneari, proroghe e accordi tra Stato e Commissione europea

Tar Liguria, Genova, sez. I, 19 febbraio 2025, n. 183

Demanio marittimo – Concessioni demaniali per finalità turistico ricreative – Scadenza dei termini ed indizione di nuove gare pubbliche – Rinnovo automatico – Divieto – Normativa eurounitaria e nazionale – Disapplicazione di norme in contrasto – Mancato rimborso per manufatti inamovibili – Legittimità

È legittima la delibera della giunta comunale di presa d’atto della scadenza delle concessioni demaniali marittime per attività turistico – ricreative alla data del 31 dicembre 2023 e di contestuale indizione di gare per l’assegnazione di nuove concessioni. Difatti, oltre tale data, le concessioni cessano di produrre effetti, dovendosi disapplicare per contrasto con le norme dell’ordinamento dell’Unione europea le ulteriori proroghe previste dall’articolo 12, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14 (fino al 31 dicembre 2024) e dall’articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1.1, del decreto-legge 16 settembre 2024, n. 131, convertito con modificazioni dalla legge 14 novembre 2024, n. 166 (fino al 30 settembre 2027).

Va disapplicata, per contrasto con le norme dell’ordinamento dell’Unione europea, la proroga fino al 30 settembre 2027 delle concessioni demaniali marittime per attività turistico – ricreative prevista dall’articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1.1, del decreto-legge 16 settembre 2024, n. 131, convertito con modificazioni dalla legge 14 novembre 2024, n. 166. Non può invocarsi in senso contrario un accordo tra lo Stato italiano e la Commissione europea, secondo cui le amministrazioni avrebbero l’obbligo di prorogare le concessioni balneari sino al settembre 2027 e ciò sia perché non risulta esistente un documento scritto racchiudente tale patto, sia in quanto, in ogni caso, un simile accordo non potrebbe prevalere sul dictum della Corte di giustizia dell’Unione europea in ordine all’incompatibilità unionale del rinnovo automatico delle concessioni.

È legittima la mancata previsione di un rimborso per i manufatti inamovibili in favore dei concessionari uscenti alla scadenza delle concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative. Difatti, deve ritenersi compatibile con il diritto europeo l’articolo 49 del codice della navigazione in base al quale, alla scadenza della concessione, il concessionario è tenuto a cedere gratuitamente e senza indennizzo le opere non amovibili erette sul sedime demaniale.

L’art. 4, comma 9, della l. n. 118 del 2022, sostituito dall’art. 1, comma 1, lett. b), del d.l. n. 131 del 2024, ha previsto in favore del nuovo concessionario, in aggiunta al valore degli investimenti non ancora ammortizzati al termine della concessione, un’equa remunerazione per gli investimenti effettuati nell’ultimo quinquennio, secondo criteri da definire con apposito decreto ministeriale e sulla base di una perizia redatta da un professionista scelto in una rosa di nominativi indicati dal presidente del consiglio nazionale dei dottori commercialisti.

Provvedimento autorizzatorio unico regionale e conferenza di servizi

Consiglio di Stato, sez. IV, 10 febbraio 2025, n. 1071

Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (P.A.U.R.) – Ratio – Procedimento – Proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area interessata dall’intervento nelle more del rilascio del P.A.U.R. – Principio di “doppia conformità” strumentale

Il procedimento scandito dall’art. 27-bis del decreto legislativo  3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente), ha  ad oggetto il rilascio di tutte le autorizzazioni necessarie non solo alla realizzazione, bensì anche all’esercizio del progetto stesso, configurando pertanto un procedimento “unico” che permette al proponente di ottenere il provvedimento finale che gli consenta, a seguito della sua adozione, di realizzare il progetto e porre in esercizio l’opera senza dover acquisire più alcun ulteriore titolo. Il P.A.U.R. peraltro non comporta un assorbimento dei singoli titoli autorizzatori necessari alla realizzazione dell’opera e non sostituisce i diversi provvedimenti, emessi all’esito dei procedimenti amministrativi, di competenza eventualmente anche regionale, che mantengono la loro autonomia formale, bensì li ricomprende nella determinazione che conclude la conferenza di servizi.

La circostanza che sia conclusa la conferenza di servizi ex art. 27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente), con il rilascio della V.I.A., non comporta il rilascio del P.A.U.R. Infatti, affinché la conferenza di servizi possa valere come provvedimento autorizzatorio unico regionale, deve concludersi con una determinazione motivata che deve recare in allegato non solo la relazione finale della conferenza di servizi e il provvedimento di V.I.A. ma anche   le autorizzazioni e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l’esercizio del progetto. Pertanto, ove nelle more del rilascio del P.A.U.R., comprensivo dell’A.I.A., sia intervenuta una proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area interessata dall’intervento, devono applicarsi le misure di salvaguardia di cui all’art. 139, comma 2, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio), con conseguente immodificabilità dell’area oggetto di protezione, ai sensi dell’art. 146, comma 1 del citato decreto legislativo. Pertanto, a decorrere dalla data di adozione della proposta, e fino all’emanazione dell’eventuale decreto, l’amministrazione è obbligata a sospendere ogni determinazione in ordine ai progetti che risultino in contrasto con le relative previsioni, operando immediatamente il principio di “doppia conformità” strumentale, dovendo ogni intervento risultare conforme agli strumenti vigenti e alle previsioni medio tempore adottate.

Occupazione sine titulo e istanza di acquisizione sanante

Consiglio di Stato, sez. IV, 13 novembre 2024, n. 9120

Espropriazione per pubblico interesse – Occupazione sine titulo – Obbligo di provvedere – Acquisizione sanante ex art. 42 bis d.P.R. 327/2001 – Discrezionalità – Potere sollecitatorio del privato – Silenzio della P.A. – Nuova istanza del privato – Obblighi di buona fede e collaborazione

Nei casi di illecita apprensione di immobili in violazione delle disposizioni del testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, una volta scaduti i termini del decreto di occupazione d’urgenza in assenza del provvedimento espropriativo, sorge automaticamente a carico dell’amministrazione l’obbligo di porre rimedio agli effetti di un comportamento divenuto contra ius mediante la restituzione dell’immobile ovvero l’acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42 bis. Tale scelta rientra nel potere discrezionale dell’amministrazione che non attiene all’an, incompatibile con l’esistenza di un obbligo di provvedere, ma al quomodo, trattandosi di ipotesi decisionali alternative.

Nei casi di illecita apprensione di immobili in violazione delle disposizioni del testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 spetta al privato la facoltà di sollecitare l’adozione di un provvedimento di acquisizione sanante ai sensi dell’articolo 42 bis o, in alternativa, la restituzione del bene. Tale iniziativa ha funzione di sollecito e non di impulso procedimentale in senso proprio, rispetto ad un obbligo di provvedere che sorge a carico dell’amministrazione sin dal perfezionarsi dell’illecita occupazione e la cui violazione può essere accertata dal giudice su ricorso del privato senza bisogno di istanze formali.

In caso di silenzio serbato dall’amministrazione sulla domanda volta ad ottenere l’acquisizione sanante del bene occupato sine titulo ai sensi dell’art. 42 bis del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, l’eventuale irricevibilità del ricorso proposto oltre il termine annuale di decadenza di cui all’articolo 31, comma 2, del codice del processo amministrativo, non preclude al privato, in applicazione dei doveri di collaborazione e buona fede che incombono sulle parti della relazione procedimentale, di presentare una istanza sollecitatoria all’amministrazione, manifestando la persistenza dell’interesse all’adozione del provvedimento conclusivo. Tale domanda ha l’effetto di rendere nuovamente ammissibile l’azione avverso il silenzio ai sensi della seconda parte dell’articolo 31, comma 2, del codice del processo amministrativo, qualora l’inerzia dell’amministrazione perduri.

Dagli obblighi di buona fede e collaborazione contemplati dall’articolo 1, comma 2 bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241 discende che nei procedimenti d’ufficio in cui, a rigore, la legge non contempla oneri di impulso di natura procedimentale in capo al privato, è configurabile uno specifico onere per il privato di sollecitare l’amministrazione ad esercitare i propri poteri, evidenziando la persistenza dell’interesse ad una conclusione del procedimento con un provvedimento espresso, con conseguente applicabilità della seconda parte dell’articolo 31, comma 2, del codice del processo amministrativo.

Impianti di telecomunicazione e siti archeologici

Consiglio di Stato, sez.VI, 3 febbraio 2025, n. 846

Pianificazione urbanistica – Piano di localizzazione di impianti di telecomunicazione – Vicinitas sito archeologico – Sicurezza sanitaria – Onere motivazionale rafforzato

È legittimo il piano di localizzazione di impianti di telecomunicazione che sia adeguatamente motivato con la necessità di consentire la piena fruizione del sito archeologico rispetto alla inevitabile perturbazione derivante dai limiti di sicurezza sanitaria riferiti ai campi elettromagnetici generati dall’impianto ed in ipotesi aumentati dalla collocazione di nuove antenne trasmittenti sul medesimo traliccio.

Titolo edilizio e divergenza tra consentito e realizzato

Consiglio di Stato, sez. II, 7 febbraio 2025, n. 970

Titolo edilizio – Divergenza fra consentito e realizzato – Ipotesi applicative – Incompleto architettonico – Non autonomia delle opere incomplete – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi

Ai fini dell’applicabilità dell’art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, la divergenza tra consentito e realizzato sussiste non solo quando si costruisce in più del consentito, ma anche quando vi è il cd “incompleto architettonico”, configurabile sotto il profilo temporale qualora vi sia stata la decadenza del permesso di costruire e non sia possibile ottenere un nuovo titolo abilitativo, ovvero l’interessato non lo richieda. In particolare, detto disposto si applica quando le opere incomplete non sono autonome, scindibili e funzionali, riducendosi ad esempio, alla realizzazione dei soli pali di fondazione, allo scavo del terreno, alla costruzione di pilastri o della struttura in cemento armato senza la tamponatura (c.d. scheletro), trattandosi  di opere riconducibili alla totale difformità dal permesso di costruire, non potendo essere rilasciato il titolo abilitativo per la realizzazione di un manufatto privo di una autonoma finalità. Né, a fronte di siffatte incompletezze, può ritenersi ricorra l’ipotesi di opere “quasi completate”, necessitanti solo di opere minori che non richiedono il rilascio di un nuovo permesso di costruire.

SCIA e poteri di vigilanza in corso di lavori

Tar Sicilia, Catania, sez. III, 13 febbraio 2025, n. 574

Titolo edilizio – SCIA in variante al permesso di costruire – Poteri di vigilanza, inibitori e repressivi del Comune – Accertamento di interventi con variazioni essenziali – Divieto di prosecuzione dell’attività – Ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi

Dal combinato disposto dell’articolo 22, comma 2, e dell’articolo 31, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico in materia edilizia) si evince che, una volta presentata la segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A.) in variante al permesso di costruire, il Comune esercita la sua attività di vigilanza urbanistica ed edilizia e, una volta accertata l’esecuzione di interventi con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione. Tale accertamento presuppone l’ultimazione dei lavori e non può essere sovrapposto o confuso con l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, da svolgersi, invece, alla luce di quanto dichiarato nel titolo e nei correlati elaborati progettuali e non sull’attività edilizia in itinere che discende dalla presentazione della S.C.I.A. in variante.

L’amministrazione comunale può inibire lo svolgimento dell’attività edilizia riportata nella segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A.) ove, in considerazione di quanto ivi riportato e nell’esercizio dei poteri di cui ai commi 3, 4 e 6-bis dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, si accerti che gli interventi edilizi segnalati siano estranei al perimetro di cui all’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e dell’articolo 10 della legge della regione Sicilia 10 agosto 2016, n. 16 alla luce, anche, del regolamento edilizio comunale. Quanto rilevato in corso d’opera attiene invece all’esercizio del potere repressivo-sanzionatorio e fuoriesce, quindi, dalla dichiarazione di inefficacia della S.C.I.A. in variante.

Concessione di suolo pubblico e titolarità del bene

Consiglio di Stato, sez. V, 3 febbraio 2025, n. 805

Concessioni di suolo pubblico – Oggetto – Presupposti – Differenza da fattispecie abilitative alle attività edilizie

La concessione di suolo pubblico ha ad oggetto il bene di proprietà pubblica e in tal senso si differenzia anche dalle fattispecie abilitative alle attività edilizie, che hanno riguardo al bene privato, così richiedendosi, rispetto a queste ultime, una valutazione del presupposto della disponibilità del bene, che non è invece richiesta in caso di concessione di bene pubblico, di cui non è evidentemente necessario indagare la titolarità (pubblica).

Impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti e autorizzazione unica ambientale

Tar Campania, Napoli, sez. V, 30 gennaio 2025, n. 812

RSU – Installazione di nuovi impianti di smaltimento e recupero – Autorizzazione unica ambientale – Conferenza di servizi – Pareri discordanti – Bilanciamento – Onere motivazionale – Legittimazione al ricorso – Concessione di acque minerali – Requisito della vicinitas

È illegittimo il provvedimento di autorizzazione unica di cui all’art. 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente) per nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti qualora difetti ogni riferimento ai contenuti dei pareri negativi resi dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi di cui al comma 3 e non siano spiegate le ragioni della prevalenza riconosciuta ai pareri favorevoli. Difatti, in presenza di pareri discordanti resi nella conferenza di servizi, l’amministrazione procedente è tenuta ad operare il bilanciamento tra quelli negativi e quelli positivi, stabilendo a quali dare la prevalenza, fermo restando che, in caso di rilascio dell’autorizzazione, la prevalenza dei pareri favorevoli può considerarsi in re ipsa solo se, in sede di valutazione dei pareri negativi, le ragioni poste a fondamento di tali pareri risultino non fondate.

In caso di impugnazione dell’autorizzazione unica per nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti ai sensi dell’art. 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente), sussiste la legittimazione al ricorso degli enti partecipanti alla conferenza di servizi titolari di interessi sensibili, tra cui rientrano quelli in materia urbanistico – paesaggistica, che abbiano espresso formale e motivato dissenso rispetto alla determinazione finale.

La legittimazione ad agire degli enti partecipanti alla conferenza di servizi nel procedimento di autorizzazione unica di cui all’art. 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente) per nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti non è esclusa dalla mancata opposizione espressa nella conferenza di servizi ai sensi dell’articolo 14 quinquies, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto il mancato esercizio di questa facoltà non preclude la tutela giurisdizionale.

La realizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti speciali in posizione prossima a una concessione di acque minerali può determinare una lesione degli interessi del titolare di essa, quantomeno sotto il profilo dell’immagine e della reputazione dell’operatore economico, ravvisandosi in tale ipotesi sia la legittimazione al ricorso in ragione della vicinitas, sia l’interesse a ricorrere correlato ad uno specifico pregiudizio che può essere desunto dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso.

Poteri dell’ente locale in materia urbanistica

Tar Lazio, Roma, sez. II bis, 2 gennaio 2025, n. 47

Pianificazione urbanistica – Vincoli – Competenza comunale – Tutela di interessi culturali ed ambientali – Carta della qualità di Roma Capitale

In materia urbanistica, al di là della sottoposizione a vincolo ex lege degli immobili, sussiste una generale competenza del Comune di individuazione di ambiti di tutela in relazione ad esigenze particolari e locali, così da imporre limiti e vincoli più rigorosi o aggiuntivi anche con riguardo a beni vincolati a tutela di interessi culturali ed ambientali, tutelando così il tessuto urbanistico al rispetto dei valori culturali-storico e architettonici, che assumono rilievo come “qualità” dei tessuti ed edifici oggetto di tutela specifica. A tale ambito sono riconducibili i vincoli introdotti dalla carta della qualità di Roma Capitale la quale, nell’incidere sullo strumento urbanistico, costituisce un elemento non prescrittivo del P.R.G., di cui forma parte integrante, introducendo di fatto un vincolo urbanistico.