Servizi pubblici e società partecipate degli enti locali

I Comuni montani e il servizio scolastico

Consiglio di Stato, sez. VII, 17 marzo 2025, n. 2202

Istruzione pubblica – Comuni montani – Tutela costituzionale – Organizzazione del settore scolastico – Piano per il dimensionamento ottimale – Autonomia scolastica – Soppressione – Oneri istruttorio e motivazionale aggravati

La tutela dei comuni montani, che si inserisce nel quadro dei principi espressi dall’art. 44 Cost., è stata  riconosciuta dal legislatore nazionale lungo tutto il percorso evolutivo che ha riguardato gli atti di organizzazione del settore scolastico, come confermato anche dall’art. 1, comma 557 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, che ha introdotto nel testo dell’art. 19 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98,  il comma 5-quater, ove espressamente viene contemplata la “necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche”.

Sebbene non sussista una radicale preclusione, in sede di approvazione del piano per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche, alla possibilità di procedere alla soppressione dell’autonomia scolastica in relazione ad istituti localizzati nei comuni montani, ciò può avvenire solo all’esito di adeguata istruttoria, con acquisizione di tutti gli elementi di fatto rilevanti, nonché con esplicitazione adeguata dei giustificativi alla base delle scelte adottate.

La società mista e le sue caratteristiche

Tar Lazio, Roma, sez. I quater, 16 aprile 2025, n. 7595

Servizi pubblici locali – Servizio idrico – Modalità di affidamento – Società mista – Legittimità – Forma

Il d.lgs. n. 152/2006 (Codice dell’ambiente) rappresenta il punto di riferimento della regolazione del settore idrico (artt. 147, 149-bis e 172); in particolare, l’art 149-bis, per le modalità di affidamento, rinvia sostanzialmente alle forme di gestione previste dall’ordinamento europeo per la generalità dei servizi pubblici locali (SPL).

In particolare, secondo la normativa dell’Unione europea (oggi trasposta nel d.lgs. 23 dicembre 2022 n. 201), gli Enti locali possono procedere ad affidare la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica attraverso: a) la esternalizzazione a terzi mediante procedure ad evidenza pubblica secondo le disposizioni in materia di appalti e concessioni di servizi; b) una società mista pubblico-privata, la cui selezione del socio privato avvenga mediante gara a doppio oggetto; c) la gestione diretta da parte dell’Ente locale, cosiddetta “in house”, purché sussistano i requisiti previsti dall’ordinamento comunitario, e vi sia il rispetto dei vincoli normativi vigenti.

Al fine di individuare le modalità attraverso cui procedere all’affidamento di appalti pubblici in favore di una società mista, occorre distinguere l’ipotesi di “costituzione di una società mista per una specifica missione”, sulla base di una gara che abbia per oggetto sia la scelta del socio sia l’affidamento della specifica missione, da quella in cui si intendano “affidare ulteriori appalti ad una società mista già costituita”.

Con riferimento alla prima ipotesi, a seguito di una evoluzione giurisprudenziale, tanto comunitaria quanto nazionale, è possibile ritenere sufficiente un’unica gara, quella per la scelta del socio privato, con la conseguente legittimità dell’affidamento diretto degli appalti, operato in favore di tale società mista, a condizione che l’individuazione del servizio da svolgere sia delimitata in sede di gara, sia temporalmente che con riferimento all’oggetto.

Di converso, nell’ipotesi in cui si debba procedere all’affidamento di appalti ulteriori e successivi rispetto all’originaria missione, deve ritenersi sempre necessario il ricorso a procedure di evidenza pubblica per la relativa aggiudicazione.

Elementi indeclinabili per la legittimità di una società mista e degli affidamenti direttamente disposti a favore della medesima sono i seguenti: a) la gara unica a doppio oggetto (per la scelta del socio e l’affidamento del servizio); b) un socio privato con funzioni di socio operativo; c) la partecipazione a tempo determinato del privato alla compagine sociale; d) il divieto di società mista “generalista” ovvero “aperta” all’affidamento di ulteriori incarichi al socio privato.

La forma della società mista si giustifica, invero, quale partenariato pubblico-privato costituito per la gestione di uno specifico servizio per un tempo determinato. L’indeterminatezza di un Bando sulle condizioni fondamentali della costituenda società mista, ovvero, da un lato, il possesso di tutti i requisiti non solo per gestire servizi pubblici, ma anche per realizzare lavori e, dall’altro, della sua durata complessiva, potrebbe indurre potenziali concorrenti a non presentare domanda di partecipazione alla selezione proprio per l’assenza di elementi imprescindibili per effettuare una corretta valutazione sulla convenienza od opportunità (cioè sul rapporto costi-benefici) dell’acquisizione della qualità di soci operativi.

Presupposti per l’affidamento in house

Tar Marche, Ancona, sez. I, 11 aprile 2025, n. 264

Servizi pubblici – In house providing – Onere motivazionale rafforzato – Controllo analogo – Nozione – Operatività – Forma congiunta – Organi speciali – Divieto – Esclusione per gli organismi in house – Patti parasociali – Principio di stretta necessarietà delle partecipazioni pubbliche – Organi decisionali – Composizione – Strumenti partecipativi – Affidamenti a valle – Evidenza pubblica

Nell’attuale quadro normativo è imposto all’amministrazione aggiudicatrice che intenda ricorrere all’affidamento diretto un onere motivazionale rafforzato, che consenta un penetrante controllo della scelta effettuata anzitutto sul piano dell’efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche.

La Relazione di cui all’art. 14 TUSPL deve dare conto della qualità del servizio, della situazione delle finanze pubbliche, dei costi per l’ente locale e per gli utenti con riferimento alla scelta effettuata, oltre a confrontare tale opzione con soluzioni alternative paragonabili e con esperienze precedenti, sempre evidenziando gli effetti su qualità, finanze pubbliche e sui costi (anche di investimento), per gli utenti e per l’ente locale.

La legittima applicazione dell’istituto postula l’effettiva sussistenza di un “controllo analogo”, anche nelle declinazioni del controllo a cascata e del controllo analogo congiunto, con la precisazione che esso si sostanzia in una forma di eterodirezione della società, tale per cui i poteri di governance non appartengono agli organi amministrativi, ma “al socio pubblico controllante”, che si impone a questi ultimi con le proprie decisioni.

Il controllo analogo è tale se, per effetto della sua concreta modulazione, la società affidataria non è terza rispetto all’ente affidante, ma una sua articolazione, sicché tra socio pubblico controllante e società sussiste “una relazione interorganica e non intersoggettiva”, perché il controllo esercitato deve corrispondere a quello che l’ente pubblico esplica sui propri servizi. Tale relazione deve intercorrere tra soci affidanti e società, non anche tra la società e altri suoi soci (non affidanti o non ancora affidanti), rispetto ai quali la società sarebbe effettivamente terza.

In caso di società partecipata da più enti pubblici, il controllo analogo può essere esercitato in forma congiunta. A tal fine, non possono ritenersi adeguati i poteri a disposizione dei soci secondo il diritto comune, sicché è necessario dotare i soci affidanti di appositi strumenti che ne consentano l’interferenza in maniera penetrante nella gestione della società.

L’art. 11, comma 9, lett. d), del d.l.vo n. 175 del 2016, ha introdotto il divieto per gli statuti delle società a controllo pubblico di “istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società”. È esclusa la riferibilità della disposizione agli organismi in house, sicché il controllo analogo può essere realizzato anche attraverso l’istituzione, ad opera dei soci pubblici, di organi speciali ad esso funzionali. L’esclusione, per gli organismi in house, del divieto di istituire organi speciali, discende dai seguenti profili: a) il divieto è previsto in relazione alle “società a controllo pubblico”, regolate appunto dall’art. 11 e non è ripetuto nell’art. 16 dedicato alle società in house, la cui disciplina risulta, pertanto, speciale e derogatoria; b) a differenza delle società a controllo pubblico, per le quali, l’art. 2, comma 1, lett. m), del d.l.vo n. 175 del 2016 richiede che il controllo si esplichi nelle forme dell’art. 2359 cod. civ., le società in house sono sottoposte a quella forma particolare di controllo pubblico che è costituita dal controllo analogo (come chiaramente precisato dall’art. 2, comma 1, lett. o) d.lgs. n. 175 del 2016).

Una partecipazione “pulviscolare” è in principio inidonea a consentire ai singoli soggetti pubblici partecipanti di incidere effettivamente sulle decisioni strategiche della società, cioè di realizzare una reale interferenza sul conseguimento del c.d. fine pubblico di impresa in presenza di interessi potenzialmente contrastanti e, quindi, a palesare la sussistenza di un controllo analogo almeno congiunto.

Proprio in ragione della non riferibilità dell’art. 11, comma 9, lett. d), del citato d.l.vo n. 175 del 2016 agli organismi in house, i soci pubblici ben possono sopperire a detta debolezza stipulando patti parasociali al fine di realizzare un coordinamento tra loro, in modo da assicurare il “loro controllo sulle decisioni più rilevanti riguardanti la vita e l’attività della società partecipata”.

Sempre in tema di controllo analogo congiunto, deve essere tenuto in considerazione, anche, che in linea di principio non è consentito a un’amministrazione pubblica acquisire in un organismo pluripartecipato da altre amministrazioni una quota di partecipazione inidonea a garantire controllo o potere di veto, anche laddove tale amministrazione intende acquisire in futuro una posizione di controllo congiunto (c.d. principio di “stretta necessarietà” delle partecipazioni pubbliche, sancito dall’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 175 del 2016).

L’in house richiede che la nomina degli organi decisionali della società sia disciplinata in maniera da garantire la presenza di tutti gli Enti soci.

Le prestazioni di cui necessita una società in house, in quanto configurabile in termini sostanziali come organo dell’amministrazione controllante, devono essere acquisite mediante affidamenti a valle che rispettino le norme dell’evidenza pubblica. Non in è in sé illegittima la previsione dell’acquisto di lavori, servizi o forniture da parte di una società in house, a condizione che vengano rispettati i principi dell’evidenza pubblica o i requisiti per l’ulteriore affidamento in house.

Servizi alla persona e principio di rotazione

Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana. sez. giurisdizionale, 24 febbraio 2025, n. 108

Servizi pubblici – Affidamento ed esecuzione di servizi alla persona di importo inferiore alla soglia europea – Principio di rotazione – Derogabilità – Onere motivazionale rafforzato

Seppure l’art. 128 del d.lgs. n. 36/2023 inerente ai servizi alla persona non richiama le regole generali degli affidamenti sotto-soglia di cui agli artt. 48 e ss., ciò non esonera l’ente affidatario dall’obbligo di motivare adeguatamente circa la modalità di affidamento prescelta, che deve rispettare anche gli speciali principi di cui al c.3 dell’art. 128.

Se è vero che il principio di rotazione trova comunque ingresso nella disciplina degli affidamenti inerenti ai servizi sociali sotto soglia a prescindere da un espresso richiamo in forza della previsione generale di cui all’art. 49, c. 1 del codice contratti, è, altresì, vero che gli affidamenti relativi ai servizi alla persona sotto soglia soggiacciono ad una regolamentazione composita come risultante dalla combinazione della disciplina di carattere generale, comprensiva anche del principio di rotazione, e di quella di carattere speciale, contenuta nell’art. 128 del codice. Pertanto, l’interpretazione logico-sistematica del c. 8 dell’art. 128 impone che per l’affidamento e l’esecuzione di servizi alla persona di importo inferiore alla soglia europea, l’Amministrazione ben può derogare al principio generale di rotazione, previa adeguata motivazione, al fine di osservare i principi e i criteri di cui al c. 3 sopra menzionati.

Inoltre, ciò che costituisce ‘urgenza’ in una fattispecie concreta non necessariamente si deve considerare tale nel reiterarsi nel tempo dell’affidamento e che – in via generale ed astratta – l’obbligo di motivazione nell’ipotesi di affidamento diretto, anche in deroga al principio di rotazione, con riferimento ai parametri indicati nel c. 3 dell’art. 128 cit., è teso ad evitare la reiterazione ad nutum dell’affidamento diretto al medesimo operatore, in violazione del principio generale dell’accesso al mercato di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 36/2023.

Affidamento in house e oneri motivazionali

Tar Marche, Ancona, sez. I, 28 marzo 2025, n. 230

Affidamento diretto – Onere motivazionale rafforzato – Controllo di efficienza amministrativa e razionalizzazione delle risorse – Relazione esplicativa – Contenuti minimi – Preferibilità dell’affidamento in house – Ipotesi – Affidamento della gestione dei servizi pubblici locali a rete sopra soglia – Condizioni di legittimità – Valutazione – Controllo analogo

Nell’attuale quadro normativo è imposto all’amministrazione aggiudicatrice che intenda ricorre all’affidamento diretto un onere motivazionale rafforzato, che consenta un penetrante controllo della scelta effettuata anzitutto sul piano dell’efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche.

L’art. 14 c. 3 TUSPL prevede che: “Degli esiti della valutazione di cui al comma 2 si dà conto, prima dell’avvio della procedura di affidamento del servizio, in un’apposita relazione nella quale sono evidenziate altresì le ragioni e la sussistenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione europea per la forma di affidamento prescelta, nonché illustrati gli obblighi di servizio pubblico e le eventuali compensazioni economiche, inclusi i relativi criteri di calcolo, anche al fine di evitare sovracompensazioni”. La Relazione deve, quindi, avere un contenuto minimo dato da due elementi, il primo consiste nell’esito del complesso di valutazioni previste dal comma 2 del medesimo art. 14, il secondo consiste nell’evidenziazione della sussistenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione europea per la forma di affidamento prescelta. Il comma 2 prevede che “Ai fini della scelta della modalità di gestione del servizio e della definizione del rapporto contrattuale, l’ente locale e gli altri enti competenti tengono conto delle caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare, inclusi i profili relativi alla qualità del servizio e agli investimenti infrastrutturali, situazione delle finanze pubbliche, dei costi per l’ente locale e per gli utenti, dei risultati prevedibilmente attesi in relazione alle diverse alternative, anche con riferimento a esperienze paragonabili, nonché dei risultati della eventuale gestione precedente del medesimo servizio sotto il profilo degli effetti sulla finanza pubblica, della qualità del servizio offerto, dei costi per l’ente locale e per gli utenti e degli investimenti effettuati”. Sintetizzando, la Relazione deve dare conto della qualità del servizio, della situazione delle finanze pubbliche, dei costi per l’ente locale e per gli utenti con riferimento alla scelta effettuata, oltre a confrontare tale opzione con soluzioni alternative paragonabili e con esperienze precedenti, sempre evidenziando gli effetti su qualità, finanze pubbliche e sui costi (anche di investimento), per gli utenti e per l’ente locale.

Non ogni tipo di affidamento in house si rivela preferibile rispetto alla opzione outsourcing unicamente per la generica ritenuta presenza di controlli più pregnanti, ma soltanto nell’ipotesi in cui effettivamente si concepisca un efficiente sistema di pianificazione e di controllo direzionale.

Servizio idrico integrato, unicità della gestione e gestione in forma autonoma

Tar Toscana, Firenze, sez. I, 2 aprile 2025, n. 633

Servizi pubblici – Servizio idrico integrato – Gestione unica e accentrata e gestione autonoma – Rapporto regola-eccezione

La disciplina della gestione del servizio idrico integrato configura quest’ultimo quale species peculiare della nozione del “servizio pubblico”, la cui specificità è costituita dalla sussistenza di un principio di ordine generale, anche testualmente espresso (cfr. art. 149-bis, primo comma, d.lgs. n. 152/2006), di unicità della gestione in base al quale può affermarsi che la gestione unica ed accentrata costituisce la regola (arg., oltre che dal richiamato art. 149-bis, anche dall’art. 147, comma 1, d.lgs. n. 152/2006), mentre quella polverizzata e autonoma costituisce l’eccezione (arg. da 147, comma 2-bis, d.lgs. n. 152/2006). Circostanza quest’ultima confermata anche dall’art. 5 d.lgs. 201/2022.

Dalle disposizioni del d.lgs. n. 152/2006 dedicate alla materia non si evincono, invece, indicazioni circa una preferenza espressa dal legislatore in favore di alcune forme di gestione del servizio rispetto ad altre.

Dunque, se si vuol dare all’espressione “gestioni in forma autonoma esistenti” un’interpretazione coerente con le indicazioni desumibili dalla lettera delle disposizioni del decreto, deve ritenersi che l’autonomia alla quale si fa riferimento non attiene tanto alla forma di gestione prescelta dall’ente titolare del servizio, quanto piuttosto alla relazione con la “tendenza-principio” stabilita dal legislatore verso la gestione accentrata con il rapporto regola-eccezione sopra tratteggiato.

La gestione autonoma ai sensi della lettera b) costituisce così un’eccezione alla regola generale della gestione unica e in tal senso deve intendersi il requisito dell’autonomia.

Ciclo integrato dei rifiuti e integrazione verticale

Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 18 febbraio 2025, n. 140

RSU – Piano di smaltimento – Gestione integrata in senso verticale in unico lotto funzionale – Onere istruttorio e motivazionale rafforzato – Principio di proporzionalità – Salvaguardia della libera concorrenza

Il Comune può, nell’ambito della propria discrezionalità, optare per una gestione dei rifiuti integrata in senso verticale, affidando congiuntamente il servizio a monte di spazzamento, raccolta e traporto, ed il servizio a valle di recupero e smaltimento, anziché prevedere due distinti lotti funzionali, con ciascuna tipologia di servizio. Questa scelta di prevedere un unico lotto funzionale, anziché due distinti, deve essere frutto di un’adeguata istruttoria, deve essere supportata da un’idonea motivazione e deve essere proporzionata agli scopi perseguiti, com’è necessario in ogni caso in cui una stazione appaltante opti per un unico lotto anziché per lotti frazionati. L’onere istruttorio e motivazionale nonché il vincolo derivante dal rispetto dal principio di proporzionalità, sono ancora più stringenti quando la scelta di articolare la gara in un unico lotto abbia ad oggetto il servizio di gestione dei rifiuti, e l’unico lotto accorpa in sé il servizio a monte di spazzamento, raccolta e trasporto, e il servizio a valle di recupero e smaltimento, in un’ottica di gestione integrata verticale, poiché una tale scelta può determinare significativi effetti distorsivi della concorrenza.

I servizi di gondola nella città di Venezia

Tar Veneto, Venezia, sez. II, 17 gennaio 2025, n. 70

Deliberazioni comunali – Albo pretorio – Onere di pubblicazione – Atti assoggettati – Servizio pubblico – Elemento distintivo – Caratteri – Servizio di gondola nella città di Venezia – Equiparazione al servizio “taxi” – Normativa statale e regionale

Ai sensi dell’art. 124 del TUEL, sono testualmente soggette a pubblicazione all’albo pretorio del Comune tutte le deliberazioni dell’ente. Tale disposizione deve essere interpretata nel senso che la pubblicazione all’albo pretorio del Comune è prescritta per tutte le deliberazioni del Comune e della Provincia ed essa riguarda non solo le deliberazioni degli organi di governo (Consiglio e Giunta municipali), ma anche le determinazioni dirigenziali.

L’identificazione giuridica di un’attività come servizio pubblico non richiede, sotto il profilo soggettivo, la natura pubblica del gestore, bensì la sussistenza di una norma che ne preveda l’istituzione obbligatoria o ne rimetta l’organizzazione all’Amministrazione competente. L’elemento distintivo del servizio pubblico risiede, dunque, nelle regole pubbliche che ne disciplinano lo svolgimento e nella doverosità della sua prestazione. In questa prospettiva, l’attività deve presentare un carattere economico e produttivo, generando utilità a favore di una collettività di utenti o, comunque, di terzi beneficiari. Tali utilità possono consistere tanto nella fruizione di servizi indivisibili quanto nella soddisfazione di bisogni individuali.

La normativa di riferimento in materia di “servizio di gondola nella città di Venezia” è costituita dalla l. 15 gennaio 1992, n. 21, c.d. Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea (taxi e noleggio con conducente), e dalla legge regionale della Regione Veneto 30 dicembre 1993, n. 63, la quale, nell’art. 3, comma 2, lett. a), include lo stesso nella nozione di servizio pubblico non di linea di trasporto di persone, equiparandolo al “servizio di taxi”. In particolare, la legge regionale attribuisce al Comune di Venezia il compito di istituire e organizzare il servizio di gondola, delegando ad esso tutte le funzioni amministrative in materia, incluse le procedure per la selezione degli aspiranti al rilascio delle licenze (artt. 22, 23 e 27, l.r. n. 63 del 1993). Tale servizio, per il suo carattere economico e produttivo, e per i benefici che genera a favore di una collettività di utenti, deve essere qualificato come servizio pubblico a tutti gli effetti, al pari del servizio di taxi, indipendentemente dalla natura pubblica o privata del soggetto gestore (ossia del soggetto che, una volta ammesso alla graduatoria, abbia ottenuto la licenza per esercitare l’attività di trasporto). A conferma di ciò, la legge regionale n. 63 del 1993, all’art. 23, stabilisce espressamente che “il servizio pubblico di gondola rientra nei servizi pubblici non di linea di cui alla legge 15 gennaio 1992, n. 21” (comma 1).

Società in house e controllo analogo “congiunto”

Consiglio di Stato, sez. IV, 21 gennaio 2025, n. 416

Servizi pubblici – In house providing – Natura giuridica – Presupposti – Controllo analogo – Controllo analogo congiunto – In house pluripartecipato – Condizioni

In linea con gli artt. 12 della direttiva 2014/24/UE e 5 del codice dei contratti pubblici, affinché il requisito del controllo analogo in caso di società in house pluripartecipata sia soddisfatto, occorre che le Amministrazioni pubbliche in possesso di partecipazioni di minoranza possano comunque esercitare il controllo analogo in modo congiunto e che:

a) gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero, siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti;

b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’organismo controllato, secondo le regole generali elaborate con riguardo all’in house providing tradizionale sin dalla sentenza della Corte di Giustizia Teckal (8 novembre 1999, C-107/98);

c) l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti.

Dal complesso di tali previsioni emerge in definitiva l’esistenza di rilevanti deroghe ai meccanismi tipici di funzionamento delle società di capitali, tali da assicurare ai soci pubblici, collettivamente considerati, un’influenza determinante e un controllo effettivo sulla gestione dell’ente partecipato, attraverso poteri di condizionamento sull’operato del management in grado di conformare l’azione di quest’ultimo agli interessi pubblici di cui il singolo ente pubblico partecipante è portatore.

Premessa la natura ordinaria e non eccezionale del cosiddetto “in house”, i presupposti necessari ai fini della legittimità dell’affidamento diretto sono: la totale partecipazione pubblica del capitale della società incaricata della gestione del servizio; la realizzazione, da parte della suddetta società, della parte preponderante della propria attività con gli enti controllanti; il controllo analogo sulla società partecipata da parte dei medesimi enti (cosiddetto controllo frammentato o congiunto). A quest’ultimo riguardo, è ammesso il controllo analogo “congiunto”, in cui non si richiede certo che ciascuno degli enti pubblici partecipanti possa esercitare un potere individuale su tale entità, bensì che ciascuna delle autorità stesse partecipi sia al capitale, sia agli organi direttivi dell’entità suddetta.

A proposito nell’in house pluripartecipato le Amministrazioni pubbliche, in possesso di partecipazioni di minoranza, possono esercitare il controllo analogo in modo congiunto con le altre, a condizione che siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti;

b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’organismo controllato;

c) l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti.

Società in house pluripartecipata e controllo analogo congiunto

Tar Lazio, Roma, sez. I, 27 dicembre 2024, n. 23479

Servizi pubblici – In house providing – Organismi pluripartecipati – Controllo analogo – Modalità operative

La sussistenza del controllo analogo nel caso degli organismi pluripartecipati deve essere vagliata non in relazione alla posizione del singolo ente, bensì in modo ‘globale e sintetico’ (i.e.: in relazione all’influenza determinante collettivamente esercitata). In base a tale ottica, il controllo deve intendersi assicurato anche se svolto non individualmente, ma congiuntamente dagli enti associati, deliberando anche a maggioranza, ma a condizione che sia effettivo; dovendo tale requisito essere verificato secondo un criterio sintetico e non atomistico, sicché è sufficiente che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario, purché effettivo e reale, sia esercitato dagli enti partecipanti nella loro totalità, senza che necessiti una verifica della posizione di ogni singolo ente.