GIURISPRUDENZA

Ordinanza di demolizione ed effetti dell’inottemperanza

Tar Marche, Ancona, sez. I, 30 aprile 2024, n. 429

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Inottemperanza – Effetti giuridici – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Natura giuridica

L’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem – l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora, per la prima volta, sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva, in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva).

L’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato.

Servizi pubblici locali, affidamento e oneri motivazionali

Tar Sicilia, Catania, sez. V, 30 aprile 2024, n. 1577

Servizi pubblici – Servizio Idrico Integrato – Gestione – Ambiti territoriali ottimali – Normativa statale e della Regione Sicilia – Affidamenti in house di importo superiore alle soglie di rilevanza europea – Onere motivazionale rafforzato

La normativa di settore in materia di Servizio Idrico Integrato, dalla Legge n. 36/1994 (c.d. Legge Galli) fino alle pertinenti disposizioni del d.lgs. n. 152/2006, è interamente incentrata sulla necessità di organizzare la gestione del Servizio Idrico Integrato per ambiti territoriali sovracomunali, con individuazione del soggetto unico incaricato della gestione del servizio in ciascun ambito territoriale individuato.

In Sicilia, in applicazione della l. r. n. 19 del 2015, l’Ente di Governo d’Ambito, di cui al d.l. n. 133/2014 (che ha sostituito le preesistenti Autorità d’Ambito), è rappresentato dall’Assemblea Territoriale Idrica (A.T.I.), costituita dai Sindaci di tutti i Comuni ricadenti nel territorio dell’Ambito, la cui perimetrazione è rimasta coincidente con i limiti territoriali delle ex Province regionali.

Per la scelta del modello della società mista, non è richiesta una “qualificata motivazione”: essa, invece, è dovuta, ai sensi dell’art. 17 del d. lgs. n. 201 del 2022, per il caso di affidamenti in house di importo superiore alle soglie di rilevanza europea in materia di contratti pubblici.

Servizio idrico integrato e gestioni autonome

Tar Sicilia, Palermo, sez. I, 29 aprile 2024, n. 1434

Servizi pubblici – Servizio Idrico Integrato – Principio dell’unicità della gestione – Eccezioni – Gestione autonoma – Presupposti – Condizioni di salvaguardia

Il legislatore nazionale, in deroga al principio dell’unicità della gestione, ha inteso salvaguardare quegli affidamenti in forma autonoma che diano sicure garanzie di efficienza nell’uso della risorsa idrica, e per i quali un altro gestore – come quello unico di ambito – non potrebbe fare meglio.

La gestione autonoma si caratterizza, quindi, per essere un’eccezione alla regola generale della gestione unica, consentita solo qualora sia dimostrata una efficienza ed efficacia – e, dunque, una vera e propria eccellenza – che andrebbe perduta con la gestione aggregata. L’efficienza, in particolare, è uno dei presupposti per poter configurare l’eccezione della gestione autonoma del servizio idrico integrato (SII), che, altrimenti, per regola generale, deve essere unitaria.

La fattispecie prevista dall’art. 147, comma 2 -bis del d.lgs. n.152/2006 consente – solo in casi eccezionali – a singoli Comuni, la gestione in forma autonoma del SII; si tratta di norma derogatoria ed eccezionale, che deve essere interpretata in modo rigoroso e restrittivo, atteso che una più ampia interpretazione comporterebbe l’effetto di vanificare il principio dell’unicità di gestione per ambiti territoriali ottimali, riducendone fortemente la portata applicativa. A tal fine, come si evince dall’art. 147, co. 2 bis, sono poste delle stringenti condizioni cumulativamente richieste dalla norma (cd. condizioni di salvaguardia), le quali devono essere accertate ed esistenti al momento in cui si valuta la salvaguardia della gestione.

Pianificazione urbanistica e competenze

Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 18 aprile 2024, n. 1150

Pianificazione urbanistica – Approvazione delle proposte di piano attuativo – Competenza degli organi di governo del Comune – Responsabile del procedimento – Normativa Regione Lombardia

Dispone l’art. 42, comma 2, lett. b) del TUEL n. 267/2000 che il Consiglio comunale, organo di indirizzo e controllo politico amministrativo, ha competenza, tra l’altro, sull’adozione di “programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie”. In particolare, si è ritenuto che la Giunta possa approvare il piano attuativo quando questo è coerente con il P.R.G. (o strumento equipollente), mentre l’esigenza di modifica di quest’ultimo, implicata dal piano attuativo, attiva la competenza del Consiglio.

Con particolare riferimento alla normativa regionale Lombarda, la competenza viene radicata in capo alla Giunta anche in virtù dell’art. 14 comma 1 L.R. 12/2005, a norma del quale: «1. I piani attuativi e loro varianti, conformi alle previsioni degli atti di PGT, sono adottati dalla giunta comunale; […]», anche dell’art. 14 comma 1 bis della medesima legge regionale: «1 bis. All’interno del tessuto urbano consolidato, la modalità di attuazione delle previsioni stabilite a mezzo di piano attuativo conforme al PGT è il permesso di costruire convenzionato ai sensi dell’articolo 28 bis del d.p.r. 380/2001, non applicabile nel caso di interventi su lotti liberi e fatta salva la facoltà del proponente di procedere con piano attuativo in luogo del permesso di costruire convenzionato. La convenzione relativa al permesso di costruire di cui al presente comma ha i medesimi contenuti della convenzione di cui all’articolo 46 ed è approvata dalla giunta comunale».

Il Responsabile del Procedimento, nell’ambito della titolarità del potere istruttorio ad esso conferito dall’art. 6 L. 241/1990, e in virtù dell’art. 14 L.R. Lombardia 12/2005 (per cui lo stesso può richiedere le integrazioni documentali o le modifiche progettuali ritenute necessarie per l’adeguamento dello stesso alle prescrizioni normative vigenti), può «vagliare la conformità e l’adeguabilità della proposta di Piano attuativo alle norme vigenti, inclusi gli strumenti urbanistici generali; inoltre, tale funzione svolta dal Responsabile del procedimento risponde anche ai principii di efficienza e di speditezza che presiedono all’azione amministrativa, poiché evita che gli organi politico-rappresentativi debbano esaminare istanze palesemente prive dei presupposti o rispetto alle quali è già stato emanato un atto di indirizzo di segno negativo».

Variante urbanistica e oneri di comunicazione

Consiglio di Stato, sez. V, 16 aprile 2024, n. 3456

Pianificazione urbanistica – Variante – Obbligo di notifica

La variante urbanistica, qualora riguardi beni specifici ed incida direttamente su determinati soggetti, ha carattere particolare e la Pubblica amministrazione ha l’obbligo di notificare agli interessati il provvedimento, dalla cui esecuzione decorre il termine di impugnazione dell’atto.

Ordinanza-ingiunzione e diritto di accesso

Tar Lombardia, Milano, sez. V, 26 aprile 2024, n. 1262

Procedimento amministrativo – Ordinanza ingiunzione – Natura giuridica – Documento amministrativo – Nozione – Accesso di terzi – Presupposti e condizioni – Interesse concreto e attuale – Onere probatorio e motivazionale – Vicinitas

In linea generale, non sussiste alcun rapporto di “specialità” tra la L. n. 241/90 e la L. n. 689/81 o il D. Lgs. n. 285/92, né tantomeno questi ultimi contengono norme che limitano o condizionano il diritto di accesso agli atti e ai provvedimenti conclusivi del procedimento sanzionatorio da parte dei terzi.

La L. n. 689/81 non disciplina il diritto di accesso agli atti del procedimento (né lo esclude in capo ai soggetti terzi).

Gli atti di accertamento, contestazione e la stessa ordinanza-ingiunzione disciplinati dalla legge n. 689/81 (artt. 13, 14 e 18) non si sottraggono alla nozione di “documento amministrativo” di cui alla successiva L. n. 241/90. Ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d) L. n. 241/90, in particolare, è da considerarsi documento amministrativo “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.

Sul piano generale, deve essere disattesa la prospettazione volta ad escludere dall’accesso dei terzi gli atti dei procedimenti sanzionatori, atteso che non esiste alcuna previsione normativa che ponga un divieto generale all’accesso di terzi ai documenti acquisiti nell’ambito di procedimenti amministrativi sanzionatori e che, anche in relazione a tale tipologia di procedimenti, occorre aver riguardo non già alla relazione dell’istante con il procedimento nel cui ambito la res exhibenda sia stata acquisita dalla pubblica amministrazione, bensì alla relazione esistente tra documento amministrativo e necessità dell’istante di ‘curare’ o ‘difendere’ un proprio interesse giuridico.

In ordine alla posizione dell’autore dell’esposto, secondo un orientamento giurisprudenziale,  la semplice presentazione di una denuncia non fonda, ex se e sempre una situazione giuridicamente tutelata ai sensi dell’art. 22 l. n. 241/1990 legittimante alla richiesta d’accesso, dovendosi verificare se in base ad essa il denunciante risulti allegare un proprio interesse, diretto concreto e attuale giuridicamente rilevante e per la cui tutela sono necessari i documenti richiesti alla pubblica amministrazione. Invero, le concorrenti circostanze di aver avanzato un esposto che ha dato luogo a un procedimento disciplinare, e di aver promosso per i medesimi fatti denunciati in sede disciplinare un giudizio civile, legittimano all’accesso nei confronti degli atti di tale procedimento disciplinare. È da ritenere inconferente, al fine di escludere la legittimazione all’accesso, l’estraneità dell’autore dell’esposto al procedimento disciplinare e la sua conseguente qualità di terzo rispetto al medesimo.

Secondo un diverso orientamento, è riconosciuto il diritto di accesso agli atti di un procedimento al soggetto che, mediante denuncia, esposto, segnalazione, etc., ha provocato l’avvio del procedimento stesso, soprattutto quando dalla denuncia è scaturito un procedimento amministrativo conclusosi con l’adozione di atti sanzionatori.

La circostanza che l’autore dell’esposto sia “estraneo” al procedimento sanzionatorio non significa che non abbia interesse all’accesso al provvedimento conclusivo, dovendo, invece, comprovare in maniera adeguata, anche con gli scritti difensivi depositati nel corso del giudizio, il proprio concreto ed attuale interesse rispetto all’istanza di accesso.

Nel caso dell’accesso agli atti del procedimento ex L. n. 689/81, il problema si sposta sulle condizioni e sui presupposti dell’accesso, essendo noto che (a differenza della disciplina in materia di accesso civico generalizzato) la l. n. 241/1990, agli art. 22 e ss., è rigorosa nello scandire i presupposti ineliminabili che devono imprescindibilmente ricorrere ai fini dell’accesso agli atti: la legittimazione a richiedere l’accesso agli atti amministrativi presuppone la dimostrazione che gli atti oggetto dell’istanza siano in grado di spiegare effetti diretti o indiretti nella sfera giuridica dell’istante; la posizione da tutelare deve risultare comunque collegata ai documenti oggetto della richiesta di accesso; il rapporto di strumentalità appena descritto deve, poi, apparire dalla motivazione enunciata nella richiesta di accesso.

Per ottenere l’accesso ad un documento in possesso dell’amministrazione, è necessario che il richiedente sia titolare di una situazione giuridicamente tutelata ed a questo collegata che, nel caso si tratti di pratiche edilizie di altro soggetto, ben può identificarsi con la proprietà di un immobile confinante con quello interessato dall’intervento, dunque con la vicinitas, nonché abbia un interesse all’ostensione, nei termini della sua strumentalità alla tutela della situazione soggettiva che fonda la legittimazione.

Il requisito della vicinitas attribuisce di per sé un interesse diretto, concreto e attuale a conoscere gli atti e i documenti del procedimento abilitativo delle attività edilizie del confinante, al fine di verificare la legittimità del titolo e la conformità delle opere al medesimo, e parimenti i provvedimenti sanzionatori adottati dall’Amministrazione; detta posizione, in quanto qualificata e differenziata e non meramente emulativa o preordinata ad un controllo generalizzato dell’azione amministrativa, basta, ai sensi dell’art. 22, l. n. 241 del 1990, a legittimare il diritto di accesso alla documentazione amministrativa richiesta.

Accesso ai pareri legali

Tar Sardegna, Cagliari, sez. II, 26 aprile 2024, n. 332

Procedimento amministrativo – Istruttoria – Acquisizione di parere legale – Accesso documentale

Il parere legale richiesto dal Comune in sede istruttoria e al fine di assumere una decisione, in sede amministrativa, è sottoposto all’ordinaria disciplina sull’accesso ai documenti, avendo concretamente inciso sulla decisione in sede amministrativa di un determinato procedimento, quand’anche la suddetta decisione non contenga richiami espressi al parere legale richiesto.

Imputabilità delle ordinanze contingibili e urgenti

Tar Veneto, Venezia, sez. III, 24 aprile 2024, n. 786

Ordinanze contingibili e urgenti – Imputazione giuridica – Presupposti e limiti – Onere motivazionale e istruttorio rafforzato – Esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici

L’imputazione giuridica allo Stato degli effetti delle ordinanze contingibili e urgenti adottate dal Sindaco ha natura meramente formale, in quanto quest’ultimo, pur agendo nella veste di ufficiale di Governo, resta incardinato nel complesso organizzativo dell’ente locale, con la conseguente imputabilità dell’atto al Comune e non allo Stato, al pari della conseguente responsabilità.

L’esercizio legittimo dell’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente, trattandosi di manifestazione di un potere residuale e atipico, a rischio di frizione con il principio di legalità dell’azione amministrativa, è condizionato dall’esistenza dei presupposti tassativi, di stretta interpretazione, di pericolo per l’igiene, la sanità o l’incolumità pubblica, pericolo che deve essere peraltro dotato del carattere di eccezionalità tale da rendere indispensabile interventi immediati ed indilazionabili.

La capacità delle ordinanze extra ordinem di derogare a norme legislative vigenti è consentita solo se temporalmente delimitata e comunque nei limiti della concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare; l’assoluta imprevedibilità della situazione da affrontare non è un presupposto indefettibile per l’adozione delle ordinanze sindacali extra ordinem; l’ordinanza può essere adottata solo ove non sia possibile fronteggiare la situazione con i provvedimenti tipici già previsti dall’ordinamento; la situazione di pericolo deve essere attuale rispetto al momento dell’adozione del provvedimento; le ordinanze contingibili ed urgenti devono essere adeguatamente motivate ed istruite.

Incarichi dirigenziali e motivazione

Consiglio di Stato, sez. V, 23 aprile 2024, n. 3717

Attribuzione di qualifiche dirigenziali – Incarichi a contratto – Onere motivazionale – Principi dell’azione amministrativa

Con riferimento alla procedura di cui all’art. 110 comma 1 del TUEL, v’è un obbligo di specifica motivazione della scelta, che comporta l’indicazione dei presupposti per l’attribuzione di incarichi dirigenziali a soggetti esterni, fra cui il conferimento a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione. Ciò è espressione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa e, quindi, dei principi di imparzialità e buon andamento della Amministrazione stessa (art. 97 Cost.), oltre che di correttezza e buona fede nella scelta del contraente.