Servizi pubblici e società partecipate degli enti locali

Società pubbliche e diritto di accesso dei consiglieri comunali

Tar Toscana, Firenze, sez. I, 10 ottobre 2024, n. 1143

Diritto di accesso del consigliere comunale ex art. 43 TUEL – Ratio – Utilità – Onere motivazionale – Limiti – Diritto di accesso degli enti dipendenti dall’Ente locale ex art. 37 TUEL – Società partecipate – Dipendenza – Condizioni – Controllo analogo – Società a controllo pubblico – Influenza dominante

La ratio della norma che disciplina il peculiare diritto di accesso, ex art. 43 TUEL, riposa nel principio democratico correlato al riconoscimento delle autonomie locali (cfr. art. 114 Cost.) e della rappresentanza politica spettante ai componenti degli organi elettivi.

Tale diritto risulta direttamente funzionale non tanto all’interesse del consigliere comunale in quanto tale, ma alla cura dell’interesse pubblico connessa al munus e al mandato conferito, in quanto preordinato al controllo dell’attività e dei comportamenti degli organi decisionali dell’ente. Per tale ragione, il riferimento normativo alla “utilità” della pretesa ostensiva non va acquisito nel senso restrittivo della stretta connessione con l’attività espletata (o da espletare) nell’esercizio dell’attività di componente del Consiglio, ma in quello, lato, della strumentalità rispetto alla valutazione degli interessi pubblici, anche in funzione di generico controllo: l’esercizio del diritto non è soggetto ad alcun onere motivazionale, che – del resto – si risolverebbe, con inversione funzionale, in una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio del mandato politico. Gli unici limiti si rinvengono, per tal via, nel principio di strumentalità, inerenza e proporzionalità, nel senso che l’esercizio del diritto deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche, ovvero meramente emulative o di disturbo, che si traducano in un sindacato generale, indifferenziato e non circostanziato sull’attività amministrativa, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto, al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto medesimo. Alla luce di quanto sopra, deve essere interpretato il secondo comma dell’art. 37 del TUEL, individuando, in questa prospettiva, la ragione della positiva estensione dell’accesso nei confronti delle “aziende” e, più in generale, degli “enti dipendenti” dall’ente locale, che ne sono, pur nella formale distinzione soggettiva, mere articolazioni funzionali, con rilevanza infraorganizzativa. Tuttavia, il diffondersi del fenomeno della costituzione di società partecipate dall’ente locale, che ha trovato la propria disciplina generale nel d. lgs. n. 175 del 2016, ha stimolato – tenendo conto delle diverse forme e grado di partecipazione pubblica (totalitaria, maggioritaria o solo minoritaria) al capitale sociale e, di conseguenza, della diversa misura di influenza delle scelte operate dal decisore pubblico sull’attività societaria – un’interpretazione più ampia del concetto di “dipendenza”, che, deve ritenersi circoscritto alle situazioni in cui il soggetto, indipendentemente dalla sua natura e dalle forme della sua organizzazione, ricada sotto il “dominio” dell’ente locale, che vi partecipa ai fini della migliore valorizzazione, anche strumentale, degli interessi pubblici. Tale situazione di “dipendenza” va senza dubbio riconosciuta nel caso di società in house, in diretto collegamento al requisito del “controllo analogo”, che realizza una equipollenza rispetto alle funzioni esercitate a mezzo degli uffici interni: in tal caso, la relazione di “dipendenza” si specifica e connota in termini di “influenza determinante” in ordine agli “obiettivi strategici” ed alle “decisioni significative” assunte dalla società controllata. Situazione analoga, anche se meno intensa, si presenta nel caso delle società “a controllo pubblico”, per le quali la relazione di “controllo” (che l’art. 2, comma 1 lett. b) del d.lgs. n. 175 del 2016 individua con richiamo alla ordinaria disciplina civilistica, di cui all’art. 2359 c.c.) si specifica nel senso: a) della partecipazione in forma maggioritaria al capitale sociale, idonea ad instaurare, di diritto, un dominio delle decisioni assembleari (art. 2359, comma 1, n. 1); b) della possibilità – attribuita “da norme di legge o statutarie o di patti parasociali” – di condizionare, con il proprio necessario assenso, “le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale” (cfr. art. 2, comma 1, lett. b), secondo alinea d.lgs. n. 175 del 2016): situazione sovrapponibile a quella di una “influenza dominante”, prefigurata, sotto la specie del c.d. controllo interno di fatto, dall’art. 2359, comma 1, n. 2 c.c.

Le relazioni di “influenza determinante” (propria della situazione di “controllo analogo” della partecipazione in house) e di “influenza [semplicemente] dominante” (propria della situazione di “controllo”, di diritto o di fatto) marcano, alla luce della più volte evidenziata logica del riconoscimento del potere di accesso ai consiglieri comunali (o provinciali), il limite normativo della “dipendenza”, al di sotto del quale il rilievo qualificato del munus pubblico diviene, ai fini in questione, recessivo, di tal che le esigenze conoscitive ed ostensive refluiscono, secondo i relativi presupposti e con i relativi limiti, negli strumenti strettamente civilistici (inerenti alle forme di controllo consentite al socio in quanto tale) o pubblicistici (accesso ordinario).

L’art. 43 TUEL non può trovare applicazione nel caso di società a partecipazione pubblica minoritaria, per le quali il soggetto pubblico non ha poteri di influenza qualificata, sicché non sussiste, nei rapporti con la società, una relazione di “dipendenza”, nel senso sopra precisato.

Il diritto d’accesso del consigliere comunale, così come previsto dall’art. 43 T.U. 267/2000 può riguardare gli uffici comunali, le aziende speciali e le società di gestione di servizi pubblici in cui il Comune abbia partecipazione totalitaria oppure maggioritaria, ma non può investire attività di altri soggetti o enti, soprattutto di natura privata.

Per potersi ritenere sussistente una situazione di dipendenza, rispetto all’ente partecipante (declinata in termini funzionali e non strutturali) debbono sussistere due condizioni strettamente correlate l’una all’altra: a) anzitutto, si deve trattare di una influenza effettiva in grado di incidere sulle decisioni fondamentali dell’assemblea (arg. ex art. 2, comma 1, lett. b) d. lgs. cit., che richiama le decisioni (finanziarie o gestionali) “strategiche”; b) inoltre, deve aversi riguardo ad assetto di poteri, sia pure di fatto, stabile e non occasionale, che consenta, cioè, al soggetto partecipante all’assemblea (e, segnatamente, al rappresentante dell’ente pubblico) di disporre con relativa continuità della maggioranza sufficiente per poter ottenere l’approvazione delle principali (e maggiormente significative) deliberazioni assembleari (non essendo, in definitiva, sufficiente una influenza contingente, discontinua, quand’anche “notevole”, di per sé non idonea a strutturare una forma di “controllo”, nel rigoroso senso prescritto: arg. a contrario ex art. 2359, ult. cpv. c.c.

Non sussiste il diritto di accesso del consigliere comunale ai dati di una società a capitale pubblico nel caso di una partecipazione insufficiente a esprimere la relazione di dipendenza.

Servizi sociali e terzo settore

Tar Lombardia, Milano, sez. II, 1 ottobre 2024, n. 2533

Servizi sociali – Gestione – Principio di sussidiarietà orizzontale – Co-programmazione e co-progettazione – Terzo settore

La gestione di servizi sociali può essere affidata dalle amministrazioni pubbliche mediante forme di co-programmazione e co-progettazione con gli enti del terzo settore, per l’individuazione dei bisogni da soddisfare, degli interventi necessari e delle modalità di realizzazione degli stessi, ai sensi degli artt. 55 e 56 del d.lgs. n. 117 del 3 luglio 2017 (codice del terzo settore), che rappresentano un modello alternativo, espressione del principio di sussidiarietà orizzontale, a quello caratterizzato dall’acquisizione di beni e servizi mediante lo strumento dell’appalto pubblico o della concessione di cui al d.lgs. n. 36 del 31 marzo 2023 (codice dei contratti pubblici), il cui art. 6 infatti precisa che gli istituti di cui al Titolo VII del codice del terzo settore – che comprende gli artt. 55 e 56 – non rientrano nel campo di applicazione del codice dei contratti pubblici, le cui norme non sono quindi applicabili a siffatte procedure.

Minori disabili, piano educativo individualizzato e risorse comunali

Consiglio di Stato, sez. III, 12 agosto 2024, n. 7089

Assistenza scolastica – Alunno minore disabile – Piano educativo individualizzato – Risorse disponibili – Discrezionalità – Ore di sostegno didattico e misure di sostegno ulteriori

È legittimo il provvedimento del Comune che assegni un numero di ore di assistenza scolastica per la promozione dell’autonomia e della comunicazione dell’alunno minore con disabilità in misura inferiore a quanto indicato nel piano educativo individualizzato (P.E.I.) e richiesto dal dirigente scolastico, non essendo il P.E.I. vincolante per l’ente locale, in capo al quale residua un margine di apprezzamento discrezionale, da esercitarsi con prudente equilibrio, a mente del rango fondamentale dei diritti sottesi alle misure di inclusione scolastica, in relazione al complesso delle risorse disponibili.

In relazione alle ore di sostegno didattico, il P.E.I. non vincola il dirigente scolastico, seppure il suo apprezzamento non involga l’indisponibilità di insegnanti di sostegno e di risorse economiche, ma solo ragioni obiettive che possono consistere nella manifesta irragionevolezza, erroneità, contraddittorietà della documentazione, o nella possibilità che a fronte di due o più alunni disabili nella stessa classe, sia concretamente sufficiente un unico insegnante di sostegno per tutti.

Servizi funebri, servizi di ambulanza di trasporto e tutela del mercato

Tar Calabria, Reggio Calabria, ordinanza 30 luglio 2024, n. 503

Servizi pubblici – Sanità pubblica – Servizio di ambulanza di trasporto – Divieto di accesso al mercato – Imprese funebri – Regione Calabria

È rilevante e non manifestamente infondata, per violazione degli articoli 117, comma 2, lett. e), 41 e 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, lett. a), della legge della Regione Calabria, 7 agosto 2023, n. 38 (avente ad oggetto la modifica dell’art. 7, comma 4, della l.reg. 29 novembre 2018, n. 48), limitatamente all’inciso “servizio di ambulanza…nonché ogni altro servizio parasanitario, socioassistenziale o assimilabile”. Questo in ragione del fatto che i divieti e gli obblighi posti in capo alle imprese autorizzate al servizio di NCC, per essere legittimi, devono essere adeguati e proporzionati rispetto allo scopo da perseguire l’esigenza di una connessione razionale tra il mezzo predisposto dal legislatore ed il fine che questi intende perseguire. Tale connessione difetta nella disposizione censurata, che introduce il divieto di accesso al mercato del servizio di ambulanza di trasporto nei confronti di una specifica categoria di operatori economici (le imprese funebri), non giustificato da motivi imperativi di interesse generale e con vulnerazione del confronto concorrenziale nonché della stessa libertà garantita dal primo comma dell’art. 41 della Costituzione.

Gestione dei rifiuti, servizi a rete, affidamento in house e obbligo di allegazione di un piano economico-finanziario

Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 24 giugno 2024, n. 555

In house providing – Servizi pubblici locali a rete – Definizione – Servizio di gestione dei rifiuti – Obbligo di allegazione del piano economico-finanziario asseverato

L’art. 17, comma 4, d.lgs. n. 201/2022 (rubricato “Affidamento a società in house”) dispone che “Per i servizi pubblici locali a rete, alla deliberazione di cui al comma 2 è allegato un piano economico-finanziario che, fatte salve le discipline di settore, contiene anche la proiezione, su base triennale e per l’intero periodo di durata dell’affidamento, dei costi e dei ricavi, degli investimenti e dei relativi finanziamenti, nonché la specificazione dell’assetto economico-patrimoniale della società, del capitale proprio investito e dell’ammontare dell’indebitamento, da aggiornare ogni triennio. Tale piano deve essere asseverato da un istituto di credito o da una società di servizi iscritta all’albo degli intermediari finanziari ai sensi dell’articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o da una società di revisione ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, o da revisori legali ai sensi del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39”. L’art. 2, comma 1, lett. d), del medesimo d.lgs. definisce “«servizi di interesse economico generale di livello locale a rete» o «servizi pubblici locali a rete»: i servizi di interesse economico generale di livello locale che sono suscettibili di essere organizzati tramite reti strutturali o collegamenti funzionali necessari tra le sedi di produzione o di svolgimento della prestazione oggetto di servizio, sottoposti a regolazione ad opera di un’autorità indipendente”.

La definizione di servizi pubblici locali a rete fa riferimento alle caratteristiche oggettive, strutturali e funzionali, del servizio pubblico, a prescindere dall’attivazione o meno degli ambiti territoriali ottimali (ATO). Del pari, l’art. 17, comma 4, nel prevedere l’obbligo della predisposizione del PEF per gli affidamenti in house dei servizi pubblici locali a rete, non lo subordina alla previa attivazione dei suddetti ambiti territoriali ottimali.

Partecipazioni societarie delle PA e obblighi di consultazione pubblica

Tar Lombardia, Milano, sez. I, 25 giugno 2024, n. 1973

Atto deliberativo comunale di affidamento in house di un servizio – Consultazione pubblica – Forme – Idoneità – Ratio

L’art. 5, comma 2, del n. 175/2016, prescrive che, in caso di acquisto di partecipazioni o di costituzione di società, “Gli enti locali sottopongono lo schema di atto deliberativo a forme di consultazione pubblica, secondo modalità da essi stessi disciplinate”.

La previsione normativa detta una specifica regola in relazione al procedimento di adozione della deliberazione comunale di affidamento in house di un servizio. Gli Enti, infatti, devono prevedere (“secondo modalità da essi stessi disciplinate”) “forme di consultazione pubblica” in modo da consentire agli operatori del settore interessati all’affidamento in gestione del servizio di formulare idonee e tempestive osservazioni in ordine alla scelta comunale di adottare il modulo procedimentale dell’in house che esclude, invece, il ricorso al mercato per l’affidamento in gestione dello stesso. L’Ente è quindi chiamato a disciplinare e individuare lo strumento (“forme”) in grado di assicurare la consultazione degli operatori e ciò implica, necessariamente, sia la previa pubblicazione dello schema di atto deliberativo tramite mezzi di comunicazione in grado di garantire l’effettiva diffusione della scelta amministrativa agli operatori sia la previsione di un termine entro cui poter formulare, da parte degli interessati, osservazioni di metodo e di merito a quella scelta.

La pubblicazione all’albo pretorio e sul sito web del Comune, senza indicazione di un termine per le osservazioni, non costituisce una “forma” idonea di “consultazione pubblica” ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.lgs. 175/2016, non assicurando che gli operatori del settore possano venire a conoscenza della volontà del Comune di procedure all’affidamento di un proprio servizio tramite il modulo dell’in house. Tale forma di comunicazione è infatti generica in quanto è riservata, per legge, alla pubblicazione degli atti deliberativi del Comune, mentre il legislatore ha imposto, per il procedimento di affidamento in house, una forma di comunicazione specifica sia in relazione al contenuto sia in relazione ai suoi destinatari. Inoltre, agli operatori non viene offerta la possibilità di presentare osservazioni, né vien indicata la forma e il termine entro cui le osservazioni possono essere presentate.

La disposizione normativa richiamata detta condizioni minime effettive di partecipazione amministrativa che devono essere garantite in astratto dall’amministrazione comunale a tutti gli operatori del settore, a prescindere dalla circostanza che poi, di fatto, gli operatori si avvalgano di tali garanzie.

Insolvenza delle società in house e responsabilità dell’ente locale socio

Consiglio di Stato, sez. IV, 24 giugno 2024, n. 5577

Servizi pubblici – In house providing – Pubblicità legale – Disciplina giuridica – Rapporto Ente locale-società – Insolvenza – Principi di concorrenza e uguaglianza nel mercato – Controllo analogo – Responsabilità

L’utilizzazione dello schema societario non costituisce uno schermo, ma un modulo organizzativo caratterizzato da una maggiore snellezza operativa mediante il quale l’ente svolge i servizi pubblici con una entità, la società, che è autonoma quanto all’imputazione dei rapporti giuridici rispetto all’ente medesimo.

Per le società in house, così come per quelle miste, non è prevista alcuna apprezzabile deviazione rispetto alla comune disciplina privatistica delle società di capitali; donde, soltanto nella veste di socio l’ente pubblico può influire sul funzionamento della società, avvalendosi non di poteri pubblicistici ma dei soli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri presenti negli organi della società; il rapporto tra la società e l’ente locale è, cioè, di sostanziale autonomia.

In tema di società partecipate dagli Enti locali, la scelta del legislatore di consentire l’esercizio di determinate attività a società di capitali, e dunque di perseguire l’interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico, comporta che queste assumano i rischi connessi alla loro insolvenza, pena la violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrano in rapporto ed attesa la necessità del rispetto delle regole della concorrenza, che impone parità di trattamento tra quanti operano all’interno di uno stesso mercato con identiche forme e medesime modalità. Il profilo pubblicistico della società in house appare ispirato dal mero obiettivo di eccettuare l’affidamento diretto alle norme concorrenziali, ma senza che possa dirsi nato, ad ogni effetto e verso i terzi, un soggetto sovra qualificato rispetto al tipo societario eventualmente assunto. Su tale società, si determina solo una responsabilità aggiuntiva (contabile) rispetto a quella comune, ma senza il prospettato effetto di perdere l’applicazione dello statuto dell’imprenditore. Il sistema di pubblicità legale, mediante il registro delle imprese, determina nei terzi un legittimo affidamento sull’applicabilità alle società ivi iscritte di un regime di disciplina conforme al nomen iuris dichiarato, affidamento, che, invece, verrebbe aggirato ed eluso qualora il diritto societario venisse disapplicato e sostituito da particolari disposizioni pubblicistiche.

Il tema del controllo da parte dell’Ente riguarda lo svolgimento del servizio; mentre la guida e la responsabilità della gestione riguarda gli amministratori eventualmente responsabili ai sensi, ora, dell’art 12 d.lgs. 175/2016, ma anche antecedentemente secondo quanto già, in modo chiaro, ritenuto dalla giurisprudenza; ma ciò non può comportare una responsabilità patrimoniale dell’ente titolare delle quote.

Tariffe del servizio idrico integrato e principio di retroattività

Consiglio di Stato, sez. IV, 17 giugno 2024, n. 5388

Servizio idrico – Procedimento amministrativo – Principio dell’irretroattività dell’azione amministrativa – Tariffe idriche – Aggiornamento – Potere di approvazione – Ratio – Procedimento – Enti d’ambito – Silenzio assenso

L’atto amministrativo non può, di regola, produrre effetti retroattivi, ovvero da un momento anteriore rispetto a quello in cui si perfeziona la fattispecie.

La regola di irretroattività dell’azione amministrativa è espressione dell’esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici, oltre che del principio di legalità che, segnatamente in presenza di provvedimenti limitativi della sfera giuridica del privato (tali sono quelli introduttivi di prestazioni imposte), impedisce di incidere unilateralmente e con effetto ex ante sulle situazioni soggettive del privato.

Il concetto di retrodatazione “ora per allora”, con riferimento alle tariffe idriche, è ammissibile solo in base ad una espressa disposizione di legge oppure in ottemperanza a pronunce giurisdizionali.

L’attribuzione del compito di approvare le tariffe all’ARERA si giustifica proprio con la necessità di assicurare un alto livello di competenza settoriale nello svolgimento di una funzione direttamente correlata al raggiungimento delle finalità pubbliche riconosciute dalla normativa (garanzia della diffusione, fruibilità e qualità del servizio all’utenza in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale, definizione di un sistema tariffario equo, certo, trasparente, non discriminatorio, tutela dei diritti e degli interessi degli utenti, gestione dei servizi idrici in condizioni di efficienza e di equilibrio economico e finanziario e attuazione dei principi comunitari “recupero integrale dei costi”, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, e “chi inquina paga”, ai sensi degli artt. 119 e 154, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e dell’art. 9 della direttiva 2000/60/CE, così l’art. 2, d.P.C.M. 20 luglio 2012).

La mancata previsione del silenzio assenso in relazione all’approvazione tariffaria dell’Arera è, da un lato, in linea con la disciplina speciale di settore contenuta nel d.lgs. n. 152 del 2006 che, nel prevedere la trasmissione della predisposizione della tariffa di base all’Arera, non fa cenno alla formazione del silenzio assenso (art. 154, comma 4). Né depone in senso contrario il richiamo di cui all’art. 21, commi 13 e 19, d.l. n. 201 del 2011 ai “medesimi poteri attribuiti all’Autorità stessa dalla l. 14 novembre 1995, n. 481”, che non comprende le modalità con i quali i medesimi vengono esercitati (di cui al d.P.C.M. 20 luglio 2012). In mancanza di un’espressa previsione di silenzio assenso, neppure può ritenersi applicabile l’istituto del silenzio assenso di cui all’art. 19, l. n. 241 del 1990, il quale ricorre nei casi in cui all’inerzia dell’amministrazione è attribuito il valore di provvedimento di accoglimento dell’istanza presentata dal privato.

La regola del silenzio assenso non trova applicazione alla materia dell’ambiente e della salute pubblica. La direttiva n. 2000/60/CE, nell’istituire un quadro per l’azione eurounitaria in materia di acque, definisce l’acqua un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale e la fornitura idrica un servizio d’interesse generale, ritenendo l’adozione della direttiva espressione dei poteri conferiti all’Unione europea dall’art. 174 del Trattato allora vigente, dedicato alla materia ambientale.

Sussiste – in capo alle Amministrazioni preposte alla tutela dei valori ambientali – l’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso che presupponga e dia conto dell’istruttoria svolta.

Servizi a rete, PEF e poteri dell’ente di governo dell’ambito

Consiglio di Stato, sez. IV, 27 maggio 2024, n. 4690

Servizi pubblici – Principio di organizzazione del servizio per ambiti o bacini territoriali ottimali – RSU – Costi di investimento e di esercizio – Ente di governo dell’ambito territoriale ottimale – Meccanismi di governo nella Regione Emilia Romagna

Coerentemente con il principio di organizzazione del servizio per ambiti o bacini territoriali ottimali, l’obbligo di copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di raccolta dei rifiuti non può essere ipotizzato come la somma dei costi a livello comunale; pertanto appare coerente con l’ordinamento il ruolo dell’ente di governo dell’ambito ottimale che approvi il PEF senza dovere essere condizionato da un accordo puntuale con ciascun Comune appartenente all’ambito, attesa l’eventualità che ciò si tramuti in un potere interdittivo non conciliabile in ordine ai meccanismi di governo dell’ente.

Affidamento gestione farmacia comunale

Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 27 maggio 2024, n. 115/2024/PASP

Società partecipate – Parere – Controllo ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 – Servizi di farmacia comunale – Servizi pubblici di rilevanza economica ai sensi del d.lgs. 23 dicembre 2022, n. 201

La Sezione regionale di controllo per la Lombardia, con riferimento all’affidamento in house della gestione della farmacia comunale previo acquisto di una partecipazione in una società pubblica, ha affermato il seguente principio di diritto: sussiste un obbligo di motivazione qualificata sulla scelta del modello di affidamento del servizio della farmacia comunale e di una relazione indipendente circa la convenienza economica e la sostenibilità finanziaria.

Ciò in quanto il servizio farmaceutico, qualificato in termini di servizio pubblico di rilevanza economica, costituisce pubblico servizio, ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. n. 80/1998, mentre ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 201/2022 gli enti locali possono affidare i servizi di interesse economico generale di livello locale a società in house sulla base di una qualificata motivazione. Tale norma prevede che l’ente che affida un servizio in house dia espressamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato ai fini di un’efficiente gestione del servizio, illustri i benefici per la collettività della forma di gestione prescelta con riguardo agli investimenti, alla qualità del servizio, ai costi dei servizi per gli utenti, all’impatto sulla finanza pubblica, nonché agli obiettivi di universalità, socialità, tutela dell’ambiente e accessibilità dei servizi, anche in relazione ai risultati conseguiti in eventuali pregresse gestioni in house, tenendo conto dei dati e delle informazioni risultanti dalle verifiche periodiche. L’obbligo di qualificata motivazione di cui parla l’art. 17 citato pur non applicandosi ai contratti sottosoglia, quale quello in discussione, è comunque affermato quale canone generale ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 175/2016. L’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 201/2022 prevede che degli esiti della valutazione di cui sopra si dia conto, prima dell’avvio della procedura di affidamento del servizio, in un’apposita relazione nella quale sono evidenziate altresì le ragioni e la sussistenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione europea per la forma di affidamento prescelta, nonché illustrati gli obblighi di servizio pubblico e le eventuali compensazioni economiche, inclusi i relativi criteri di calcolo, anche al fine di evitare sovracompensazioni.