Ordinanza demolizione

L’ordinanza di demolizione e l’autore dell’abuso

Tar Lazio, Roma, sez. II stralcio, 14 novembre 2024, n. 20231

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Natura giuridica – Realità – Onere motivazionale attenuato – Applicabilità art. 21-octies, comma 2, L. 241/90 – Ingiunzione alla rimozione o alla demolizione – Acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale – Proprietario non responsabile dell’abuso

L’ordinanza di demolizione ha natura di atto dovuto e vincolato in quanto va adottata al ricorrere dell’accertamento dell’illecito, senza che il decorso del tempo abbia rilevanza, sicché l’obbligo della motivazione – inteso nella sua essenzialità – è sufficientemente assolto con l’indicazione dei presupposti di fatto attraverso i quali sia comunque possibile ricostruire l’iter logico seguito dall’amministrazione. La demolizione inoltre ha carattere reale in quanto prescinde dalla responsabilità del proprietario o dell’occupante, dovendo essere emanata anche nei confronti di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento della sua emanazione in un rapporto con la res tale da consentire la restaurazione dell’ordine giuridico violato.

La natura vincolata del provvedimento di demolizione fa sì che, in caso di violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, trova applicazione l’art. 21-octies, comma 2, cit., secondo cui non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la “natura vincolata del provvedimento”, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Ai sensi dell’art. 31, comma 2, d.p.r. n. 380/2001, il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, “ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione” (che ha natura di obbligazione propter rem).

È vero che l’art. 15, comma 5, della l.r. n. 15/2008, prevede che “Non si procede all’acquisizione dell’area ai sensi del comma 2 ma esclusivamente alla demolizione dell’opera abusiva nel caso in cui il proprietario della stessa non sia responsabile dell’abuso”.

Tuttavia, tale previsione riguarda unicamente l’acquisizione dell’area in cui l’abuso è stato realizzato e non preclude la demolizione dell’abuso a carico dell’autore materiale dell’abuso e del proprietario dell’immobile in cui l’abuso è stato realizzato; è semmai il proprietario dell’immobile, laddove assume non avere alcuna responsabilità nella violazione edilizia, a dover far valere la dedotta violazione dell’art. 15, comma 5, della l.r. n. 15/2008, in occasione dell’acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale.

Mutamento destinazione d’uso e abuso edilizio

Consiglio di Stato, sez. II, 9 settembre 2024, n. 7486

Abuso edilizio – Istanza in sanatoria – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Rapporti – Mutamento di destinazione d’uso con alterazione del carico urbanistico

La presentazione della richiesta di sanatoria non incide sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione, ma solo sulla sua efficacia. Pertanto, in caso di rigetto dell’appello, l’efficacia degli atti impugnati in primo grado rimarrebbe sospesa fino alla pronuncia del Comune sulla nuova domanda la quale, se favorevole per il privato, rappresenterebbe una sopravvenienza tale da rendere legittimo l’intervento, mentre, se sfavorevole, riprenderebbe efficacia l’ingiunzione di ripristino.

È incensurabile – ed è anzi un atto doveroso e a contenuto vincolato – la decisione del Comune d’intimare il ripristino dello stato dei luoghi a fronte di intervento qualificabile come ristrutturazione edilizia per la quale era necessario il previo rilascio del permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, co. 1, lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001, trattandosi del mutamento della destinazione d’uso di un immobile che comporta un aumento del carico urbanistico, con la conseguenza che, in mancanza del titolo, si applica l’art. 33 del medesimo d.P.R., che prevede appunto la rimozione delle opere abusive.

Il mutamento da deposito ad abitazione comporta un cambio tra categorie funzionalmente autonome e non omogenee, sanzionabile con la misura ripristinatoria.

Ordinanza di demolizione

Tar Campania, Napoli, sez. III, 16 settembre 2024, n. 4974

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Destinatari -Presupposti – Destinatari – Inottemperanza – Prova liberatoria – Decorso temporale – Irrilevanza – Onere motivazionale attenuato – Affidamento del privato – Rapporto tra natura vincolata del provvedimento e garanzie partecipative – Certificato di agibilità – Natura giuridica – Finalità – Accertamento della conformità dei manufatti alle norme urbanistico-edilizie – Rapporti – Atto amministrativo plurimotivato – Onere probatorio del carattere risalente del manufatto – Nozione di “gazebo”

Non può avere rilievo, ai fini della validità dell’ordine di demolizione, il tempo trascorso tra la realizzazione dell’opera abusiva e la conclusione dell’iter sanzionatorio. La mera inerzia da parte dell’Amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l’edificazione sine titulo) è sin dall’origine illegittimo. Allo stesso modo, tale inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere “legittimo” in capo al proprietario dell’abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata. Non si può applicare a un fatto illecito (l’abuso edilizio) il complesso di acquisizioni che, in tema di valutazione dell’interesse pubblico, è stato enucleato per la diversa ipotesi dell’autotutela decisoria. Non è in alcun modo concepibile l’idea stessa di connettere al decorso del tempo e all’inerzia dell’Amministrazione la sostanziale perdita del potere di contrastare l’abusivismo edilizio, ovvero di legittimare in qualche misura l’edificazione avvenuta senza titolo, non emergendo oltretutto alcuna possibile giustificazione normativa a una siffatta – e inammissibile – forma di sanatoria automatica. Se pertanto il decorso del tempo non può incidere sull’ineludibile doverosità degli atti volti a perseguire l’illecito attraverso l’adozione della relativa sanzione, deve conseguentemente essere escluso che l’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo debba essere motivata sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata. In tal caso, è del tutto congruo che l’ordine di demolizione sia adeguatamente motivato mercé il richiamo al comprovato carattere abusivo dell’intervento, senza che si impongano sul punto ulteriori oneri motivazionali, applicabili nel diverso ambito dell’autotutela decisoria. Il decorso del tempo, lungi dal radicare in qualche misura la posizione giuridica dell’interessato, rafforza piuttosto il carattere abusivo dell’intervento. Anche nel caso in cui l’attuale proprietario dell’immobile non sia responsabile dell’abuso e non risulti che la cessione sia stata effettuata con intenti elusivi, le conclusioni sono le stesse.

Né ai fini della ritenuta legittimità del provvedimento impugnato rileva la circostanza che la citata ordinanza di chiusura dell’attività sia stata adottata unicamente per insussistenza del certificato di agibilità. Ciò per la risolutiva circostanza che trattasi di provvedimenti aventi presupposti diversi e ai fini dell’adozione dell’ordinanza di chiusura dell’attività deve ritenersi sufficiente l’insussistenza del certificato di agibilità: il certificato di agibilità è pre-requisito necessario per lo svolgimento di qualsiasi attività, che – in difetto – può essere inibita.

In questo senso, non soltanto in base al combinato disposto degli artt. 24, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001 e 35, comma 20, della L. n. 47/1985 l’accertamento della conformità dei manufatti alle norme urbanistico-edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità, ma ancor prima della logica giuridica, è la ragionevolezza ad escludere che possa essere utilizzato, per qualsiasi destinazione, un fabbricato non conforme alla normativa urbanistico-edilizia e, come tale, potenzialmente in contrasto con la tutela della pluralità d’interessi collettivi alla cui protezione la disciplina è preordinata.

Ed invero, pur essendoci un collegamento funzionale tra i due tipi di provvedimenti, atteso che il rilascio del certificato di agibilità, ora segnalazione certificata di agibilità, presuppone la conformità delle opere al permesso di costruire – tra i diversi presupposti essenziali di validità dell’agibilità troviamo anche l’avvenuta esecuzione dell’opera in conformità al progetto presentato ai sensi dell’art. 24, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001 – trattasi di provvedimenti autonomi.

È legittimo l’annullamento della segnalazione certificata di agibilità a seguito del provvedimento di chiusura di un’attività agrituristica e dell’ordinanza di demolizione di opere realizzate in difformità ai titoli posseduti.

Nel caso in cui il provvedimento amministrativo sia sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, è sufficiente a sorreggere la legittimità dell’atto la fondatezza anche di una sola di esse, il che comporta la carenza di interesse della parte ricorrente all’esame delle ulteriori doglianze volte a contestare le altre ragioni giustificatrici, atteso che, seppur tali ulteriori censure si rivelassero fondate, il loro accoglimento non sarebbe comunque idoneo a soddisfare l’interesse del ricorrente ad ottenere l’annullamento del provvedimento impugnato.

È posta in capo al proprietario (o al responsabile dell’abuso) assoggettato a ingiunzione di demolizione l’onere di provare il carattere risalente del manufatto della cui demolizione si tratta. Ciò vale non solo per l’ipotesi in cui si chiede di fruire del beneficio del condono edilizio, ma anche – in generale – per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo, ove si faccia questione, appunto, di opera risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi.

Infatti, solo il privato può fornire (in quanto ordinariamente ne dispone e dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova) inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto; mentre l’Amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno dell’intero suo territorio.

Vero è che si ammette un temperamento di tale regola nel caso in cui il privato porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell’intervento prima di una certa data elementi rilevanti, seppure non univocamente probanti (ad esempio, aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione o altre certificazioni attestanti fatti o circostanze rilevanti). A tal fine, è necessaria la produzione di documentazione oggettivamente comprovante l’epoca di realizzazione del manufatto.

Per “gazebo” si intende, nella sua configurazione tipica, una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili.

Devono essere espressi i seguenti principi di diritto:

a) ai sensi dell’art. 31, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 l’ordinanza di demolizione ha come destinatari il proprietario ed il responsabile dell’abuso, in forma non alternativa, ma congiunta e simultanea, così rendendo palese che entrambi questi soggetti sono chiamati a ripristinare il corretto assetto edilizio violato dall’abuso;

b) il presupposto per l’adozione di un’ordinanza di demolizione non è l’accertamento di responsabilità nella commissione dell’illecito, bensì l’esistenza di una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione urbanistico-edilizia: sicché sia il soggetto che abbia la titolarità a eseguire l’ordine ripristinatorio, ossia in virtù del diritto dominicale il proprietario, che il responsabile dell’abuso sono destinatari della sanzione reale del ripristino dei luoghi; il soggetto passivo dell’ordine di demolizione viene, quindi, individuato nel soggetto che ha il potere di rimuovere concretamente l’abuso, potere che compete indubbiamente al proprietario, anche se non responsabile in via diretta; pertanto, affinché il proprietario di una costruzione abusiva possa essere destinatario dell’ordine di demolizione, non occorre stabilire se egli sia responsabile dell’abuso, poiché la stessa disposizione si limita a prevedere la legittimazione passiva del proprietario non responsabile all’esecuzione dell’ordine di demolizione, senza richiedere l’effettivo accertamento di una qualche sua responsabilità;

c) l’ordine di natura reale è, quindi, correttamente rivolto al proprietario a prescindere dalla responsabilità dello stesso nella realizzazione dell’illecito che investe il diverso tema relativo alla sanzione amministrativa o al provvedimento acquisitivo;

d) in materia di abusi edilizi, il proprietario di un manufatto abusivo, per sottrarsi alle conseguenze dell’ordine di demolizione rimasto inottemperato, deve dimostrare non soltanto la propria estraneità alla commissione degli abusi e la messa in pratica di tutte le misure offerte dall’ordinamento per impedire gli abusi stessi, ma anche di aver intrapreso tutte le iniziative idonee a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’autorità amministrativa, attivandosi anche nei confronti del soggetto che abbia la disponibilità del bene per costringerlo ad eseguire la demolizione;

e) nel caso in cui il soggetto nei cui confronti sia stato emesso un ordine di demolizione dimostri, in maniera inconfutabile, di aver attivato tutti gli strumenti predisposti dall’ordinamento per sottrarre l’immobile abusivo al vincolo esistente e provvedere al ripristino dell’ordine giuridico violato, può ritenersi esclusa la volontarietà dell’inottemperanza.

L’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti integrano atti vincolati per la cui adozione non è necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto.

Al riguardo occorre precisare che, quanto al rapporto tra natura vincolata del provvedimento e garanzie partecipative, deve ritenersi illegittima la mancata comunicazione di avvio del procedimento che porta all’adozione di un atto di natura vincolata ove la situazione sottesa si dimostri particolarmente complessa.

Annullamento del titolo edilizio e tutela del territorio

Tar Piemonte, Torino, sez. II, 17 giugno 2024, n. 701

Tutela del territorio – Interesse pubblico in re ipsa – Istanza di autorizzazione ad aedificandum – Onere allegatorio – Annullamento del titolo edilizio – Affidamento del privato – Potere di convalida – Presupposti – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Finalità – Soggetti destinatari – Onere motivazionale – Valutazione di un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere

In materia di tutela del territorio, l’interesse pubblico sussiste in re ipsa e consiste nell’interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica e di repressione degli abusi.

Una volta accertato l’abuso, non è necessario procedere a una particolare ponderazione, né si richiede che il provvedimento repressivo sia dotato di precipua motivazione (diversa da quella inerente al ripristino della legittimità violata); specularmente, non è ravvisabile alcuna posizione di affidamento legittimo tutelabile in capo a colui che ha fornito all’amministrazione un’erronea prospettazione delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole. In conseguenza, l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione è soddisfatto dal documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte.

L’interesse pubblico all’eliminazione, ai sensi dell’art. 21-nonies L. n. 241 del 1990 , di un titolo abilitativo illegittimo è in re ipsa, a fronte di falsa, infedele, erronea o inesatta rappresentazione, dolosa o colposa, della realtà da parte dell’interessato, risultata rilevante o decisiva ai fini del provvedimento ampliativo, non potendo l’interessato vantare il proprio legittimo affidamento nella persistenza di un titolo ottenuto attraverso l’induzione in errore dell’amministrazione procedente.

Il potere di convalida (contemplato in via generale nell’art. 21 nonies comma 2 della legge n. 241/1990) implica necessariamente un’illegittimità di natura ‘procedurale’, essendo evidente che ogni diverso vizio afferente alla sostanza regolatoria del rapporto amministrativo rispetto al quadro normativo vigente risulterebbe superabile solo attraverso una modifica di quest’ultimo.

L’ordinanza di demolizione costituisce atto vincolato, che – in presenza di un accertato abuso – non richiede una specifica istruttoria e motivazione in ordine alla comparazione tra gli interessi pubblici e quelli privati coinvolti, con la conseguenza che non è nemmeno configurabile, in capo al privato, un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva. Pertanto, non è necessaria alcuna motivazione ulteriore rispetto all’esigenza di ripristino della legalità violata.

L’ordinanza di demolizione mira a colpire una situazione di fatto obiettivamente antigiuridica per ripristinare l’ordine urbanistico violato e, pertanto, la legge prescrive che la misura debba essere irrogata sia nei confronti del responsabile dell’abuso, sia nei confronti dell’attuale proprietario non colpevole, in quanto l’abusività dell’opera è una connotazione di natura reale.

La valutazione di un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere deve effettuarsi in modo globale e non in termini atomistici. Il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva, infatti, non tanto dal singolo intervento abusivo, ma dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio.

Ordinanza di demolizione ed effetti dell’inottemperanza

Tar Marche, Ancona, sez. I, 30 aprile 2024, n. 429

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Inottemperanza – Effetti giuridici – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Natura giuridica

L’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem – l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora, per la prima volta, sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva, in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva).

L’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato.

Abuso edilizio e oneri per l’acquisizione al patrimonio pubblico

Consiglio di Stato, sez. II, 12 aprile 2024, n. 3351

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Onere di notifica

Affinché un bene immobile abusivo possa formare legittimamente oggetto dell’ulteriore sanzione costituita dall’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, occorre che il presupposto ordine di demolizione sia stato notificato a tutti i proprietari, al pari anche del provvedimento acquisitivo, in omaggio ai fondamentali principi di tutela del diritto di difesa e di partecipazione procedimentale.

Abuso edilizio, ordine di demolizione e sequestro penale delle aree

Consiglio di Stato, sez. VII, 19 marzo 2024, n. 2643

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Sequestro penale – Rapporti

Poiché l’esercizio del potere repressivo di un abuso edilizio è autonomo rispetto ai poteri repressivi rimessi ad altre Autorità (e in particolare: all’Autorità giudiziaria penale), la circostanza che il manufatto abusivo sia oggetto di sequestro penale è irrilevante ai fini del corretto esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità comunale, con il corollario che la pendenza del sequestro penale non rende illegittimo l’ordine di demolizione avente a oggetto lo stesso immobile.

Ai fini della legittimità di un ordine di demolizione, della sua eseguibilità e della validità dei conseguenti provvedimenti sanzionatori, è irrilevante la pendenza di un sequestro, poiché la misura cautelare reale non costituisce un impedimento assoluto all’attuazione dell’ingiunzione, in ragione della possibilità, per il destinatario dell’ordine, di ottenere il dissequestro del bene ai sensi dell’art. 85 disposizione di attuazione del codice di procedura penale.

Una cosa è, sul versante penalistico e processualpenalistico, l’ordine di distruzione del manufatto abusivo, a cura e a spese dell’imputato, impartito dal giudice penale quale conseguenza obbligata derivante dalla sentenza di condanna, e altro è, sul versante amministrativo e delle procedure d’infrazione urbanistico-edilizie, l’ordine di rimozione, ovvero di demolizione, emanato dal dirigente comunale competente ai sensi dell’art. 33 del d.P.R. n. 380/2001.

La sottoposizione di un manufatto abusivo a sequestro penale non costituisce impedimento assoluto a ottemperare a un ordine di demolizione, né integra causa di forza maggiore impeditiva della demolizione, dato che sussiste la possibilità di ottenere il dissequestro dell’immobile al fine di ottemperare all’ingiunzione di demolizione, alla luce della consolidata giurisprudenza in materia di provvedimenti di repressione dell’abusivismo edilizio, e dei loro rapporti con il sequestro penale.

Il sequestro penale dell’immobile non influenza la legittimità dell’ordinanza di rimessione in pristino. Il contemperamento con le esigenze della difesa si realizza ritenendo che il termine assegnato dall’ordinanza per la demolizione o la rimessione in pristino non decorre sin quando l’immobile rimane sotto sequestro, restando all’autonoma iniziativa della difesa, ovvero della magistratura inquirente attivare gli strumenti che al dissequestro possono condurre.

Abuso edilizio e ordinanza di demolizione

Tar Campania, Napoli, sez. II, 2 novembre 2023, n. 5923

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Onere motivazionale attenuato

L’attività sanzionatoria della P.A., concernente l’attività edilizia abusiva, è connotata dal carattere vincolato e non discrezionale: il giudizio di difformità dell’intervento edilizio rispetto al titolo abilitativo rilasciato, che costituisce il presupposto dell’irrogazione delle sanzioni, integra un mero accertamento di fatto e, pertanto, l’ordine di demolizione di opere abusive non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può mai legittimare. In sostanza, non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l’esercizio del potere repressivo mediante applicazione della misura ripristinatoria costituisce atto dovuto.

L’ordine di demolizione può ritenersi sufficientemente motivato per effetto della stessa descrizione dell’abuso accertato, presupposto giustificativo necessario e sufficiente a fondare l’adozione della misura sanzionatoria.

L’Adunanza Plenaria sull’inottemperanza all’ordine di demolizione

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 11 ottobre 2023, n. 16

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Nuda proprietà – Mancata ottemperanza – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Novazione – Sanzione pecuniaria alternativa

La mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente illecito – avente anche rilevanza penale – commesso con la realizzazione delle opere abusive.

La mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario – alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza.

L’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem – l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva).

L’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato.

La sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere irrogata nei confronti di chi – prima dell’entrata in vigore della legge n. 164 del 2014 – abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione, pur se tale inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore.

Abuso edilizio e ordine di demolizione

Consiglio di Stato, sez. VI, 18 ottobre 2023, n. 9083

Titolo edilizio – Interventi di nuova costruzione – Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Onere motivazionale attenuato

Gli interventi di creazione di volume urbanistico necessitano di permesso di costruire.

L’ordine di demolizione è atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione; né vi è un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo non sana, e l’interessato non può dolersi del fatto che l’amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi.

Il sol fatto di abuso sul suolo di proprietà comunale giustifica l’irrogazione della vincolata misura ex art. 35 del DPR n. 380 del 2001, rivolta a tutelare le aree demaniali o di enti pubblici dalla costruzione di manufatti da parte di privati, senza la necessità d’accertare l’epoca di tale realizzazione e senza possibilità di configurare affidamenti tutelabili alla conservazione d’una siffatta situazione d’illecito permanente, che il tempo non può legittimare in via di fatto.