Urbanistica/edilizia

Silenzio-assenso

Tar Basilicata, Potenza, sez. I, 10 luglio 2023, n. 458

Titolo edilizio – Istanza di rilascio – Silenzio assenso – Presupposti

Il silenzio assenso, ex art. 20, comma 8, DPR n. 380/2001, presuppone la sussistenza di tutti i requisiti, condizioni e presupposti richiesti dalla vigente normativa, cioè la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi, con la conseguenza che il silenzio assenso non si forma nel caso in cui la fattispecie rappresentata non sia conforme a quella normativamente prevista, in quanto l’eventuale inerzia dell’Amministrazione non può far guadagnare agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai conseguire in virtù di un provvedimento espresso.

Abuso edilizio e diniego di condono

Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 10 luglio 2023, n. 577

Abuso edilizio – Istanza di condono – Diniego – Affidamento

Il diniego di condono risulta legittimamente adottato anche molti anni dopo la presentazione dell’istanza di condono e la risposta tardiva da parte del Comune non permette di radicare alcun affidamento tutelabile, né per quanto riguarda l’estensione delle categorie della sanatoria, né relativamente alla persistenza del potere di intimare la rimessione in pristino. La demolizione di opere mai assistite da titolo edilizio ha natura vincolata, non richiede la dimostrazione di un interesse pubblico attuale, e non diventa inammissibile per il tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso o in conseguenza del trasferimento della proprietà del bene. Inoltre, la legittimità dell’ordine di demolizione comporta l’applicabilità delle sanzioni collegate all’inottemperanza, compresa la perdita della proprietà fino al decuplo della superficie utile abusivamente costruita.

Abuso edilizio

Consiglio di Stato, sez. VI, 7 luglio 2023, n. 6658

Abuso edilizio – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Comunicazione avvio procedimento

L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive, ex art. 31 d.P.R. n. 380/2001, costituisce un atto dovuto senza alcun contenuto discrezionale, subordinato unicamente all’accertamento dell’inottemperanza e al decorso del termine di legge (novanta giorni) fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi, con la conseguenza che per l’adozione del provvedimento di immissione in possesso non è necessaria una comunicazione di avvio del relativo procedimento alla parte destinataria del provvedimento repressivo.

Poteri di pianificazione e oneri di motivazione

Tar Piemonte, Torino, sez. II, 7 luglio 2923, n. 662

Pianificazione urbanistica – Discrezionalità – Onere motivazionale attenuato – Osservazioni

Le osservazioni presentate in occasione dell’adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono un mero apporto dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, per cui non è ravvisabile in capo all’amministrazione l’obbligo di una motivazione più estesa e puntuale di quella risultante dalla relazione illustrativa del piano o della variante in ordine alle scelte discrezionali per la destinazione delle singole aree. Pertanto, seppure l’amministrazione sia tenuta ad esaminare le osservazioni pervenute, non può però essere obbligata ad un’analitica confutazione di ciascuna di esse.

Le scelte di governo del territorio sono espressione di discrezionalità massima e, dunque, possono essere sindacate dal giudice solo nel caso in cui siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità, ove risultino incoerenti con l’impostazione di fondo dell’intervento pianificatorio o risultino apertamente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio. Ne consegue che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di un atto di pianificazione urbanistica è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale.

Esercizi commerciali e pianificazione urbanistica

Tar Sardegna, Cagliari, sez. II, 6 luglio 2023, n. 507

Pianificazione edilizia – Insediamenti di esercizi commerciali – Limiti – Libera concorrenza

Le previsioni dei piani urbanistici, in quanto finalizzate all’ordinato assetto del territorio, possono porre limiti agli insediamenti degli esercizi commerciali. La diversità degli interessi pubblici tutelati impedisce di attribuire in astratto prevalenza alle norme in materia commerciale, rispetto al piano urbanistico. Di regola, l’anti-concorrenzialità della disposizione preclusiva sussiste allorché essa si sostanzi in valutazioni estrinseche di natura prettamente economica o commerciale. Per altro verso, i poteri degli enti locali non sono illimitati, in quanto incontrano un doppio ostacolo: 1) è vietata ogni previsione limitativa che si risolva in una discriminazione dettata a fini di tutela di altre categorie di esercizi commerciali; 2) è necessario verificare se i limiti imposti dagli atti di pianificazione urbanistica possano ritenersi correlati e proporzionati a effettive esigenze di tutela dell’ambiente urbano o afferenti all’ordinato assetto del territorio sotto il profilo della viabilità, della necessaria dotazione di standard o di altre opere pubbliche, dovendosi, in caso contrario, reputare che le limitazioni in parola non siano riconducibili a motivi imperativi di interesse generale e siano, perciò, illegittime.

La rilevanza del profilo urbanistico nella disciplina relativa alla localizzazione degli esercizi commerciali permane anche dopo l’introduzione della normativa comunitaria contenuta nella Dir. n. 123/2006/CEE, volta a ridurre i vincoli procedimentali e sostanziali gravanti sui servizi privati, nel cui ambito rientra il commercio, al fine di favorire la creazione nei vari Stati membri di un regime comune mirato a dare concreta attuazione ai principi di libertà di stabilimento e libera prestazione: la direttiva “Bolkestein”, infatti, prevede che l’iniziativa economica, di regola, non può essere assoggettata ad autorizzazioni e limitazioni (specie se dirette al governo autoritativo del rapporto fra domanda ed offerta), salvo quando  sussistano motivi imperativi di interesse generale.

L’attività di impresa commerciale, pur garantita dall’art. 41 della Costituzione e dall’ordinamento dell’Unione, nel più ampio contesto della libertà di iniziativa economica privata e dei principi della concorrenza e del mercato, non è comunque affrancata dai vincoli e dai limiti specifici sanciti dalla normativa urbanistica. Pertanto, è sempre richiesta la regolarità urbanistico-edilizia dei locali in cui l’attività dovrebbe essere esercitata, sia in sede di rilascio del relativo titolo autorizzatorio sia per l’intera durata del suo svolgimento.

Abuso edilizio

Tar Sicilia, Palermo, sez. II, 5 luglio 2023, n. 2267

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Onere motivazionale attenuato – Battigia

Il provvedimento di repressione degli abusi edilizi (ordine di demolizione e ogni altro provvedimento sanzionatorio) costituisce atto dovuto della p.a., riconducibile ad esercizio di potere vincolato, a seguito di accertamento dell’abuso e di riconducibilità del medesimo ad una delle fattispecie di illecito previste dalla legge; ciò comporta che il provvedimento sanzionatorio non richiede una particolare motivazione, essendo sufficiente la mera descrizione e rappresentazione del carattere illecito dell’opera realizzata, né è necessaria una previa comparazione dell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso, che è in re ipsa, con l’interesse del privato proprietario del manufatto, anche se l’intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell’abuso, ove il medesimo non sia stato oggetto di sanatoria in base agli interventi legislativi succedutisi nel tempo.

Non è applicabile l’art. 35 del d.P.R. n. 380/2001 che si riferisce agli interventi abusivi realizzati su aree demaniali ovvero di proprietà dello Stato, laddove l’intervento sia stato realizzato nell’area di rispetto dalla battigia.

L’ordine di demolizione è da ritenersi sorretto da adeguata istruttoria e sufficiente motivazione, allorquando sia rinvenibile l’individuazione dell’infrazione commessa e della norma violata, nonché la puntuale descrizione delle opere abusive, che consistono nell’espressione di nuova volumetria ad uso residenziale costruita in assenza di titolo edilizio e in costanza di vincolo di inedificabilità per ragioni sismiche e paesaggistiche, ovvero di legge.

Autorizzazione paesaggistica

Consiglio di Stato, sez. VI, 4 luglio 2023, n. 6513

Autorizzazione paesaggistica – Parere – Giudizio di comparazione

La valutazione che l’Amministrazione è chiamata a compiere in sede di rilascio del parere sulla richiesta di autorizzazione paesaggistica, va riferita alla realtà dei luoghi nei quali il manufatto da realizzare dovrà inserirsi, dal momento che l’obiettivo da perseguire è l’effettiva tutela del paesaggio: il giudizio di comparazione dell’opera rispetto al contesto da difendere va compiuto tenendo presenti le effettive e reali condizioni di sistema dell’area su cui l’intervento andrà a incidere.

Pianificazione urbanistica

Consiglio di Stato, sez. IV, 4 luglio 2023, n. 6517

Pianificazione urbanistica – Variante – Obbligo di notifica

La variante urbanistica, qualora riguardi beni specifici ed incida direttamente su determinati soggetti, ha carattere particolare e la Pubblica Amministrazione ha l’obbligo di notificare agli interessati il provvedimento, dalla cui esecuzione decorre il termine di impugnazione dell’atto.

Abuso edilizio

Tar Campania, Napoli, sez. VII, 3 luglio 2023, n. 3964

Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Prescrizione – Onere probatorio – Onere motivazionale attenuato – Zona vincolata – Sanzione pecuniaria alternativa – Istanza in sanatoria

L’attività di repressione degli abusi edilizi, essendo collegata alla tutela dell’interesse pubblico all’ordinato sviluppo del territorio, così come delineato nello strumento urbanistico e nella regolamentazione edilizia vigenti, non è soggetta a termini di decadenza o di prescrizione e può essere esercitata anche a notevole distanza di tempo dalla commissione dell’abuso.

Nel giudizio di impugnazione dell’ordinanza repressiva di un abuso edilizio, è onere del privato, ai sensi dell’art. 2697 c.c., fornire la prova dello status quo ante attraverso una dimostrazione rigorosa dello stato della preesistenza.

In materia di abusivismo edilizio, l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi e ha ad oggetto il manufatto abusivo, le opere accessorie e quelle complementari, ossia l’edificio abusivo complessivamente considerato.

Il provvedimento con cui viene ingiunta la demolizione di un immobile abusivo richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) e non è ammessa l’esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare.

In presenza di opere edilizie abusive, l’amministrazione comunale può ricorrere alla generale ingiunzione di demolizione di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, anche nelle ipotesi in cui tali opere siano state realizzate in zona vincolata, per le quali, quindi, potrebbe procedersi alla demolizione d’ufficio ai sensi dell’art. 27, atteso che i poteri attribuiti all’autorità comunale dalle due disposizioni non si escludono a vicenda, ma concorrono.

La facoltà d’irrogare una sanzione pecuniaria in luogo di quella della demolizione, già prevista dall’art. 12 cpv., l. n. 47 del 1985, ed oggi trasfusa nell’art. 34 cpv. d.P.R. 380 del 2001, è prevista unicamente per gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire e non nel caso di mancanza assoluta di titolo abilitante all’edificazione. Inoltre, l’applicabilità della sanzione pecuniaria è subordinata all’impossibilità di eseguire la demolizione senza pregiudizio per la parte eseguita in conformità, da valutarsi in sede esecutiva.

La presentazione di un’istanza di accertamento di conformità, ex art. 36, D.P.R. n. 380 del 2001, non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso, non essendovi alcuna automatica necessità per l’Amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione. Essa determina soltanto un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, che opera in termini di mera sospensione dello stesso. Ne consegue che in caso di rigetto dell’istanza in sanatoria, l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia.

Abuso edilizio

Tar Lazio, Roma, sez. IV-ter, 3 luglio 2023, n. 11103

Abuso edilizio – Vincoli di inedificabilità assoluta – Condono – Silenzio assenso

Il fatto che una zona sia prevalentemente urbanizzata o già paesisticamente degradata non fa venir meno l’esigenza di scongiurare la realizzazione di ulteriori interventi abusivi.

In caso di abusi edilizi commessi su aree soggette a vincolo, non può configurarsi silenzio assenso sulle istanze di condono.

La sussistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta, come anche la soggezione dell’immobile sul quale è stata realizzata l’opera abusiva a vincoli imposti a tutela di particolari interessi, legislativamente qualificati come ostativi alla sanabilità delle opere, rappresenta un presupposto di per sé sufficiente per l’adozione di provvedimenti di diniego di condono e determina l’inutilità dell’assunzione dei pareri dell’autorità preposta alla tutela dei vincoli di cui all’art. 32 della legge n. 47 del 1985.