Permesso di costruire

Contributo di costruzione

Tar Lazio, Roma, sez. II, 23 maggio 2024, n. 10443

Intervento di nuova costruzione – Titolo edilizio – Contributo di costruzione – Atti di liquidazione – Natura giuridica – Prescrizione – Rideterminazione – Restituzione – Eccezione – Requisiti

Gli atti con i quali la pubblica amministrazione determina e liquida il contributo di costruzione, previsto dall’art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001, non hanno natura autoritativa, non essendo espressione di una potestà pubblicistica, ma costituiscono l’esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al Comune per il rilascio del permesso di costruire, stante la sua onerosità, nell’ambito di un rapporto obbligatorio a carattere paritetico e soggetta, in quanto tale, al termine di prescrizione decennale, sicché ad essi non possono applicarsi né la disciplina dell’autotutela dettata dall’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990, né, più in generale, le disposizioni previste dalla stessa legge per gli atti provvedimentali manifestazioni di imperio.

La pubblica amministrazione, nel corso di tale rapporto, può pertanto sempre rideterminare, sia a favore che a sfavore del privato, l’importo di tale contributo, in principio erroneamente liquidato, richiedendone o rimborsandone a questi la differenza nell’ordinario termine di prescrizione decennale (art. 2946 c.c.) decorrente dal rilascio del titolo edilizio, senza incorrere in alcuna decadenza, mentre per parte sua il privato non è tenuto ad impugnare gli atti determinativi del contributo nel termine di decadenza, potendo ricorrere al giudice amministrativo, munito di giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a., nel medesimo termine di dieci anni, anche con un’azione di mero accertamento.

Nel caso in cui il privato rinunci o non utilizzi il permesso di costruire, ovvero quando sia intervenuta la decadenza del titolo edilizio, sorge in capo alla Pubblica Amministrazione, anche ai sensi dell’art. 2033 o dell’art. 2041 c.c., l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione (ove già versate) e, conseguentemente, il diritto del privato a pretenderne la restituzione.

Il contributo concessorio, infatti, è strettamente connesso all’attività di trasformazione del territorio e, quindi, ove tale circostanza non si verifichi, il relativo pagamento risulta privo della causa dell’originaria obbligazione di dare, cosicché l’importo versato va restituito (ove già corrisposto) oppure risulta inesigibile (ove non ancora versato).

Il diritto alla restituzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente, tenuto conto che sia la quota degli oneri di urbanizzazione, che la quota relativa al costo di costruzione sono correlati, sia pur sotto profili differenti, all’oggetto della costruzione, per cui l’avvalimento solo parziale delle facoltà edificatorie comporta il sorgere, in capo al titolare, del diritto alla rideterminazione del contributo ed alla restituzione della quota di esso che è stata calcolata con riferimento alla porzione non realizzata.

Unica eccezione ai principi sopra richiamati è l’ipotesi in cui la partecipazione agli oneri di urbanizzazione costituisce oggetto di un’obbligazione non già imposta ex lege, ma assunta con un accordo nell’ambito di un rapporto di natura pubblicistica correlato alla pianificazione territoriale (rectius: di una convenzione urbanistica). In sintesi, quindi, la regola generale è che il costo di costruzione e gli oneri di urbanizzazione sono dovuti soltanto se (e nella misura in cui) l’attività edificatoria sia stata effettivamente realizzata, con la conseguenza che in assenza di tale attività gli oneri concessori non possono essere richiesti. L’eccezione a tale regola si verifica nell’ipotesi in cui coesistano entrambi i seguenti requisiti:

a) il pagamento degli oneri concessori forma oggetto di una specifica obbligazione assunta dal soggetto privato per effetto di convenzione urbanistica dallo stesso stipulata con il Comune competente, convenzione con cui il privato concorda con l’Amministrazione comunale il Piano Urbanistico Attuativo di iniziativa privata (piano equiparabile ad un Piano Attuativo di iniziativa pubblica, e cioè ad un Piano Particolareggiato);

b) il tenore letterale di detta convenzione urbanistica lascia chiaramente intendere che il pagamento degli oneri concessori debba comunque avvenire entro un determinato termine, e quindi sostanzialmente a prescindere dall’avvenuta realizzazione (o meno) dell’intervento edificatorio.

Autorizzazione paesaggistica e permesso di costruire

Consiglio di Stato, sez. IV, 21 maggio 2024, n. 4527

Autorizzazione paesaggistica – Permesso di costruire – Rapporti – Annullamento – Effetti – Onere probatorio in materia edilizia – Beni culturali, paesaggistici e ambientali – Soprintendenza – Vincolo paesaggistico – PUT area sorrentino-amalfitana

Il rapporto tra l’autorizzazione paesaggistica e il permesso di costruire è stato ampiamente approfondito dalla giurisprudenza amministrativa. Una parte della giurisprudenza ha ritenuto che l’autorizzazione paesaggistica, di cui all’art. 146 d.lgs. n. 42/2004, costituisca atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento edilizio: essa dà luogo ad un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale tra valutazioni paesistiche e valutazioni urbanistiche, in modo tale che questi due apprezzamenti sono destinati ad esprimersi sullo stesso oggetto in stretta successione provvedimentale, con la conseguenza che l’autorizzazione paesaggistica va acquisita prima di intraprendere il procedimento edilizio, il quale non può essere definito positivamente per l’interessato in assenza del previo conseguimento del titolo di compatibilità paesaggistica. Altra parte della giurisprudenza invece ha ritenuto che il permesso di costruire possa essere rilasciato anche in mancanza di autorizzazione paesaggistica, fermo restando che esso è inefficace e i lavori non possono essere iniziati, finché non interviene il nulla osta paesaggistico; in questa seconda prospettiva, l’autorizzazione paesaggistica si configura, quindi, come condizione di efficacia del permesso di costruire.

È bene distinguere due ipotesi: il solo annullamento del permesso di costruire e il solo annullamento dell’autorizzazione paesaggistica. Nel primo caso, l’annullamento del permesso di costruire non necessariamente riverbera i suoi effetti sull’autorizzazione paesaggistica a monte, autorizzazione quest’ultima che ben potrebbe rimanere valida, pur non essendo possibile realizzare l’opera, sino all’ottenimento di un nuovo permesso. Diversamente, nel secondo caso, quando ad essere annullata è l’autorizzazione paesaggistica, per le ragioni prima evidenziate, tale annullamento non può non spiegare effetti sul permesso di costruire “a valle”.

In materia edilizia, solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto, mentre l’amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno dell’intero suo territorio.

Edificazione disomogenea

Tar Sicilia, Palermo, sez. II, 22 novembre 2023, n. 3470

Pianificazione urbanistica – Piani attuativi – Tiolo edilizio – Silenzio-assenso – Attività vincolata – Preavviso di rigetto – Edificazione disomogenea

In assenza di pianificazione attuativa, è possibile l’edificazione nel caso, pressoché di scuola, in cui un terreno di ridotte dimensioni sia completamente circondato da edifici.

L’intervento costruttivo diretto può essere consentito purché venga accertata la sussistenza di una situazione di fatto perfettamente corrispondente a quella derivante dall’attuazione del piano esecutivo, allo scopo di evitare defatiganti attese per il privato ed inutili dispendi di attività procedimentale per l’ente pubblico. Invero, lo strumento urbanistico attuativo deve considerarsi superfluo una volta che è stata raggiunta la piena edificazione e urbanizzazione della zona interessata, raggiungendo, in tal modo, lo scopo e i risultati perseguiti dai piani attuativi.

Il silenzio-assenso in tema di permesso di costruire non si forma per il solo fatto dell’inutile decorso del termine prefissato per la pronuncia espressa dell’amministrazione e dell’adempimento degli oneri documentali necessari per l’accoglimento della domanda, essendo necessario che il privato dia, altresì, prova della sussistenza di tutti i requisiti soggettivi e oggettivi a cui è subordinato il rilascio del titolo edilizio, tra i quali rientra, dal punto di vista oggettivo, la conformità dell’intervento progettato alla normativa urbanistico-edilizia. Con la conseguenza che non può dirsi formato il silenzio-assenso sull’istanza di permesso di costruire quando difettino i presupposti della richiesta attività edificatoria, ovvero quando l’istanza non sia stata accompagnata da tutti i requisiti previsti dalla legge potendo, in tal caso, il Comune provvedere negativamente anche con provvedimento tardivo.

Il potere amministrativo esercitato dall’amministrazione in sede di rilascio del permesso di costruire costituisce attività vincolata, sostanziandosi in un esame della conformità del progetto alla disciplina urbanistica ed edilizia della zona, con la conseguenza della superabilità dei vizi meramente procedimentali.

L’amministrazione non ha un onere di confutare analiticamente le prospettazioni dell’istante a seguito del preavviso di rigetto e ciò a prescindere dal fatto che, con il provvedimento di conferma impugnato in sede di motivi aggiunti, l’intimata amministrazione abbia ampiamente argomentato in ordine al fatto che, nel caso di specie, non possa discutersi né di lotto intercluso, né di area residua.

In termini generali, laddove vi sia un’edificazione disomogenea, ci si trova di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all’abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona, con la conseguenza che: a. quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento; b. in presenza di una normativa urbanistica generale che preveda per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona l’esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa se non alle suindicate condizioni che, come già visto, nel caso di specie non ricorrono; c. all’assenza del piano attuativo non può sopperirsi con l’imposizione di opere di urbanizzazione all’atto del rilascio del titolo edilizio.

Abitazione su “ruote”

Tar Piemonte, Torino, sez. II, 23 ottobre 2023, n. 820

Titolo edilizio – Struttura adibita ad abitazione – Esonero

Una struttura adibita ad abitazione, sebbene fissata su ruote, possiede i requisiti dell’insediamento abitativo residenziale idoneo a modificare l’ambiente esterno e, pertanto, per la sua installazione è necessario il previo rilascio del titolo abilitativo.

L’obbligo del permesso di costruire può escludersi soltanto quando il manufatto prefabbricato su ruote sia destinato a sopperire a necessità meramente contingenti e transitorie, per essere subito dopo rimosso e trasferito altrove.

Il permesso di costruire convenzionato

Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, sez. Unica, 20 ottobre 2023, n. 161

Titolo edilizio – Permesso di costruire convenzionato – Legge provinciale urbanistica Trento n. 15/2015 – Principio di proporzionalità

L’istituto del permesso di costruire convenzionato, previsto dall’articolo 84 della legge provinciale urbanistica di Trento 4 agosto 2015, n. 15, è previsto per tutte le situazioni nelle quali le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata, in cui lo stato delle urbanizzazioni sia tale da rendere superflui gli strumenti attuativi di dettaglio previsti dalla disciplina urbanistica. Tale titolo trova spazio laddove, al di fuori della pianificazione attuativa, si renda comunque necessaria la strutturazione di un rapporto giuridico tra la parte privata e l’amministrazione pubblica, relativamente a profili collaterali al contenuto abilitativo del permesso di costruire. In particolare, ai molteplici piani attuativi previsti dall’ordinamento compete esprimere un ordine insediativo secondo una scala di maggior dettaglio, in funzione di integrazione e completamento delle linee programmatiche indicate dal piano urbanistico generale, mentre il permesso di costruire convenzionato ha la funzione di assicurare una disciplina accessoria del permesso di costruire, andando oltre la dimensione provvedimentale e consentendo di strutturare e regolare un rapporto di durata che rende più articolata la relazione giuridica tra il richiedente e l’amministrazione comunale, nonché risolvendo i problemi di disciplina che nella prassi erano inadeguatamente risolti mediante clausole unilaterali atipiche apposte al titolo edilizio.

Per i casi in cui, secondo la valutazione dell’amministrazione, le esigenze di urbanizzazione possono essere soddisfatte con una modalità semplificata, la pianificazione di secondo livello risulterebbe ridondante e non rispettosa del principio di proporzionalità tra gli interessi pubblici da perseguire e lo strumento amministrativo utilizzato.

Il permesso di costruire convenzionato è un istituto che consente all’Amministrazione di ottenere vantaggi per i quali in passato era necessario un vincolo espropriativo, con i relativi oneri economici, tuttavia, lo strumento deve essere utilizzato nel rispetto del principio di proporzionalità e dunque con una forte attenzione ai principi di equilibrio tra le parti, sia in termini di interessi attribuiti, sia in termini di oneri imposti alla parte privata.

Permesso di costruire – Silenzio-assenso

Tar Liguria, Genova, sez. II, 27 giugno 2023, n. 646

Permesso di costruire – Silenzio assenso – Vincoli

In materia di permesso di costruire, la giurisprudenza amministrativa ha ampiamente chiarito che la formazione tacita del provvedimento favorevole non implica solo il decorso del tempo dalla presentazione della domanda senza che sia intervenuta una risposta dell’Amministrazione, ma la contestuale presenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge, ossia degli elementi costitutivi della fattispecie di cui si deduce l’avvenuto perfezionamento, con la conseguenza che il silenzio assenso non si forma, tra gli altri, nei casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientale, paesaggistico o culturale.

Il provvedimento tacito non può perfezionarsi se l’immobile ricade in zona sottoposta a vincolo idrogeologico.

Titolo edilizio

Tar Basilicata, Potenza, sez. I, 28 giugno 2023, n. 427

Titolo edilizio – SCIA – Permesso di costruire – Errore sui requisiti – Abuso edilizio

Se è stata presentata la SCIA, invece della domanda di permesso di costruire, non può essere applicato il termine di 30 giorni ex art. 23, c. 6, DPR n. 380/2001 per l’esercizio del potere di controllo inibitorio.

Poiché per gli interventi edilizi, realizzati mediante SCIA, ma soggetti a permesso di costruire, deve applicarsi l’art. 21, c. 2 bis, della legge n. 241 del 1990, ai sensi del quale “restano ferme le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di Pubbliche Amministrazioni previste da Leggi vigenti, anche se è stato dato inizio all’attività ai sensi degli artt. 19 e 20”, l’errore sui requisiti oggettivi della SCIA, essendo una dichiarazione unilaterale, non può comportare, in favore di chi la rende, né un affidamento vincolante per la Pubblica Amministrazione, che si limita a riceverla, né la sanatoria della SCIA, mancante di un requisito essenziale.

Il provvedimento con cui l’Amministrazione accerta che le opere edilizie non potevano essere realizzate mediante SCIA, occorrendo il permesso di costruire, non è espressione di autotutela, ma ha valore meramente accertativo di un abuso doverosamente rilevabile e reprimibile senza alcun limite di dover agire entro un termine ragionevole.