Occupazione sine titulo e istanza di acquisizione sanante
Consiglio di Stato, sez. IV, 13 novembre 2024, n. 9120
Espropriazione per pubblico interesse – Occupazione sine titulo – Obbligo di provvedere – Acquisizione sanante ex art. 42 bis d.P.R. 327/2001 – Discrezionalità – Potere sollecitatorio del privato – Silenzio della P.A. – Nuova istanza del privato – Obblighi di buona fede e collaborazione
Nei casi di illecita apprensione di immobili in violazione delle disposizioni del testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, una volta scaduti i termini del decreto di occupazione d’urgenza in assenza del provvedimento espropriativo, sorge automaticamente a carico dell’amministrazione l’obbligo di porre rimedio agli effetti di un comportamento divenuto contra ius mediante la restituzione dell’immobile ovvero l’acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42 bis. Tale scelta rientra nel potere discrezionale dell’amministrazione che non attiene all’an, incompatibile con l’esistenza di un obbligo di provvedere, ma al quomodo, trattandosi di ipotesi decisionali alternative.
Nei casi di illecita apprensione di immobili in violazione delle disposizioni del testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 spetta al privato la facoltà di sollecitare l’adozione di un provvedimento di acquisizione sanante ai sensi dell’articolo 42 bis o, in alternativa, la restituzione del bene. Tale iniziativa ha funzione di sollecito e non di impulso procedimentale in senso proprio, rispetto ad un obbligo di provvedere che sorge a carico dell’amministrazione sin dal perfezionarsi dell’illecita occupazione e la cui violazione può essere accertata dal giudice su ricorso del privato senza bisogno di istanze formali.
In caso di silenzio serbato dall’amministrazione sulla domanda volta ad ottenere l’acquisizione sanante del bene occupato sine titulo ai sensi dell’art. 42 bis del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, l’eventuale irricevibilità del ricorso proposto oltre il termine annuale di decadenza di cui all’articolo 31, comma 2, del codice del processo amministrativo, non preclude al privato, in applicazione dei doveri di collaborazione e buona fede che incombono sulle parti della relazione procedimentale, di presentare una istanza sollecitatoria all’amministrazione, manifestando la persistenza dell’interesse all’adozione del provvedimento conclusivo. Tale domanda ha l’effetto di rendere nuovamente ammissibile l’azione avverso il silenzio ai sensi della seconda parte dell’articolo 31, comma 2, del codice del processo amministrativo, qualora l’inerzia dell’amministrazione perduri.
Dagli obblighi di buona fede e collaborazione contemplati dall’articolo 1, comma 2 bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241 discende che nei procedimenti d’ufficio in cui, a rigore, la legge non contempla oneri di impulso di natura procedimentale in capo al privato, è configurabile uno specifico onere per il privato di sollecitare l’amministrazione ad esercitare i propri poteri, evidenziando la persistenza dell’interesse ad una conclusione del procedimento con un provvedimento espresso, con conseguente applicabilità della seconda parte dell’articolo 31, comma 2, del codice del processo amministrativo.