Istanza di condono

Alla Corte Costituzionale la questione dei vincoli di inedificabilità assoluta nella Regione Siciliana

Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sez. giurisdizionale, 14 maggio 2024, ordinanza n. 364

Abuso edilizio – Vincolo di inedificabilità assoluta dalla battigia – Istanza di condono – Normativa Regione Sicilia

Il Collegio sottopone alla Corte costituzionale – ritenendola rilevante e non manifestamente infondata – la questione di legittimità costituzionale:

a) dell’art. 2, comma 3, della legge regionale siciliana 30 aprile 1991, n. 15, quanto alle relative parole “devono intendersi” (anziché “sono”); e, comunque, di detto comma 3 nella parte in cui esso pone la retroazione del precetto – di diretta e immediata efficacia anche nei confronti dei privati delle “disposizioni di cui all’art. 15, prima comma, lett. a, … della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78” – sin dalla data di entrata in vigore di detta legge regionale n. 78 del 1976, anziché dalla data di entrata in vigore della stessa legge n. 15 del 1991, per le ragioni di seguito esposte;

b) nonché – in via subordinata e condizionatamente all’esegesi che se ne dia – dell’art. 23 (ossia dell’art. 32-33 della legge n. 47 del 1985 per quale recepita in Sicilia), comma 11 (già 10), ultima proposizione, della legge regionale siciliana 10 agosto 1985, n. 37 – laddove tale norma afferma che “restano altresì escluse dalla concessione o autorizzazione in sanatoria le costruzioni eseguite in violazione dell’art. 15, lettera a) della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, ad eccezione di quelle iniziate prima dell’entrata in vigore della medesima legge e le cui strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976” – per violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza di cui all’art. 3, comma 1, della Costituzione (c.d. eccesso di potere legislativo).

In sostanza, il Collegio dubita della compatibilità costituzionale dell’imposizione, nel 1991, del vincolo di inedificabilità assoluta nei 150 metri dalla battigia direttamente efficace anche per i privati con effetto retroattivo sin dal 1976; anziché con effetto solo per l’avvenire, ossia dall’entrata in vigore della legge n. 15 del 1991.

L’accoglimento della questione sollevata avrebbe, praticamente, l’effetto – ma solo limitatamente a quei Comuni che non avevano dato attuazione al precetto di cui al cit. art. 15, primo comma, lett. a), della L.R. n. 78 del 1976 – di includere nel novero delle opere condonabili ai sensi del c.d. primo condono, quello del 1985, non solo “quelle iniziate prima dell’entrata in vigore della medesima legge [n. 78 del 1976] e le cui strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976”, ma anche quelle realizzate, parimenti nei 150 metri dalla battigia, fino al 1° ottobre 1983. Ne resterebbero invece comunque escluse – oltre alle opere realizzate dopo il 1976 nei comuni che avevano attuato il precetto loro rivolto dal cit. art. 15, lett. a) – tutte le opere ultimate successivamente al 1° ottobre 1983, perché ex se non condonabili, ratione temporis, in base alla legge n. 47 del 1985; così come neppure in base al c.d. secondo condono, quello del 1994, giacché esso è sopravvenuto successivamente all’entrata in vigore della cit. L.R. n. 15 del 1991, che – pur se solo a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, ma non già retroattivamente – senza dubbio ha legittimamente reso “direttamente e immediatamente efficaci anche nei confronti dei privati” “le disposizioni di cui all’articolo 15, primo comma, lett. a, … della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78”, cui il relativo art. 2, comma 3, si riferisce.

In via subordinata – ossia solo per l’inverosimile eventualità che, all’opposto di quanto questo Collegio opina, si ritenesse possibile affermare che l’esclusione dal condono del 1985 non derivi dall’interpretazione autentica recata dal cit. art. 2, comma 3, L.R. n. 15 del 1991, bensì dallo stesso art. 23, comma XI, della L.R. n. 37 del 1985 – questo Consiglio reputa dubbia la legittimità costituzionale di detta norma legislativa regionale, nella parte in cui si potesse ritenere che essa abbia escluso dalla condonabilità “speciale” di cui alla legge n. 47 del 1985 un’ipotesi che (in difetto di preventivo inserimento di detto vincolo nei piani regolatori generali dei singoli Comuni, destinatari dell’originario precetto della L.R. n. 78 del 1976) sarebbe comunque passibile di ordinario accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del T.U. n. 380 del 2001 (ex art. 13 della legge statale n. 47 del 1985).

La ratio del condono è quella di rendere sanabili attività edilizie che non possano ottenere, ex post, la concessione in sanatoria; né, ex ante, il titolo edilizio: giacché, altrimenti, non avrebbe senso ancorare a una precisa finestra temporale la possibilità di richiedere il condono.

Silenzio assenso in materia edilizia

Tar Lazio, Roma, sez. II Stralcio, 14 agosto 2023, n. 13318

Titolo edilizio – Silenzio assenso

In materia edilizia, il silenzio assenso costituisce uno strumento di semplificazione amministrativa e non già di liberalizzazione, con la conseguenza che la formazione del titolo abilitativo per silentium non si perfeziona con il mero decorrere del tempo, ma richiede la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge per il rilascio del titolo stesso; pertanto, per l’ipotesi dell’istanza di condono, la formazione del silenzio assenso è esclusa allorché non vi siano i requisiti sostanziali per il suo accoglimento.

Abuso edilizio e diniego di condono

Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 10 luglio 2023, n. 577

Abuso edilizio – Istanza di condono – Diniego – Affidamento

Il diniego di condono risulta legittimamente adottato anche molti anni dopo la presentazione dell’istanza di condono e la risposta tardiva da parte del Comune non permette di radicare alcun affidamento tutelabile, né per quanto riguarda l’estensione delle categorie della sanatoria, né relativamente alla persistenza del potere di intimare la rimessione in pristino. La demolizione di opere mai assistite da titolo edilizio ha natura vincolata, non richiede la dimostrazione di un interesse pubblico attuale, e non diventa inammissibile per il tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso o in conseguenza del trasferimento della proprietà del bene. Inoltre, la legittimità dell’ordine di demolizione comporta l’applicabilità delle sanzioni collegate all’inottemperanza, compresa la perdita della proprietà fino al decuplo della superficie utile abusivamente costruita.