Convenzioni urbanistiche

Convenzioni urbanistiche, accordi sostitutivi, inadempimento e oneri probatori

Consiglio di Stato, sez. IV, 10 marzo 2025, n. 1962

Convenzioni urbanistiche – Natura giuridica – Disciplina – Inadempimento dell’amministrazione – Rimedi civilistici – Riparto dell’onere probatorio – Risarcimento dei danni – Danno emergente – Lucro cessante – Natura giuridica – Tesi ontologica

La convenzione stipulata tra privato ed amministrazione volta a disciplinare le modalità di realizzazione di opere di urbanizzazione deve assimilarsi a un accordo sostitutivo del provvedimento amministrativo ex articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 al quale si applicano, ove non diversamente previsto, i principi civilistici in materia di inadempimento delle obbligazioni. Pertanto, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della dimostrazione del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, o dall’eccezione d’inadempimento del creditore ex art. 1460 del codice civile.

Il risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento degli obblighi assunti da un’amministrazione con convenzione urbanistica (nella specie, per mancata esecuzione di opere di urbanizzazione alle quali era subordinata la vendita di un suolo edificabile con destinazione commerciale) va commisurato, quanto al danno emergente, alle spese documentate direttamente imputabili, anche pro quota, alla attuazione della convenzione, a meno che non si tratti di spese che, per la loro natura indivisibile, il privato avrebbe comunque dovuto sostenere e che pertanto non risultano sine causa, nell’an o nel quantum, in conseguenza del venir meno in parte qua della convenzione urbanistica.

Il risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento degli obblighi assunti da un’amministrazione con convenzione urbanistica (nella specie, per mancata esecuzione di opere di urbanizzazione alle quali era subordinata la vendita di un suolo edificabile con destinazione commerciale) non può ricomprendere, quanto al danno emergente, le spese relative al regime di tassazione dell’immobile rimasto invenduto in quanto indice di capacità contributiva, cui si correlano peraltro anche vantaggi in termini di solvibilità, ampiezza della garanzia patrimoniale e possibilità di ottenere finanziamenti. Difatti, non si tratta di un pregiudizio patrimoniale suscettibile di ristoro ma dell’insieme di diritti e di obblighi legali connessi in via ordinaria alla titolarità del bene.

Il risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento degli obblighi assunti da un’amministrazione con convenzione urbanistica (nella specie, per mancata esecuzione di opere di urbanizzazione alle quali era subordinata la vendita di un suolo edificabile con destinazione commerciale) va commisurato, quanto al lucro cessante per perdita di chance, all’utile presuntivamente ritraibile dall’operazione (nella specie stimato nel 10% del prezzo di compravendita) sul quale poi va calcolata la percentuale corrispondente alla concreta possibilità di conseguimento della utilità finale attesa (nella specie, rappresentata dalla vendita del bene e stimata nel 30% dell’utile teorico) che deve tener conto di specifiche circostanze (nella specie, presenza di una o più proposte di acquisto, eventuali condizioni disincentivanti all’acquisto, assoggettamento della convenzione edilizia al potere di recesso dell’amministrazione, scelta processuale dell’operatore di chiedere la risoluzione della convenzione senza ricercare ulteriori chance di vendita).

In materia di risarcimento del lucro cessante, va accolta la tesi ontologica del danno da perdita di chance, qualificando la chance alla stregua di una posta attiva del patrimonio del danneggiato assistita da una consistenza probabilistica adeguata circa il conseguimento dell’utilità finale attesa e, in ordine alla quantificazione, può farsi applicazione del criterio del principio della liquidazione in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 del codice civile.

Ordinanze contingibili e urgenti e prevedibilità del pericolo

Consiglio di Stato, sez. V, 20 dicembre 2024, n. 10283

Ordinanze contingibili e urgenti – Prevedibilità del pericolo – Convenzioni urbanistiche – Legislazione fallimentare – Non applicabilità – Realità – Oneri di urbanizzazione – Solidarietà

La circostanza che la vicenda fosse già nota all’amministrazione non ha di per sé rilevanza sull’esistenza o meno del pericolo di danno, sia in relazione al suo aspetto ontologico, sia in rapporto alle vicende della situazione stessa, siano esse di aggravamento o comunque di modifica. Infatti, l’assoluta imprevedibilità della situazione da affrontare non può considerarsi un presupposto indefettibile per l’adozione delle ordinanze.

L’art. 72 della legge fallimentare non si applica alle convenzioni urbanistiche, che sono da ricondurre nell’alveo dell’art. 11 della l. 241/90: queste ultime, quindi, non soggiacciono ai limiti fallimentari e l’Amministrazione può pretenderne l’adempimento da parte del soggetto sottoscrittore.

Il carattere reale dell’obbligazione convenzionale comporta che “anche” il soggetto titolare dei diritti reali possa essere chiamato a rispondere delle obbligazioni convenzionali, in quanto dalla natura ambulatoriale delle obbligazioni non può discendere la conseguenza della liberazione dalle obbligazioni assunte con la stipulazione della convenzione urbanistica. Infatti, l’obbligazione in solido per il pagamento degli oneri di urbanizzazione e la natura reale dell’obbligazione riguardano i soggetti che stipulano la convenzione, quelli che richiedono la concessione e quelli che realizzano l’edificazione, nonché i loro aventi causa. In particolare, l’obbligazione solidale facoltizza il soggetto che richiede l’adempimento ad individuare quale, fra i soggetti passivi, intimare, senza che l’esclusione di uno o più dei soggetti coobbligati possa essere fonte di invalidità (illegittimità) della richiesta (ovvero del provvedimento qui impugnato).

Risoluzione per inadempimento di una convenzione urbanistica

Consiglio di Stato, sez. IV, 5 dicembre 2024, n. 9758

Pianificazione urbanistica – Convenzioni urbanistiche – Risoluzione per inadempimento – Obblighi restitutori corrispettivi – Natura giuridica – Compensazione impropria – Rivalutazione monetaria

In relazione ad una convenzione urbanistica di cui sia stata disposta in via giudiziale la risoluzione per inadempimento, la restituzione di ciò che è stato versato in esecuzione di essa non integra un’obbligazione risarcitoria relativa al ristoro del danno emergente, bensì un’obbligazione restitutoria, poiché gli obblighi restitutori derivanti dalla sentenza costitutiva di risoluzione per inadempimento del contratto derivano dal venir meno, per effetto dell’anzidetta pronuncia costitutiva, della causa delle reciproche obbligazioni; di tal che, trova senz’altro applicazione il principio di retroattività degli effetti della sentenza di risoluzione, ai sensi dell’art. 1458 c.c.

In relazione ad una convenzione urbanistica di cui sia stata disposta in via giudiziale la risoluzione per inadempimento, allorché le prestazioni contrattuali sono irripetibili per le loro intrinseche caratteristiche, come avviene quando esse siano consistite nel godimento di un determinato bene per un certo periodo di tempo, opera la compensazione impropria tra obbligazioni restitutorie corrispettive, delle quali l’una ha ad oggetto un’obbligazione ripetibile in natura (somma di denaro o consegna della res) e l’altra corrisponde al godimento del bene medio tempore avuto dalla controparte ed è per tale ragione irripetibile, sicché, in tali ipotesi, si giustifica la riduzione della prima obbligazione per effetto dell’anzidetta compensazione impropria.

In relazione ad una convenzione urbanistica di cui sia stata disposta in via giudiziale la risoluzione per inadempimento, quanto alla domanda di restituzione delle somme versate, non avendo essa natura risarcitoria, non è dovuta la rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valuta e non di valore, mentre sono dovuti gli interessi nella misura legale, salva prova del maggior danno, ex art. 1224, 2 comma c.c.; tali interessi decorrono dalla data della domanda giudiziale e non dalla data del versamento e neppure dall’atto di costituzione in mora, poiché la sentenza di risoluzione per inadempimento è una pronuncia costitutiva e non meramente dichiarativa.

Convenzioni urbanistiche e sopravvenienze

Consiglio di Stato, sez. IV, 11 novembre 2024, n. 9014

Convenzioni urbanistiche – Sopravvenienze – Rilevanza – Rinegoziazione – Buona fede – Obbligo di provvedere in capo alla parte pubblica

In presenza di un esercizio consensuale del potere pubblico, la legge o la buona fede possono imporre un obbligo di provvedere, senza che ciò escluda la natura bilaterale che connota gli accordi. L’accordo in questione è infatti stipulato nell’esercizio di un potere pubblico, con la conseguenza che l’attributo indefettibile di tale situazione giuridica non è quello della libertà, proprio della autonomia negoziale, bensì della doverosità cui si ricollega l’obbligo di provvedere nei casi in cui sussista una posizione differenziata e qualificata di pretesa ad una pronuncia espressa sulla proposta di stipula dell’accordo.

In presenza di circostanze sopravvenute rilevanti, il privato può chiedere al Comune di rinegoziare i contenuti della convezione urbanistica o di singole sue parti, in applicazione del principio di buona fede e correttezza ex art. 1375 c.c., richiamato dall’art. 11, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in forza del rinvio ivi contenuto ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti. Inoltre, avendo il privato una posizione qualificata e differenziata in quanto parte dell’accordo, in presenza di una istanza di riesame dei contenuti della convenzione, motivata in ragione di circostanze sopravvenute, è ben possibile configurare un obbligo di provvedere in capo alla controparte pubblica, che non necessariamente sarà tenuta ad assicurare il bene della vita cui aspira la parte privata ma che dovrà, in ogni caso, istruire l’istanza e motivare le proprie determinazioni nel rispetto del canone generale di ragionevolezza e di proporzionalità.

Non sussiste obbligo di provvedere del Comune sulla istanza di rinegoziazione di una convenzione di lottizzazione in presenza di circostanze sopravvenute rilevanti, qualora l’ente locale abbia in passato reiteratamente ribadito il proprio interesse alla piena e integrale attuazione dell’accordo, nei termini originariamente concordati, a fronte dell’inadempimento del lottizzante principale nella esecuzione delle opere di urbanizzazione. Difatti, in tale situazione non è configurabile alcun obbligo di buona fede e di cooperazione in capo al Comune che subisce una situazione di grave e persistente stallo, in pregiudizio dell’interesse pubblico alla corretta pianificazione dell’area. Peraltro, qualora le opere pubbliche dedotte in convenzione risultino funzionali alla urbanizzazione dei lotti di proprietà di altri contraenti (lottizzanti minori), è la stessa natura di accordo plurilaterale che osta ad una rinegoziazione della convenzione sui cui contenuti ed obblighi altre parti fanno, da tempo, affidamento per poter esercitare lo ius aedificandi inerente ai suoli in loro proprietà ricompresi nel medesimo comparto.

Convenzioni urbanistiche e criteri interpretativi

Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 13 novembre 2024, n. 3185

Convenzioni urbanistiche – Criteri interpretativi – Variazioni unilaterali delle obbligazioni contrattuali – Principi di affidamento e buona fede – Riequilibrio delle previsioni della convenzione – Interlocuzioni informali fra parti lottizzanti e Uffici comunali – Irrilevanza

Per procedere all’interpretazione delle clausole convenzionali, devono essere applicati i criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., i quali, oltre che per l’interpretazione dei contratti, degli atti unilaterali (in quanto compatibili, ai sensi dell’art. 1324 cod. civ.), dei provvedimenti amministrativi (nei limiti della compatibilità), devono applicarsi anche agli accordi di cui all’art. 11 della legge n. 241 del 1990, in ragione del richiamo, da parte del comma 2 della suddetta disposizione, ai “principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti per quanto compatibili”. Il primo e principale strumento di interpretazione della convenzione è il senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, da verificarsi alla luce dell’intero contesto, ponendo le singole clausole in correlazione tra loro ai sensi dell’art. 1363 cod. civ., in quanto per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale.

La necessità di salvaguardare l’equilibrio dei rapporti contrattuali anche in fase di esecuzione, in ossequio ai canoni di affidamento e buona fede e nel rispetto del rapporto di sinallagmaticità, impone di assumere come lesiva della posizione giuridica del Comune e dei suoi interessi la determinazione delle lottizzanti di procedere ad indebite variazioni unilaterali delle obbligazioni assunte contrattualmente.

Del resto, anche laddove il riequilibrio delle previsioni della convenzione si renda necessario per il sopravvenire di circostanze che aggravano la posizione di uno dei contraenti, ciò non può avvenire sulla base di un intervento unilaterale di quest’ultimo, bensì soltanto in esito alla rinegoziazione tra le parti, secondo buona fede, delle prestazioni oggetto delle obbligazioni che non possano più essere adempiute nel modo originariamente convenuto.

Risultano irrilevanti al fine di verificare il rispetto delle clausole convenzionali le interlocuzioni di carattere assolutamente informale intervenute tra le parti lottizzanti e gli Uffici comunali.

Convenzioni urbanistiche

Tar Puglia, Bari, sez. I, 25 luglio 2023, n. 1032

Pianificazione urbanistica – Convenzioni urbanistiche – Piano di edilizia economica e popolare

Le convenzioni urbanistiche sono accordi ad oggetto pubblico con i quali l’amministrazione realizza esclusivamente finalità istituzionali. Poiché i diritti e gli obblighi ivi previsti sono strumentali a dette finalità, la convenzione urbanistica non ha una specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento di contrapposti interessi delle parti stipulanti, bensì si configura come accordo endoprocedimentale dal contenuto vincolante, quale mezzo rivolto al fine di conseguire l’autorizzazione edilizia; quindi, non è ravvisabile un rapporto strettamente sinallagmatico tra i soggetti stipulanti.

Essendo il momento convenzionale servente e strumentale rispetto al momento pubblicistico, la causa del trasferimento della proprietà delle aree dal Comune al cessionario/costruttore nella convenzione accessiva al Piano di edilizia economica e popolare non è l’ampliamento della sfera giuridica del cessionario/attuatore con le aree oggetto della cessione, bensì unicamente e inderogabilmente la realizzazione e il trasferimento degli alloggi da assegnare a soggetti in possesso dei requisiti ex lege, non configurabile come una qualunque controprestazione civilistica, ma quale elemento strutturale caratterizzante e imprescindibile condizione di legittimità della pianificazione secondaria. La presenza di un momento negoziale, costituito dalla convenzione, non muta la sostanza dell’ontologicamente sottostante rapporto pubblicistico preordinato al conseguimento dell’interesse pubblico generale.

Gli obblighi scaturenti dalla convenzione sono elementi “strutturali” immanenti all’assentita pianificazione secondaria.

Il vincolo relativo al prezzo massimo di cessione segue il bene nei successivi passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con naturale efficacia indefinita, persistendo fino a quando non sia stato rimosso mediante la stipula di un’apposita convenzione con il Comune, attesa la ratio legis di garantire il diritto alla casa ai meno abbienti, facilitando l’acquisizione di alloggi a prezzi contenuti.

La scadenza della Convenzione riguarda l’efficacia del solo regime urbanistico introdotto dalla medesima, rendendo inattuabili le previsioni del piano che non abbiano avuto concreta attuazione e non può incidere sulla validità ed efficacia degli obblighi strumentali alle finalità istituzionali, assunti con la Convenzione urbanistica dai soggetti attuatori degli interventi: tanto comporta anche l’inapplicabilità della prescrizione ai diritti dell’Amministrazione pubblica inerenti agli impegni convenzionali strumentali alle finalità istituzionali che il soggetto attuatore ha assunto con la stipula della convenzione urbanistica.