Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 29 gennaio 2024, n. 72
Impianti pubblicitari su strade pubbliche – Diffusione pubblicitaria tramite transenne parapedonali – Regolamentazione comunale – Discrezionalità – Eccesso di potere – Affidamento del privato
Nel concetto di “mezzi per la pubblicità” rientrano anche le transenne parapedonali, quale “Mezzo pubblicitario”, facente parte della categoria “impianto pubblicitario di servizio”, a norma dell’art.4 del Regolamento di esecuzione ed attuazione del nuovo Codice della Strada.
A norma dell’art. 47 comma 7 del Regolamento di esecuzione ed attuazione del nuovo Codice della Strada, “si definisce impianto pubblicitario di servizio qualunque manufatto avente quale scopo primario un servizio di pubblica utilità nell’ambito dell’arredo urbano e stradale (fermate autobus, pensiline, transenne parapedonali, cestini, panchine, orologi, o simili) recante uno spazio pubblicitario che può anche essere luminoso sia per luce diretta che per luce indiretta”.
L’art. 51 comma 8 dello stesso Regolamento così dispone “Per gli impianti pubblicitari di servizio costituiti da paline e pensiline di fermata autobus, e da transenne parapedonali recanti uno spazio pubblicitario con superficie inferiore a 3 m2, non si applicano, fuori dai centri abitati, le distanze previste al comma 2, ed entro i centri abitati si applicano le distanze fissate dai regolamenti comunali, sempre che siano rispettate le disposizioni dell’articolo 23, comma 1, del codice. Nei centri abitati, la diffusione di messaggi pubblicitari utilizzando transenne parapedonali è disciplinata dai regolamenti comunali, che determinano le dimensioni, le tipologie ed i colori, sia delle transenne che degli spazi pubblicitari nelle stesse inseriti, tenuto conto del circostante contesto storico – architettonico, sempreché siano rispettate le disposizioni dell’articolo 23, comma 1, del codice”.
La censura di eccesso di potere per disparità di trattamento, a fronte di scelte discrezionali dell’Amministrazione, è riscontrabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato, situazioni la cui prova rigorosa deve essere fornita dall’interessato, con la precisazione che la legittimità dell’operato della Pubblica amministrazione non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione.
La disparità di trattamento può essere fatta valere quale causa d’illegittimità provvedimentale solo in caso di perfetta identità delle fattispecie, e ciò a prescindere dal fatto che la sola diversità di trattamento non vale a dimostrare di suo un vizio di eccesso di potere, non potendo l’eventuale illegittimità commessa dall’amministrazione in altro frangente divenire valida ragione a sostegno delle proprie pretese.
Il principio di affidamento sostanzia un principio regolatore di ogni rapporto giuridico, inclusi quelli di diritto amministrativo. Più precisamente, esso viene identificato con la “fiducia ragionevolmente riposta”, con il “ragionevole convincimento” della spettanza del bene della vita, oppure con “l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito” dell’attività della Pubblica amministrazione.
Nei rapporti di diritto amministrativo, inerenti all’esercizio del pubblico potere, è configurabile un affidamento del privato sul legittimo esercizio di tale potere e sull’operato dell’amministrazione conforme ai principi di correttezza e buona fede, fonte per quest’ultima di responsabilità non solo per comportamenti contrari a canoni di origine civilistica ora richiamati, ma anche per il caso di provvedimento favorevole annullato.
Elemento di fondamentale rilevanza nell’accertamento dei presupposti di tutela dell’affidamento è la dimensione soggettiva di chi ne allega la lesione, che consente di appurare se e in che misura il privato possa vantare un legittimo e qualificato affidamento sul provvedimento amministrativo poi annullato.
La responsabilità dell’amministrazione per lesione dell’affidamento ingenerato nel destinatario di un provvedimento favorevole poi annullato in sede giurisdizionale postula che sulla sua legittimità sia sorto un ragionevole convincimento, il quale è escluso in caso di illegittimità evidente o quando il medesimo destinatario abbia conoscenza dell’impugnazione contro lo stesso provvedimento.
Pertanto, l’affidamento tutelabile in via risarcitoria deve essere ragionevole, id est incolpevole. Esso, quindi, deve fondarsi su di una situazione di apparenza costituita dall’amministrazione con il provvedimento, in cui il privato abbia confidato senza colpa.