Usi civici

Usi civici

Consiglio di Stato, sez. V, 23 febbraio 2024, n. 1800

Usi civici – Nozione – Normativa – Funzione – Beni giuridici protetti – Principi di indisponibilità, imprescrittibilità e non usucapibilità – Occupazione abusiva – Interesse pubblico alla reintegrazione – Onere motivazionale attenuato

Per “usi civici” possono intendersi i diritti spettanti ad una collettività – ed a ciascuno dei suoi componenti, che può quindi esercitarlo uti singulus – organizzata ed insediata su di un territorio, il cui contenuto consiste nel trarre utilità dalla terra, dai boschi e dalle acque, nonostante la loro titolarità formale in capo a differenti soggetti pubblici o privati.

La materia degli usi civici è disciplinata da una complessa normativa, risalente ad epoche molto diverse, essenzialmente dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766 e dalla legge 20 novembre 2017, n. 168. Dall’analisi delle succitate disposizioni, emerge un’evoluzione normativa in materia di usi civici e domini collettivi – categoria di non agevole inquadramento teorico-pratico – in relazione al graduale processo di trasformazione dell’istituto, in considerazione del cambiamento del contesto economico-sociale e degli orientamenti della giurisprudenza.

La tradizionale funzione degli usi civici consiste nell’assicurare agli appartenenti alle collettività locali utilità derivanti dalla terra, ai fini del loro sostentamento. L’istituto è stato, in seguito e progressivamente, inciso da esigenze di riforma, tendenti all’estinzione dell’uso civico, liberando il fondo dal peso e realizzando, in questo modo, la riespansione del regime di piena proprietà. Ed invero, la finalità della legge n. 1766 del 1927 consisteva proprio nell’individuazione degli usi civici ai fini della liquidazione degli stessi da parte del proprietario, mediante riconoscimento di un indennizzo.

Nella più recente disciplina in materia di domini collettivi (legge n. 168 del 2017), il legislatore afferma che, con l’imposizione del vincolo paesaggistico, l’ordinamento garantisce l’interesse della collettività generale alla conservazione degli usi civici per contribuire, tra l’altro, alla salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio (cfr. art. 3, comma 6, l. n. 168 del 2017). Il legislatore include, dunque, i beni collettivi nell’ambito del patrimonio naturale, economico e culturale inteso quale forma di comproprietà assistita da un peculiare regime di tutela di tipo conservativo.

L’istituto degli usi collettivi ha subìto, dunque, un totale rivolgimento culturale, atteso che dalla sostanziale liquidazione degli usi civici, così come disciplinata dalla legge n. 1766 del 1927, si è passati alla loro costituzionalizzazione, con la legge n. 168 del 2017, che ha messo in risalto i capisaldi della più moderna tutela dei beni pubblici collettivi, fondata sui principi di indisponibilità, imprescrittibilità e non usucapibilità.

Usi civici

Cassazione civile, Sezione II, 6 giugno 2023, n. 15805

Fondo assoggettato ad usi civici – Accertamento uso civico successivo all’immissione in possesso – Buona fede – Miglioramenti del fondo – Indennità ex art. 1150 c.c.

Al possessore di fondo assoggettato al vincolo di uso civico, accertato solo con sentenza successiva all’immissione in possesso, spetta il diritto all’indennità per i miglioramenti apportati al fondo ex art. 1150 c.c., con riferimento a tutte le opere migliorative realizzate fino al momento della notifica della domanda giudiziale, dovendosi ritenere, da questo momento, cessati gli effetti di uno stato di possesso esercitato in buona fede. Dopo la notifica della domanda giudiziale si intende iniziata una situazione di occupazione senza titolo e non già di possesso in mala fede, con conseguente inapplicabilità dell’art. 1150, comma 3, c.c..

Usi civici

Corte Costituzionale, 15 giugno 2023, n.  119

Usi civici – Domini collettivi – Disciplina – Beni collettivi

L’art. 3, comma 3, della legge n. 168 del 2017 si pone in contrasto con gli artt. 3 e 42, secondo comma, Cost., nella parte in cui, riferendosi ai beni indicati dall’art. 3, comma 1, non esclude dal regime della inalienabilità le terre di proprietà di privati, sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati

In caso di alienazione delle terre di proprietà privata, i diritti di uso civico seguono il bene e i componenti della collettività continuano a poter esercitare tutte le facoltà che gli usi civici conferiscono loro. Al contempo, il diritto di proprietà circola preservando sulla terra il vincolo paesaggistico, che impedisce al proprietario di apportare modificazioni pregiudizievoli per gli usi civici. Di conseguenza, chiunque acquisti il fondo non può compiere alcun atto che possa compromettere il pieno godimento promiscuo, nonché il valore paesistico ambientale correlato alla conservazione degli usi civici. Il regime di inalienabilità delle terre di proprietà privata su cui insistono usi civici si dimostra totalmente estraneo alla tutela di interessi generali sotto qualunque prospettiva lo si consideri: l’inalienabilità non ha alcuna ragionevole connessione con lo scopo di assicurare la funzione sociale della proprietà privata. Conclusivamente, la norma censurata determina una irragionevole conformazione e, di riflesso, una illegittima compressione della proprietà privata.