Oneri motivazionali

TARI e motivazione

Consiglio di Stato, sez. V, 8 luglio 2024, n. 6021

Servizi pubblici – Tributi locali – Rifiuti urbani – Comune e provincia – Aliquote – Tariffe – Delibera di approvazione – Natura giuridica – Periodo della pandemia da Covid – Onere motivazionale attenuato

È legittima la delibera di approvazione delle aliquote Tari (tassa sui rifiuti) adottata ai sensi dell’art. 107, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 con cui il comune, nel particolare scenario della pandemia da Covid, provveda a confermare per il 2020 le aliquote approvate e già applicate per l’anno 2019; tale attività non richiede alcun particolare onere di motivazione, se non il richiamo alla fonte primaria.

In materia di determinazione delle aliquote Tari (tassa sui rifiuti), non è ravvisabile uno stringente obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa, poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili.

Pianificazione urbanistica e partecipazione dei privati

Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 11 marzo 2024, n. 199

Pianificazione urbanistica – Istanze ambientali ed ecologiche – Discrezionalità – Destinazioni d’uso edificatorie diverse – Onere motivazionale – Osservazioni dei privati

Le scelte effettuate dalla p.a. in sede di formazione ed approvazione dello strumento urbanistico generale sono accompagnate da un’amplissima valutazione discrezionale per cui, nel merito, appaiono insindacabili e sono per ciò stesso attaccabili solo per errori di fatto, abnormità e irrazionalità delle stesse; in ragione di tale discrezionalità, l’Amministrazione non è tenuta a fornire apposita motivazione in ordine alle scelte operate nella sede di pianificazione del territorio comunale, se non richiamando le ragioni di carattere generale che giustificano l’impostazione del piano.

Nell’ambito del relativo procedimento, le osservazioni dei privati costituiscono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici, il cui rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute, in modo serio e ragionevole, in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano.

Nella pianificazione urbanistica trovano spazio esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi.

Affidamenti in house e oneri motivazionali

Consiglio di Stato, sez. V, 26 gennaio 2024, n. 843

Servizi pubblici – In house providing – Onere motivazionale rafforzato – Valutazione di efficienza – Congruità economica

Anche in presenza di un principio di libera amministrazione circa le modalità di svolgimento di un servizio (ossia se in outsourcing oppure direttamente o in house) il ricorso al modello in house può essere condizionato alla dimostrazione dei vantaggi per la collettività specificamente connessi al ricorso all’operazione interna. In particolare, i vantaggi vanno espressi in termini di qualità dei servizi forniti.

In caso di affidamento diretto, occorre sempre dare specificamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato: la motivazione sottesa all’opzione internalizzante può essere unitaria, ogni qual volta le ragioni addotte giustifichino il mancato ricorso al mercato e integrino i richiesti benefici per la collettività attesi dal modello in house.

Invero, i benefici per la collettività attesi dall’organizzazione in house dello stesso e le ragioni del mancato ricorso al mercato costituiscono le due facce di una medesima realtà, di cui colgono, rispettivamente, gli elementi positivi (inclinanti la valutazione dell’Amministrazione verso l’opzione gestionale di tipo inter-organico) e quelli negativi (sub specie di indisponibilità di quei benefici attraverso il ricorso al mercato.

Sono tre i fattori che occorre valutare nel percorso motivazionale di cui all’art. 192, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (ratione temporis vigente), ossia in occasione della decisione di optare per il regime in house in luogo di quello outsourcing (ricorso al mercato mediante sistema di pubbliche gare) : A) le ragioni del mancato ricorso al mercato ossia il fallimento del mercato; B) i benefici per la collettività; C) la congruità economica dell’offerta.

L’affidamento in house non può rivelarsi preferibile rispetto alla opzione outsourcing unicamente per la generica ritenuta presenza di controlli più pregnanti (il che si tradurrebbe in una violazione dell’art. 192 per motivazione generica), ma è richiesto, in particolare, che sia predisposto un sistema di pianificazione e di controllo direzionale (attraverso ossia un meccanismo fluido e continuo di pianificazione, progettazione e gestione, nonché mediante un articolato sistema di obiettivi e indicatori di risultato) più efficiente, come risultante dalla misurazione dell’output ossia dei risultati effettivamente conseguiti.

Ed una valutazione di efficienza del concepito modello di gestione e di valutazione deve essere operata in concreto.

Con riferimento alla convenienza economica, l’art. 192 non impone che vi debba essere un risparmio in termini finanziari del modello in house (la disposizione di cui all’art. 192 parla infatti di “conguità economica” in sé ma non di maggiore convenienza o di risparmio in termini finanziari), dunque, non deve tenersi conto della differenza tra impatto finanziario (basato sulle mere uscite) ed impatto economico (basato sui costi ossia sul tasso di utilizzo delle risorse da impiegare). In particolare, la congruità economica deve essere valutata sia in termini puramente interni all’organismo in house (congruità economica endogena), sia in termini esterni ossia nei rapporti tra quest’ultimo e l’ente controllante (congruità economica esogena).

Abuso edilizio e istanza in sanatoria

Tar Campania, Napoli, sez. III, 27 settembre 2023, n. 5255

Abuso edilizio – Istanza in sanatoria – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Inottemperanza – Natura giuridica – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Natura giuridica – Onere motivazionale attenuato

L’accertamento di conformità disciplinato dell’art. 36, del d.P.R. n. 380 del 2001 va effettuato su iniziativa dell’interessato e non dell’amministrazione e la normativa urbanistica non pone alcun obbligo in capo al Comune, prima di emanare l’ordinanza di demolizione, di verificare la sanabilità del manufatto.

L’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione ha carattere di illecito permanente, che persiste sino alla demolizione dei manufatti abusivi.

I procedimenti repressivi di illeciti, per loro natura tipizzati, non richiedono l’apporto partecipativo del destinatario, pertanto, in caso di mancata comunicazione di avvio del procedimento, non risulta violato l’art. 7 della L. n. 241/1990.

L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile abusivo e del sedime costituisce effetto automatico della mancata ottemperanza all’ordinanza di ingiunzione della demolizione, ha natura meramente dichiarativa e non implica scelte di tipo discrezionale.

L’ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un immobile costituisce una conseguenza automatica e doverosa dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e non è necessaria, per la relativa adozione, la previa comunicazione di avvio del procedimento. L’atto di acquisizione al patrimonio del Comune dell’opera abusiva e della relativa area di sedime è un atto ricognitivo dovuto e dal contenuto vincolato, sicché – di norma – non vi è l’esigenza di instaurare il contraddittorio procedimentale con il soggetto interessato e non è, quindi, necessaria la previa comunicazione di avvio del procedimento.

Abusi edilizi, ordinanza di demolizione e oneri motivazionali

Consiglio di Stato, sez. VI, 26 settembre 2023, n. 8531

Vincoli – Autorizzazione paesaggistica – Istanza di accertamento di conformità – Effetti – Abuso edilizio – Ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi – Onere motivazionale attenuato

In caso di vincolo paesaggistico sull’area, qualsiasi intervento edilizio che risulti idoneo ad alterare il pregresso stato dei luoghi deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica, in assenza della quale è soggetto a sanzione demolitoria.

La presentazione di un’istanza di accertamento di conformità, a differenza della presentazione di un’istanza di condono, non toglie efficacia alla precedente ordinanza di demolizione, né priva il Comune del potere di ordinare il ripristino dello stato dei luoghi fino alla definizione della domanda, ma comporta la mera sospensione dell’efficacia del provvedimento di demolizione fino alla definizione, anche tacita, dell’istanza.

L’attività di repressione degli abusi edilizi tramite l’emissione dell’ordine di demolizione costituisce attività di natura vincolata, dove la stessa non è assistita da particolari garanzie partecipative, tanto da non ritenersi necessaria la previa comunicazione di avvio del procedimento agli interessati.

Il provvedimento con cui viene ingiunta la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso neanche nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino; a maggior ragione, quindi, l’Amministrazione, in sede di irrogazione della sanzione demolitoria, non deve ritenersi onerata di valutare preventivamente la possibilità che l’abuso sia sanabile, anche perché la sanatoria richiede la domanda dell’interessato, la quale, se proposta, produce l’effetto di sospendere l’efficacia dell’ordine di demolizione fino a definizione della istanza di sanatoria.

Il silenzio serbato dal Comune sull’istanza di accertamento di conformità urbanistica non ha valore di silenzio-inadempimento, ma di silenzio-rigetto, con la conseguenza che, una volta decorso il relativo termine, non sussiste un obbligo di provvedere, dovendosi ritenere già perfezionato il provvedimento negativo da impugnare nel termine ordinario di decadenza.

Pianificazione urbanistica e oneri motivazionali

Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 16 agosto 2023, n. 2043

Pianificazione urbanistica – Discrezionalità – Onere motivazionale attenuato – Osservazioni del privato

Le scelte poste in essere dall’Amministrazione negli atti di pianificazione generale non devono essere sorrette dalla dettagliata spiegazione di ogni specifica determinazione ivi assunta, risultando invece sufficiente un’esposizione complessiva dei criteri e principi fondamentali che hanno ispirato la redazione dell’atto.

Le osservazioni presentate dall’interessato in sede di pianificazione, in quanto mero apporto del privato, non richiedono, ai fini della legittimità dell’operato della PA, una puntuale motivazione in ordine alla non condivisione delle stesse, risultando sufficiente che emerga dagli atti come detti contributi siano stati valutati e ritenuti non idonei ad orientare diversamente la soluzione adottata dall’Amministrazione.

Titolo edilizio in sanatoria, disponibilità esclusiva e legittimazione

Consiglio di Stato, sez. II, 21 luglio 2023, n. 7158

Preavviso di diniego – Seconda chance per il privato – Oneri motivazionali – Titolo edilizio – Soggetto legittimato – Oneri istruttori

In linea generale, l’istituto del preavviso di diniego costituisce un importante momento di interlocuzione tra p.a. e cittadino, ulteriore e successivo a quello della fase istruttoria vera e propria, connotata dalle forme tipiche della partecipazione. Esso, cioè, finisce per accordare una sorta di seconda chance al privato per ottenere l’accoglimento della propria istanza, mediante un momento di confronto più pregnante e potenzialmente più utile perché si colloca in uno stadio avanzato del processo di “costruzione” della decisione amministrativa, quando cioè la determinazione è orientata negativamente e si rende necessario interagire non ai soli fini della raccolta del materiale ancora carente, ma rispetto al contenuto dispositivo dell’atto da adottare.

A seguito delle recenti modifiche normative che hanno interessato l’istituto, pur accedendo ad una lettura più rigorosa dello stesso, essa non può spingersi fino a imporre alla p.a. la necessità di controdedurre analiticamente su ogni singola argomentazione, purché l’impostazione del provvedimento argomenti chiaramente in senso reiettivo delle osservazioni del privato e non si limiti a mere formule di stile nel senso dell’avvenuta analisi delle stesse.

La relativamente maggiore ampiezza della legittimazione a richiedere la sanatoria, rispetto a quanto dettato per il preventivo permesso di costruire, trova giustificazione nella possibilità da accordare al predetto responsabile, coincidente con l’esecutore materiale delle opere abusive, della fruizione di uno strumento giudiziario utile ad evitare le conseguenze penali dell’illecito commesso, ferma restando la salvezza dei diritti di terzi. Se, tuttavia, l’autore dell’abuso non è il proprietario esclusivo del bene, l’Amministrazione ha un onere aggravato di approfondimento della posizione dei contitolari, giusta la rilevanza che nel procedimento edilizio assume la figura del proprietario, quale destinatario, ancorché pro quota in caso di comproprietà, della sanzione dell’acquisizione del bene al patrimonio comunale.

In genere, l’abusività di un’opera non può essere in alcun modo ricondotta all’assenso o dissenso degli altri comproprietari, dovendo dipendere esclusivamente dal rispetto delle regole sulla edificabilità dei suoli e di buon governo del territorio. A ciò consegue che di regola la clausola di salvaguardia dei diritti dei terzi esime l’Amministrazione procedente da qualsivoglia approfondimento circa l’effettiva titolarità della pienezza del diritto proprietario del richiedente, sicché l’emergenza di future problematiche in tal senso non incidono sulla legittimità dell’atto adottato. Qualora tuttavia la carenza di legittimazione piena emerga per tabulas e non richieda né indagini suppletive, né, men che meno, prese di posizione a favore dell’una o dell’altra tesi di parte, l’Ente ha il dovere di compiere quel minimo di indagini necessarie per verificare se le contestazioni sono fondate sul piano quanto meno della legittimità formale e denegare il rilascio del titolo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi seri a fondamento dell’esclusività, in fatto o in diritto, della sua posizione.

Pianificazione urbanistica e oneri motivazionali

Consiglio di Stato, sez. IV, 9 agosto 2023, n. 7723

Pianificazione urbanistica – Discrezionalità – Onere motivazionale attenuato – Affidamento – Ridimensionamento e sovradimensionamento attitudine edificatoria – Vincoli ambientali

Le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità.

La destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione allo strumento urbanistico generale, a meno che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni.

La semplice reformatio in peius della disciplina urbanistica attraverso il ridimensionamento dell’attitudine edificatoria di un’area è interdetta solo da determinazioni vincolanti per l’amministrazione in ordine ad una diversa “zonizzazione” dell’area stessa, ovvero tali da fondare legittime aspettative potendosi configurare un affidamento qualificato del privato esclusivamente in presenza di convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio-rifiuto su una domanda di concessione o, ancora, nella modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo.

Con riferimento all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, la tutela dell’affidamento è riservata ai tassativi casi di: a) superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968; b) pregresse convenzioni edificatorie già stipulate; c) giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare; d) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo.

Le scelte contenute negli strumenti di pianificazione urbanistica possono contemplare il sovradimensionamento degli standard, fatto salvo l’obbligo di una motivazione rafforzata che illustri le ragioni per le quali si è deciso di prevedere una dotazione di standard superiore a quella minima fissata dalla legge, sebbene non si richieda nemmeno in tal caso una motivazione puntuale che riguardi le singole aree.

In sede di adozione del p.r.g., il Comune può legittimamente introdurre vincoli o limitazioni di carattere ambientale: il p.r.g., nell’indicare i limiti da osservare per l’edificazione nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico, può disporre, infatti, che determinate aree siano sottoposte a vincoli conservativi, indipendentemente da quelli disposti da altri livelli di pianificazione nel perseguimento della salvaguardia delle cose di interesse ambientale.

Titolo edilizio e annullamento d’ufficio

Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, 7 agosto 2023, n. 1122

Titolo edilizio – Annullamento d’ufficio – Presupposti – Onere motivazionale rafforzato

Affinché un titolo edilizio sia annullato d’ufficio, è necessario che sussista un interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione, che sia diverso dal mero ripristino della legalità violata, dovendo anche considerarsi le posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari.

I principi generali che devono essere considerati in materia di annullamento in autotutela di un atto amministrativo devono essere applicati, in linea di principio, anche nell’ipotesi in cui oggetto di annullamento sia un titolo edilizio; di conseguenza, è necessario che l’atto di annullamento rechi una motivazione specifica in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro, non potendosi ritenere sussistente in via generale un interesse pubblico in re ipsa al ritiro del titolo edilizio illegittimo.

Titolo edilizio e annullamento d’ufficio

Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma di Bolzano, 1 agosto 2023, n. 268

Titolo edilizio – Annullamento d’ufficio – Onere motivazionale

L’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio, anche in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal titolo medesimo, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro, tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole, non potendosi predicare in via generale la sussistenza di un interesse pubblico in re ipsa alla rimozione in autotutela di tale atto.