Beni pubblici

Concessione di beni pubblici e rinnovo automatico

Tar Lazio, Roma, sez. II stralcio, 21 giugno 2024, n. 12699

Beni pubblici – Affidamento in concessione – Scadenza – Rinnovo automatico – Rigetto – Onere motivazionale attenuato – Affidamento – Convenzione accessiva al provvedimento di concessione – Evidenza pubblica

Dinanzi alla naturale scadenza di una concessione, nessun legittimo affidamento può maturarsi circa il rinnovo automatico della stessa.

La concessionaria di un bene pubblico non è titolare (indipendentemente dalla durata del rapporto di concessione) di alcuna aspettativa al rinnovo di un rapporto, il cui diniego, nei limiti della ragionevolezza dell’agire amministrativo, è parificabile al rigetto di un’ordinaria istanza di concessione e non necessita di ulteriore motivazione. Ne deriva che l’ente locale, qualora ritenga di recuperare un’area pubblica per darle una destinazione ritenuta più adeguata alle sue caratteristiche, è libero di non procedere al rinnovo della precedente concessione di suolo pubblico e non deve rendere particolari giustificazioni in ordine alla scelta così operata. In sintesi, l’Amministrazione può decidere, alla scadenza del rapporto di concessione di un bene pubblico, se procedere o meno al rinnovo della concessione medesima (fermo restando, nel primo caso, il doveroso rispetto dei principi dell’evidenza pubblica) e può optare per non rinnovarla ad alcuno.

Mentre un provvedimento di concessione dell’occupazione temporanea di suolo pubblico a un privato – che ha un automatico effetto restrittivo dell’uso generale dello spazio pubblico – deve essere comunque adeguatamente e congruamente motivato, affinché siano oggettive e chiare le superiori ragioni per cui, in quel particolare caso, l’amministrazione ritenga di sottrarre il bene alla naturale pubblica destinazione e restringerne l’uso alla collettività per concederlo in via privativa, per tempi che comunque debbono essere limitati, all’uso esclusivo ed economicamente redditizio del privato, non ricorre, invece, ragionando a contrario, la necessità di una analitica argomentazione a supporto di un provvedimento di diniego di proroga, essendo la titolarità pubblica o demaniale fatto di per sé autoevidente della piena capacità dell’Amministrazione di disporre del bene, anche negando una richiesta di proroga di un’occupazione di suolo pubblico già concessa.

Regime dei beni pubblici e confisca

Tar Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 6 giugno 2024, n. 295

Beni pubblici – Patrimonio disponibile e indisponibile – Immobili confiscati – Assenza di vincolo di destinazione

Gli enti pubblici possono essere titolari di beni demaniali e patrimoniali. Esclusa la natura di beni demaniali degli immobili confiscati, in quanto l’art. 44 del d.P.R. n. 380/2001 espressamente dispone che essi sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune, è rilevante stabilire se si tratta di acquisto al patrimonio disponibile o indisponibile, avendo il Comune agito, in concreto, nell’esercizio del potere di autotutela che, ai sensi dell’art. 823 c.c., consente agli enti pubblici di recuperare autoritativamente, senza la mediazione dell’autorità giudiziaria, la disponibilità dei beni demaniali e del patrimonio indisponibile.

Appartengono al patrimonio indisponibile i beni che hanno una destinazione vincolata ex lege (art. 826 c.c.) e da essa non possono essere distratti se non nei modi stabiliti dalla legge (art. 828 c.c.), mentre tutti gli altri beni di proprietà degli enti pubblici, diversi da quelli demaniali e indisponibili, confluiscono nel patrimonio disponibile.

I beni immobili abusivamente lottizzati a scopo edilizio non mutano la loro natura di beni privati per effetto della confisca; sono dunque trasferiti al Comune senza vincolo di destinazione ed entrano a far parte del patrimonio disponibile.

Beni pubblici e atti di diritto privato

Tar Lazio, Roma, sez. V, 28 maggio 2024, n. 10767

Beni patrimoniali indisponibili – Concessione amministrativa – Strumenti privatistici – Nullità

Sono nulli i contratti di diritto civile stipulati dalla pubblica amministrazione in relazione a beni patrimoniali indisponibili, per i quali lo strumento giuridico utilizzabile per la cessione in godimento è rappresentato dalla concessione amministrativa; solo se il bene appartiene al patrimonio disponibile la cessione in godimento è riconducibile allo schema della locazione privatistica; infatti, se per i beni facenti parte del patrimonio disponibile si deve procedere necessariamente tramite gli istituti di diritto privato, i beni demaniali o del patrimonio indisponibile sono invece oggetto di gestione autoritativa e quindi devono essere affidati tramite concessione amministrativa, tipicamente con la forma della concessione-contratto.

Dal momento che un bene acquista natura demaniale, diventano, dunque, per ciò solo, inapplicabili sia le norme relative ai contratti di locazione, sia i principi che ispirano i rapporti interprivatistici inerenti all’esecuzione dei rapporti obbligatori. Da quel momento, infatti, ogni pretesa privata concernente il bene, può giustificarsi soltanto nella logica di un provvedimento concessorio.

Fondazioni, società miste e responsabilità erariale

Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Piemonte, 6 novembre 2023, n. 139

Fondazioni – Società miste – Responsabilità erariale – Impianti sportivi olimpionici – Vincolo di destinazione pubblica – Rapporto di servizio

Gli impianti, destinati alle competizioni olimpiche, non possano, di norma, continuare ad essere sottoposti all’utilizzazione prevista per eventi esclusivi, quali sono le Olimpiadi. Atteso che i beni patrimoniali indisponibili sono, notoriamente, gravati da uno specifico vincolo di destinazione all’uso pubblico, che li rende funzionalmente connessi all’uso per un servizio pubblico individuato ed attuale, quale l’attività sportiva per la celebrazione della manifestazione olimpica, una volta terminata la celebrazione olimpica, la duplice previsione legislativa – sia nazionale che regionale – relativa alla destinazione dei beni ex post, in funzione del previsto sfruttamento degli stessi, oltre che le previsioni statutarie e convenzionali citate, hanno inciso, in negativo, sulla permanenza del carattere di indisponibilità degli stessi.

Una fondazione di diritto privato può conservare una marcata impronta pubblicistica, essendo emanazione originaria di enti pubblici. Ma a ciò non consegue, tuttavia, automaticamente la giurisdizione della Corte dei conti, in quanto la conservazione di una marginale impronta pubblicistica non consente di considerare la fondazione come ente pubblico. Le fondazioni, infatti, non perdono la loro natura di enti privati per il solo fatto che il loro capitale sia alimentato anche da conferimenti provenienti dallo Stato o da altro ente pubblico.

Beni culturali e usucapione

Cassazione civile, sez. II, 23 maggio 2023, n. 14105

Beni pubblici – Beni di rilevanza archeologica – Beni culturali – Usucapabilità

Il bene di proprietà di un Comune che sia riconosciuto di interesse storico, archeologico o artistico, anche se non iscritto nell’elenco di cui all’art. 4, comma 1, legge n. 1089 del 1939, è soggetto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 822 e 824 c.c., al regime del demanio pubblico con la conseguenza che non può essere sottratto alla rispettiva destinazione, né può essere oggetto di usucapione.

Invero, i beni muniti di interesse storico, artistico o archeologico appartenenti allo Stato o ad altri enti pubblici devono considerarsi beni culturali tout court a prescindere dell’apposita iscrizione nell’elenco di cui all’art. 4, comma 1, legge n. 1089 del 1939. L’eventuale successiva apposizione del vincolo archeologico non fa emergere una nuova qualità del bene, bensì si limita ad accertare una qualità che il bene già possiede per le sue intrinseche caratteristiche.

Da ciò ne consegue che, ancor prima dell’apposizione dello specifico vincolo, non possono essere sottratti alla rispettiva destinazione, né possono essere oggetto di usucapione.